Il futuro si chiama Brixia

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Foto: Unsplash.com

C’è qualcosa di pericoloso nel modo che abbiamo, ancora una volta, di snobbare la notizia. E’ pericoloso, perché l’organizzazione informale che sta crescendo rappresenterà il 43% degli abitanti del Pianeta e il 25%v del prodotto Interno Lordo.

Brixia, questo il possibile nome. Con Iran e Argentina che siederanno allo stesso tavolo di Brasile, Russia, Cina, India e Sudafrica, quello che sino ad oggi abbiamo chiamato Brics. Sono gli Stati ad economia emergente - nel caso della Cina dovremmo dire “economia dominante” – che si contrappongono al vecchio e ormai superato G7 delle autoproclamate “potenze mondiali”: Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia, Giappone, Italia e Canada. Il futuro Brixia si è riunito nei medesimi giorni di luglio del 2022 in cui si trovavano i leader di G7 prima e – non casualmente – Nato dopo. Sullo sfondo delle due riunioni c’era lo stesso tavolo da gioco: la povera Ucraina invasa dalla Russia, perfetto luogo di confronto dovemisurare la forza delle due compagini.

Mentre Biden e compagni discutevano di come far fronte alla crisi energetica legata alle forniture di gas e petrolio russo, a quella alimentare per il grano e a quella economica generale che si profila all’orizzonte, il presidente cinese Xi Jinping proponeva agli Stati del Brics di far crescere la loro collaborazione economica e commerciale, di preparare un “paniere valutario” alternativo al dollaro negli scambi internazionali e di confermare il legame con la Russia in questo momento così difficile per Mosca. Tutto questo giusto per chiarire che chi racconta che Mosca è isolata a livello Planetario forse sbaglia.

L’asse del Pianeta si sta spostando. Lo sapevamo, ma il Brics che diventerà Brixia ce lo conferma. Con l’Argentina ad affiancare il Brasile nel club, l’America Latina cesserà di fatto di essere il “giardino di casa” degli Stati Uniti, con molti altri Paesi dell’area che potrebbero essere attratti da Brasilia e Buenos Aires. Nel Vicino Oriente, l’Iran potrebbe trasformarsi a sua volta in una “grande attrattore”, forte della propria posizione geografica, delle risorse naturali e della propria storia. Come reagiranno a tutto questo gli Stati Uniti?

Washington appare sempre più come la “potenza in ripiegamento”. Sta perdendo il controllo dei mari, sconfitta sia dalla Cina, che nel Pacifico rialza la testa e si riarma, sia dal clima. Lo scioglimento dei ghiacci sta dando forza alla Rotta Artica, che consentirà di passare a Nord, risparmiando il 40% di tempo e denaro nel trasporto di merci via mare. Quella rotta – interamente o quasi controllata dalla Russia – renderà vecchio, inutile e costoso per molti Paesi il canale di Panama, fulcro della potenza navale statunitense. Avere creato Aukus, la nuova alleanza politico militare del pacifico, con Australe e Gran Bretagna, potrebbe non bastare.

Il carico, poi, l’ha giocato Pechino, annunciando appunto la nascita di un “paniere valutario” alternativo al dollaro. Da Basilea, la banca centrale delle banche centrali del Mondo – si chiama Banca per i regolamenti Internazionali – ha dato il via libera a una facility sulla liquidità in renminbi, la valuta della Repubblica Popolare Cinese. Funzionerà soprattutto nei Paesi Asiatici, ma la novità è che operazioni di questo tipo, prima d’ora, erano ammesse solo in dollari.

Una presa d’atto, che mortifica ancora una volta Washington. Soprattutto, una decisione che fotografa la realtà planetaria che continuiamo a far finta di non vedere. Gli equilibri stanno rapidamente cambiando e continuare a giocare la partita pensando di avere in mano le carte migliori potrebbe rivelarsi fatale. Soprattutto perché nessun giocatore in campo – vecchio o nuovo che sia – sembra preoccuparsi davvero dei protagonisti del gioco. Cioè di quei quasi 8 miliardi di esseri umani che vivono delle briciole di ricchezza gettate sul pavimento, illudendosi – quando li conoscono – che i Diritti Umani diventino un giorno il vero patrimonio condiviso di tutti.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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