Predatori cinesi nelle acque del Ghana

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Foto: Unsplash.com

Circa 3 milioni di persone in Ghana vivono dei prodotti della pesca. Su quella costa del Golfo di Guinea che corre per chilometri e che un tempo era ricchissima e colorata. Ricca di pesce, colorata delle imbarcazioni tradizionali. Piccole e resistenti, fonte di guadagno e di vita. Ma le comunità di pescatori – oltre 200 villaggi – non hanno più la serenità di un tempo. Sono comunità arrabbiate, in costante pericolo per la sopravvivenza e che devono fare i conti con qualcosa molto più grande di loro e delle loro piccole barchette.

La pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (IUU fishing) in Ghana già da molti anni ha ridotto la capacità di approvvigionamento dei pescatori locali riducendo il loro lavoro ad una stancante ricerca di quello che resta. Di quello che le grosse imbarcazioni estere, soprattutto cinesi, lasciano dopo il loro passaggio distruttivo. Un dato per tutti: il reddito medio annuo per imbarcazione artigianale è sceso fino al 40% negli ultimi 15 anni.

L’ong Environmental Justice Foundation (Ejf) da anni si occupa di tracciare e denunciare le violazioni che avvengono al largo delle coste (non solo africane) da parte di attori internazionali che – incuranti della legge ma anche agevolati dalla carenza di controlli e azioni effettivi – stanno letteralmente distruggendo la fauna marina e con questa la vita delle popolazioni locali. Tutto questo, ovviamente, in nome del profitto facile e rapido.

Lo sottolinea anche l’ultimo report dell’organizzazione, frutto di tre mesi di indagine. Risulta che circa il 90% della flotta di reti a strascico industriale del Ghana è in realtà di proprietà di società cinesi che utilizzano società locali “di facciata” per registrarsi come ghaneane e aggirare la legge. In Ghana in particolare, appunto, le compagnie cinesi utilizzano schemi elaborati (che includono joint venture e società di comodo sussidiarie) per nascondere l’effettiva proprietà delle imbarcazioni rendendo anche difficili azioni punitive.

E quando queste arrivano – come nel caso di grosse multe a carico dei proprietari accertati – è molto difficile ottenere giustizia (e il pagamento delle contravvenzioni) poiché “buoni” avvocati bloccano o prolungano all’infinito i procedimenti portati davanti a un giudice.

Secondo i dati analizzati, le attività illegali della Country Distant Water Fleet (Cdwf) costituiscono il 42% del totale. Una cifra enorme che in sostanza vuol dire minacciare la stabilità socio economica dei singoli paesi e comunità, e infliggere un danno ecologico a livello locale e globale.

Un problema comune tra i paesi dell’Africa occidentale e orientale, dove la pesca illegale rappresenta il 37% di tutto il pescato, costando alla regione 1 miliardo di dollari all’anno. Si stima che il Ghana perda 50 milioni di dollari all’anno (quindi la metà della cifra totale) a causa di accordi poco chiari con aziende come, per esempio, la cinese Shandong Zhonglu Oceanic Fisheries Co...

L'articolo di Antonella Sinopoli (da Accra) segue su Nigrizia.it

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