La chimica da Bhopal a Pancevo

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Nella notte tra il 2 e il 3 dicembre 1984 a Bhopal, in India, fuoriuscirono da uno stabilimento per la produzione di pesticidi della Union Carbide 40 tonnellate del gas mortale Isocianato di Metile (MIC). Furono ottomila le persone che morirono nei primi tre giorni, 20.000 successivamente, "fino ad oggi - ha sottolineato il medico indiano Mohammad Ali Quaiser - ci sono ancora almeno 15 mila morti all'anno riconducibili al disastro, mentre altre 120 mila persone hanno bisogno di continue cure mediche per l'aggressività di prodotti chimici che hanno attaccato soprattutto l'organo della vista". A 18 anni dal disastro, la speranza di vedere riconosciute le responsabilità e il diritto ai risarcimenti e alle bonifiche, è ancora lontana. Gli attivisti di Greenpeace, insieme ad alcuni superstiti del disastro, per indurre la Dow Chemical (che nel 1999 ha acquistato Union Carbide) a rimuovere le centinaia di tonnellate di rifiuti tossici, il 25 novembre, sono entrati nella fabbrica di pesticidi, per un'azione dimostrativa di bonifica dell'area secondo gli standard internazionali. Greenpeace evidenzia il sottile filo che lega l'India all'Italia, più precisamente a Porto Marghera, dove il petrolchimico produsse cloro e PVC con il supporto tecnico di Monsanto e Carbide. Anche qui vittime che non hanno ottenuto giustizia. Intanto a Pancevo, in Serbia, il più importante petrolchimico della Jugoslavia, ora semidistrutto dalla guerra, continua a produrre fertilizzanti, vetro, CVM e morti. L'UNOPS (l'agenzia dell'ONU attiva nei Balcani) e l'ARPA (Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente dell'Emilia-Romagna) hanno recentemente realizzato nella città della Vojvodina meridionale un importante sistema di monitoraggio dell'aria.
Pubblicato il: 26.11.2002
" Fonte: » Greenpeace, La Nuova Ecologia, Bhopal, Osservatorio sui Balcani;

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