Le due anime del Belgio e gli ostacoli ai trattati di libero scambio

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È stato Le Soir, il grande quotidiano francofono belga, a lanciare l’allarme il 25 ottobre. “La crisi del Ceta è una crisi interna del Belgio”, ha scritto il giornale, spiegando che l’impossibilità per il regno di firmare l’accordo commerciale tra il Canada e l’Unione europea fino a quando la Vallonia opporrà il veto trasmette all’estero un’immagine di scarsa coerenza.  Pur senza voler gettare benzina sul fuoco, Le Soir mette in evidenza il fatto che il trattato oppone fiamminghi e valloni, i fratelli-nemici del Belgio, perché il 70 per cento dei fiamminghi l’ha approvato mentre la stessa percentuale dei valloni l’ha bocciato.  Ancora una volta, e stavolta sul palcoscenico internazionale, i francofoni e i fiamminghi hanno posizioni diametralmente opposte. In questo conflitto ritroviamo le radici della loro eterna divergenza. 

Millefoglie amministrativo

Un tempo la Vallonia era industrializzata e ricca mentre le Fiandre erano contadine e povere. I valloni erano l’aristocrazia a i fiamminghi erano i mendicanti. Poi però l’evoluzione economica ha considerevolmente impoverito la Vallonia colpendo le sue industrie pesanti, mentre le Fiandre hanno saputo adattarsi alla globalizzazione degli scambi e sviluppare nuovi settori industriali più redditizi.  Le Fiandre, con i loro 6,5 milioni di abitanti, monopolizzano il 90 per cento degli scambi tra il Belgio e il Canada, mentre la Vallonia, con 3,6 milioni di abitanti, teme che un nuovo rafforzamento del libero scambio possa ulteriormente indebolirla. Il Belgio non è solo un paese bilingue (senza contare il tedesco). È un paese formato da due paesi, da due mondi opposti da interessi e percezioni. Ma questa crisi del Ceta evidenzia un’altra realtà. 

I socialisti al potere in Vallonia vogliono più che altro modificare l’accordo, non sabotarlo. 

 A forza di spingere per lo sviluppo separato, i nazionalisti fiamminghi hanno trasformato il regno in una caricatura dello stato federale in cui l’esecutivo non può decidere nulla senza un accordo tra tutte le comunità e regioni. Una specie di millefoglie amministrativo e politico, il paese è diventato ingovernabile e confuso, anche quando in ballo ci sono i suoi impegni internazionali.  Alla fine il Belgio troverà il modo per firmare l’accordo eurocanadese, perché i socialisti al potere in Vallonia vogliono più che altro modificarlo e non sabotarlo. Ma l’allerta è suonata, e non solo per i belgi. 

Il Belgio è arrivato alla contraddizione estrema, e a questo punto è chiaro che dovrà unirsi o scindersi definitivamente, ma questa crisi è altrettanto grave per l’Unione europea, perché uno dei suoi grandi punti di forza era quello di poter negoziare in nome degli oltre 500 milioni di europei, con il loro enorme potere d’acquisto.  Era un grande vantaggio per tutti i paesi che ne fanno parte, ma questa forza è messa in dubbio dalla secessione belga, e la situazione potrebbe aggravarsi in futuro se le regioni europee continueranno ad affermarsi a scapito degli stati, in Spagna e altrove.

Bernard Guetta da Internazionale.it

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