Messico: l'ecoturismo minaccia le popolazioni indigene del Chiapas

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Alcuni organismi per la difesa dei diritti umani in Messico, accusano il governatore del Chiapas Juan Sabines di promuovere l’occupazione militare nella zona di Agua Azul, nel Municipio di Tumbalá e di privare l’accesso alle loro terre ai campesinos di San Sebastian Bachajón. Motivo: la costruzione di un complesso ecoturistico ai piedi delle cascate.

Il Centro per i Diritti Umani delle Donne denuncia il governatore dello stato di simulare un tavolo di dialogo con i campesinos di San Sebastian Bachajón che fanno parte dell’Altra Campagna della Sesta Dichiarazione de la Selva Lacandona del Chiapas, ma in realtà l’obiettivo sembra essere quello di allontanarli dalla zona di ingresso alle cascate di Agua Azul, creare le condizioni che giustifichino una presenza militare sul posto e impossessarsi delle terre vicine alle cascate per fare business.

Già l’anno scorso il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas aveva denunciato la minaccia di un intervento militare per occupare la zona, e lo scorso 3 febbraio ha lanciato un appello (in.pdf) contro lo sgombero e l’arresto violento di 117 persone mentre erano riunite proprio per discutere sulle proposte del governo locale. Gli arresti – denuncia l’organizzazione per i diritti umani (in.pdf) - sono avvenuti in maniera arbitraria, con interrogatori e processi sommari, senza che gli accusati potessero avvalersi di un’ avvocato, né di un’interprete di lingua indigena. Dei 117 arrestati, 107 sono stati liberati due giorni dopo, mentre 10 persone (tra le quali un minorenne) rimangono detenute.

La strategia del governo sembra quella di incutere timore ma anche creare divisioni tra le popolazioni indigene della zona. A confermare il sospetto è anche il fatto che il 6 di febbraio, due giorni dopo gli arresti, il governo ha annunciato ufficialmente l’apertura di un tavolo di dialogo tra le parti, tavolo al quale gli appartenenti all’Altra Campagna non hanno partecipato, dato che per loro un dialogo per arrivare a una soluzione comunitaria era già in atto, ma dopo i fatti del 3 febbraio la fiducia nei confronti del governo è venuta completamente a mancare.

Di fronte a questi fatti il Centro per i Diritti Umani considera che sono stati violati il diritto all’integrità personale, alla presunzione di innocenza e il diritto a un giusto processo. Per questo fa appello a tutta la comunità internazionale, affinché vengano garantiti i diritti umani delle persone ancora detenute, il diritto alla terra dei popoli indigeni della zona di Agua Azul e il rispetto delle terra a non essere sfruttate in maniera selvaggia dietro le false etichette di ecoturismo.

La paura degli abitanti della zona è che il centro ecoturistico venga gestito da capitali privati senza tenere conto dei diritti delle popolazioni indigene della zona. Per il Centro per i Diritti della Donne a beneficiare del conflitto sulla privatizzazione delle cascate Agua Azul saranno esclusivamente gli interessi del governo di Juan Sabines, dal momento che se si riesce a dividere le popolazioni indigene che hanno difeso la ricchezza naturale e culturale che esiste in quelle zone del Chiapas, aumenta la possibilità di uno sgombero massiccio e di un via libera al turismo “ecologico”.

Elvira Corona
(Inviata di Unimondo)

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