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Olimpiadi Milano Cortina 2026: le criticità continuano a crescere
Grandi opere
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Le Olimpiadi Milano Cortina 2026 sono sempre più vicine; la coltre di preoccupazioni e il coro di proteste che le accompagnano continuano a crescere. E nessuno è intervenuto per diradare la prima, rassicurare le altre. Erano nate come un evento all’insegna della sostenibilità, in cui sarebbero state riutilizzate strutture esistenti e una grande manifestazione sportiva avrebbe avuto luogo nel pieno rispetto degli ecosistemi fragilissimi che l’avrebbero ospitata. Le cose sembrano andare in un’altra direzione. Mentre i cantieri – tradizione tutta italiana – sono divenuti eterni e i costi – anche qui ci vorrebbe dell’orgoglio patrio – continuano a salire, il calcolo degli impatti ambientali e sociali è sempre più inquietante.
Lo avevano promesso già alla presentazione della candidatura: il dossier per le Milano-Cortina 2026, presentato l’11 giugno 2019, ripeteva la parola “sostenibilità” più di cento volte. Si sarebbe partiti dall’esistente: la riqualificazione della vecchia pista da bob “Eugenio Monti” di Cortina d’Ampezzo. E da un budget definito: 1,5 miliardi di euro, di cui circa 202 provenienti da fondi pubblici. E dall’intenzione di utilizzare per il 92% strutture esistenti.
Il 24 giugno c’è stata l’assegnazione; il 9 dicembre 2019 è nata la Fondazione Milano Cortina 2026. Entro la fine del primo anno di questa vicenda, però, la Legge di Bilancio autorizzava già la spesa di un 1 miliardo di euro per “infrastrutture necessarie alla sostenibilità”, “essenziali”, “connesse” e “di contesto”.
Il decreto legge 34 del marzo 2020 inserisce ulteriori risorse (201 milioni a Rete Ferroviaria Italiana; 20 milioni ad Anas) per “garantire l’accessibilità sostenibile in tempo utile per lo svolgimento dei giochi”. Il 19 luglio cominciano le manifestazioni di comitati, cittadini e associazioni ambientaliste: denunciano che sia i lavori per Mondiali di Sci 2021, sia per le opere olimpiche, sono ancora da progettare. Ma continuano a piovere soldi. Nel 2021 arrivano altri 175 milioni di euro. Agosto di quell’anno nasce la SIMICO S.p.A.: Società Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026.
Arriva il 2022 e a fine gennaio la CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi) scrive al CIO chiedendo di rivedere i progetti su Cortina, ridimensionandoli. La regione alpina non dovrebbe ospitarli così come sono. Scendono in campo i sindaci dei Comuni che hanno ospitato le Olimpiadi di Torino 2026: offrono i loro impianti, costruiti per la manifestazione e, in gran parte dei casi, rimasti inutilizzati. A febbraio il Commissario UE Sinkevičius ha chiesto una valutazione ambientale adeguata delle opere. Legambiente, CAI, Federazione Nazionale Pro Natura, Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness Italia, Touring Club Italiano, WWF denunciano la mancanza di una Valutazione Ambientale Strategia (VAS) pubblica. Chiedono un percorso pubblico e partecipato sulla preparazione all’evento. Ma a maggio SIMICO presenta il suo “Piano degli interventi”. Per accelerare i tempi si utilizzeranno fondi PNRR e le opere non saranno sottoposte ai normali iter di valutazioni ambientali: la VIA, la VAS, la VINCA. Il nuovo piano di SIMICO prevede 28 opere “essenziali” e “indifferibili”, per un totale di 335 milioni di euro. Cui vanno ad aggiungersi quasi tre miliardi di euro per altre 61 opere “essenziali”, in larga parte stradali e ferroviarie, di cui molte sarebbero state completate dopo i Giochi.
A luglio 2022 la Corte dei Conti accusa l’organizzazione dei giochi di non avere un “progetto di sistema”, sottolineando i ritardi, le attività duplicate e un “aumento ingiustificato dei costi”. Il budget totale, secondo il primo report di Open Olympics, è di 5 miliardi e 720 milioni di euro. Le opere previste sono 79. Nel secondo report diminuisce il budget (3,383 miliardi di euro) ma aumentano le opere (94).
Per una manifestazione che, nelle previsioni iniziali, sarebbe dovuta costare un miliardo e mezzo e avrebbe dovuto puntare sul riutilizzo delle strutture esistenti per essere a impatto zero. Adesso che l’assegnazione c’è stata, sembra che perché si possano ospitare i giochi sia necessaria la distruzione di ecosistemi alpini, la costruzione di bacini di innevamento artificiale, oltre che strade, superstrade e tangenziali.
Nel 2023 i ritardi continuano a crescere: la pista di pattinaggio di velocità di Baselga di Piné viene tagliata. Costa troppo, e non c’è abbastanza tempo. A quattro anni dall’assegnazione e a tre anni dai giochi, i cantieri sono praticamente fermi.
La pista da bob di Cortina d’Ampezzo diventa il simbolo di tutte le criticità della manifestazione. Nel dossier di presentazione si parlava di riqualificazione, per sottolineare come le Olimpiadi avrebbero sfruttato l’esistente. Poi però si è deciso di demolirla e ricostruirla. Se prima servivano 50 milioni, ora ne servono più di 128. Le prime due gare d’appalto vanno deserte ma il governo insiste sulla necessità di costruirla. A dicembre 2023 il Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini esclude la possibilità di usare la pista olimpica di Cesana, costruita per le Olimpiadi di Torino 2006 e da allora rimasta inutilizzata. Rilancia su una nuova opera, una “Cortina 2 Light” con meno tribune e servizi. E pazienza per il bosco di larici che dovrà essere abbattuto quasi per intero.
Abbattimento che arriva il 28 febbraio 2024, quando i cantieri improvvisamente si svegliano al primo accenno di primavera e il mastodontico lavoro di preparazione del grande evento comincia dal taglio di 500 alberi secolari. Lo stesso giorno in cui i delegati CIO ispezionavano i cantieri. Italia Nostra presenta un esposto alla Procura di Belluno, che apre un fascicolo d’indagine. Nel frattempo la nuova pista “Ligh” costa 118,4 milioni di euro. Anche il CIO esprime preoccupazione, chiede un piano B: se la pista non sarà pronta in tempo, propone Lake Placid negli USA, e inizialmente Sankt Moritz o Innsbruck.
Nel frattempo crescono le proteste della società civile. Il 9 febbraio 2024 c’è stata la giornata di mobilitazione nazionale “La montagna non si arrende”, indetta dall’Associazione Proletari Escursionisti (Ape), con presidi sulle cime delle montagne di tutta Italia. Anche Milano e Venezia sono attraversate da manifestazioni di protesta. Il 14 maggio 2024 viene lanciata la campagna internazionale di monitoraggio civico Open Olympics. La richiesta delle 20 organizzazioni promotrici tra cui Libera, WWF Italia, Italia Nostra, Legambiente, CAI, Mountain Wilderness Italia e CIPRA Italia è per un portale unico della trasparenza, uno strumento di monitoraggio dell’impatto economico e territoriale di Olimpiadi e Paralimpiadi. Secondo la rete, infatti, manca un elenco unico istituzionale di tutte le opere previste. La fitta rete di subappalti rende complicato reperire e analizzare i dati.
La piattaforma Open Milano Cortina 2026 di SIMICO S.p.A. ha visto la luce nell’ottobre 2024. Leggendo il secondo report di Open Olympics (aggiornamento dicembre 2024), tuttavia, scopriamo che c’è ancora poca trasparenza sul numero totale dei progetti, quanto costeranno e chi li pagherà, su quali saranno gli impatti ambientali e chi effettuerà i controlli per lavoro e ambiente. Solo 30 delle 94 opere previste sono realmente essenziali per effettuare le gare; ben 40 sono infrastrutture stradali e ferroviarie e costano 5,6 volte di più di quelle propriamente olimpiche. In gran parte dei casi, inoltre, non c’è stata valutazione ambientale in ragione di “commissariamenti straordinari”. A 5 anni dall’assegnazione e a due anni dall’inizio dei giochi, non conosciamo ancora una previsione sull’impronta di CO2 complessiva della manifestazione e della sua preparazione.
I guai sulla trasparenza non finiscono qui. Il 14 febbraio 2025 l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha stabilito che la Fondazione Milano Cortina 2026 è un “organismo di diritto pubblico”, visto che c’è la garanzia di copertura pubblica illimitata dei suoi deficit (e a fine 2023 erano già 108 milioni di euro). Ma se la sua natura è tale, è obbligata a rispettare le normative su appalti e trasparenza. La Fondazione ha impugnato la decisione e presentato ricorso al TAR del Lazio.
Le proteste di attivisti, associazioni ambientaliste e società civile non sono però legate solo a un problema di trasparenza. La scelta di tenere le Olimpiadi a Cortina, le modalità di installazione delle nuove opere, si installano in un contesto più ampio in cui la crisi climatica sta colpendo gli ecosistemi alpini. Le temperature della regione sono già cresciute di 2,9 gradi rispetto ai livelli preindustriali e sulle Alpi non c’è quasi più neve. I ghiacciai hanno perso il 65% del loro volume. Secondo il rapporto Nevediversa 2025 di Legambiente, sono già 218 gli impianti sciistici sottoposti ad “accanimento terapeutico”: restano in vita solo grazie ai finanziamenti pubblici. Si adotta l’innevamento artificiale, che richiede 1 milione di litri d’acqua per ogni ettaro di pista da tenere attiva. È stata duramente criticata, inoltre, la sponsorizzazione dell’evento da parte di Eni, un’azienda petrolifera spesso accusata di praticare ambientalismo di facciata e greenwashing, mentre le attività fossili che conduce contribuiscono proprio alla scomparsa della neve.
Anche la tenuta sociale di Cortina è in pericolo. Residenti e consiglieri comunali denunciano il rischio di gentrificazione: già adesso l’aumento dei prezzi mette in crisi i residenti storici, costretti a trasferirsi fuori comune per lasciar spazio al turismo dei ricchi.
Le criticità insomma continuano a crescere. L’inaugurazione dei giochi è prevista per il 6 febbraio 2026; le previsioni dicono che a quella data la spesa finale potrebbe superare i 5 miliardi di euro. I lavori procedono a singhiozzo, larga parte delle opere non saranno pronte in tempo (per alcune la data di fine lavori è luglio 2032!) e la pista da bob di Lake Placid, nello Stato di New York, è ufficialmente il Piano B visto che su quella di Cortina ci sono più ombre che luci.
E si guarda già al futuro: le Olimpiadi Giovanili 2028 sono state assegnate a Dolomiti Valtellina, in Lombardia, Trentino e Veneto. La storia si ripeterà uguale? Se guardiamo alle evoluzioni della crisi climatica, entro il 2024 solo dieci paesi saranno in grado di ospitare le Olimpiadi invernali rispettando il criterio di riutilizzo di opere esistenti. Nel 2100 sarà solo uno.
Rita Cantalino

Napoletana, classe ‘88. Freelance, collabora con diverse testate. Si occupa di ambiente, clima e diritti umani, con uno sguardo particolare agli impatti sanitari e sociali delle contaminazioni di natura industriale.