Summit di Seoul: pochi progressi e tanta retorica

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Pochi progressi e tanta retorica. Così s’è concluso il G20 di Seoul. Dopo negoziati estenuanti durati fino all’alba il summit internazionale è riuscito a produrre solo un’intesa di facciata, un “accordo di minima” che vede i grandi della Terra ancora divisi e distanti sotto la pelle di un testo conclusivo di 22 pagine imbottito di termini generici che ciascuno può interpretare a modo proprio, senza vincitori e vinti, colpevoli ed innocenti.

Così, mentre ad usare toni soddisfatti ci pensano solo i comunicati stampa ufficiali del Summit, la campagna per la Riforma della Banca Mondiale (Crbm) esprime un parere decisamente negativo sul risultato del G20 di Seoul, che s’è concluso con l’ennesimo nulla di fatto sulle questioni al centro della crisi sistemica che viviamo. In particolare, il G20 sembra aver mostrato la sua incapacità nel raggiungere un’intesa di massima nella risoluzione degli squilibri dell'economia globale.

“Il G20 s’è limitato a rimandare le decisioni che contano, come già fatto in passato, coinvolgendo l'Fmi lì dove necessario. Se continua su questa falsa riga, perderà la sua credibilità” ha dichiarato Antonio Tricarico della Crbm, presente a Seoul.

A Seoul molti hanno salutato con ottimismo la parziale riforma del Fmi, che concede ai Paesi emergenti il 6% in più in termini di potere di voto, “omettendo però di dire - precisa Tricarico - che la metà di questo 6% è stato sottratto alle realtà in via di sviluppo”. In parole povere, le nuove potenze si rafforzano e i poveri continuano a mangiare le briciole e il maquillage completo delle istituzioni finanziarie internazionali, ovvero anche della Banca mondiale, oltre che del Fmi, rimane una chimera.

Il G20 ha anche fatto proprio un nuovo Consenso sullo Sviluppo (.pdf), che prevede varie azioni generiche da attuare nei prossimi anni per aiutare i paesi più poveri e per garantire “oltre alla crescita anche un reale sviluppo” sottolinea Oxfam . Tuttavia “il Seoul Consensus pretende di archiviare il devastante Washington Consensus, ma poi ripropone le solite liberalizzazioni del commercio e degli investimenti che hanno messo in ginocchio i paesi più poveri. Sulle urgenze ambientali e sociali non si vogliono prendere decisioni” ha concluso Tricarico.

Anche se la questione degli squilibri economici è stato l’argomento forse più caldo del summit energia e clima sono state materie centrali del dibattito politico mondiale. I leader del G20, nel comunicato conclusivo del summit, hanno rilasciato dichiarazioni forti, che contengono promesse impegnative: dall’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili (impegno già dichiarato nello scorso G20 di Pittsburgh), allo sviluppo di tecnologie pulite.

Earth Track e Oil Change International hanno già realizzato un report sulla questione intitolato “G20 Fossil Fuel Phase Out” (.pdf), che accoglie positivamente le dichiarazioni dei leader, lanciando tuttavia una critica: “nessuno Stato firmatario della Dichiarazione di Pittsburgh ha finora iniziato una sostanziale riforma dei sussidi in risposta a questo impegno”. Metà degli Stati, tra cui anche l’Italia, si sono infatti limitati a riportare alcune politiche già in programma prima di Pittsburgh, senza modifiche nella tempistica di attuazione.

Inoltre, i dati sul tema risultano incompleti: dei 20 membri del G8, ben 8 dichiarano di non avere sussidi da eliminare, mentre 2 (Gran Bretagna e Giappone), non forniscono alcuna informazione. Indonesia, Russia e Messico, invece, non specificano delle azioni da attuare, riportando solo un riferimento generico ai sussidi alle fonti fossili. Sulla base dei pochi dati a disposizione, il report evidenzia infine come l’eliminazione dei sussidi porterebbe a una riduzione dei gas serra globali almeno del 10% al 2050 rispetto allo scenario business as usual. Occorre però coniugare tempestivamente il dire con il fare.

Sempre nel documento conclusivo si legge anche un’ulteriore promessa per scongiurare i cambiamenti climatici: “Siamo impegnati a supportare politiche di crescita che promuovano una crescita globale ambientalmente sostenibile, che porti alla creazione di posti di lavoro, assicurando al tempo stesso l’accesso all’energia per i poveri. Riconosciamo che la crescita ambientalmente sostenibile, e il connesso sviluppo sostenibile, è una strategia di sviluppo di qualità”. Quello che il Wwf, per il momento, non esita a dichiarare, come nel caso dei propositi di Pitrsburgh 2009 “un prodigio di luoghi comuni, meno di risultati” (.pdf).

Ma alla chiusura di questo primo vertice in Asia si avverte qualcosa di strutturalmente diverso. “Nonostante le tensioni e i conflitti tra i governi non mancassero - ha spiegato Tricarico - i principali attori sembravano presi dal gioco e dalla novità della tipologia di forum. L'effetto Obama s’è fatto sentire e le parole cambiamento e regole erano sulla bocca di tutti”.

È dunque pensabile che per evitare un disastro, dopo Seoul, i Paesi del G20 concordino, quanto meno, sul fatto che sia necessario lavorare su soluzioni condivise senza chiudersi a riccio nel protezionismo e nella retorica. Un’esperienza che, forse, non possiamo più permetterci.

Alessandro Graziadei

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