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Un migrare incessante
Popolazione
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Foto: sullacrestadellonda.it
Siamo circa nel 42 d.C. e il famoso filosofo romano Seneca si trova al confino in Corsica in seguito a dissidi con l’Imperatore Claudio. La madre Elvia e il resto della famiglia si trovano a Roma. La madre piange l’assenza del figlio. Così Seneca le scrive: l’opera è nota come Consolatio ad Helviam matrem. Il testo che proponiamo, tratto dal settimo capitolo, sembra descrivere la situazione odierna. Seneca stesso era un immigrato, seppur di ceto elevato: la sua famiglia, di origine italica, si era trasferita a Cordova in Spagna. Un tempo diverso, una condizione diversa. Sicuramente. Tuttavia gli uomini sono sempre uguali. Cercano le stesse cose, muoiono per le stesse cose. Ricordiamo così la giornata per le vittime delle migrazioni.
Si portarono dietro i figli, le mogli, i genitori appesantiti dalla vecchiaia. Alcuni, dopo un lungo errare, non si scelsero deliberatamente una sede, ma per la stanchezza occuparono quella più prossima; altri, con le armi, si conquistarono il diritto di una terra straniera. Alcuni popoli, mentre si avventuravano verso terre sconosciute, furono inghiottite dal mare, altre si stabilirono là dove la mancanza di tutto le aveva fatte fermare.
Non tutti hanno avuto gli stessi motivi per abbandonare la loro patria e cercarne un'altra: alcuni, sfuggiti alla distruzione della loro città e alle armi nemiche e spogliati dei loro beni, si volsero a territori sconosciuti; altri furono cacciati da lotte intestine; altri furono costretti a emigrare per alleggerire il peso di un'eccessiva densità di popolazione; altri ancora sono stati cacciati da epidemie o dai frequenti terremoti o da altri intollerabili flagelli di una terra infelice, altri, infine, si sono lasciati attirare dalla notizia di una terra fertile e fin troppo decantata.
Ognuno ha lasciato la sua casa per una ragione o per l'altra. Questo, però, è evidente: nessuno è rimasto nel luogo dove è nato. Incessante è il peregrinare dell'uomo. In un mondo così grande ogni giorno qualcosa cambia: si gettano le fondamenta di nuove città, nascono popolazioni con nuovi nomi, via via che si estinguono quelle che c'erano prima o si incorporano con altre più forti. Ma tutti questi spostamenti di popoli che cosa sono se non esili collettivi?
Lucio Anneo Seneca