Aiuti allo sviluppo: una lenta ripresa

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Confermato il declino della cooperazione Italiana che, nonostante il timido risultato del 2011 che ha portato il rapporto APS/PIL al 2%, evidenzia la criticità del nostro sistema di Aiuto pubblico allo Sviluppo. Il dato APS/PIL del 2012 segna quasi una variazione del -35% rispetto all’’anno precedente portandosi a livelli addirittura inferiori a quelli del 2010.

 

Inoltre va chiarito che “ il risultato del 2011 è stato “gonfiato” grazie al fatto che oltre il 30% degli aiuti del nostro paese era costituito da risorse non “autentiche”, spiega Damiano Sabuzi Giuliani, curatore del rapporto “L’Italia e la lotta alla povertà nel mondo” e policy officier di Action Aid, “derivanti da interventi dall’emergenza per il sostegno ai rifugiati sul territorio italiano erogati in occasione delle crisi successive alle primavere arabe o (circa il 36%) imputabili ad operazioni di riconversione e cancellazione del debito. Nel 2012, come dimostrato dal DAC, sono proprio queste due voci di spesa a venire meno e a far scendere nuovamente l’aiuto Italiano”

 

I dati analizzati da Damiano Sabuzi vanno anche oltre, evidenziano il ruolo negativo dell’Italia, alle ultime posizioni nella classifica dei paesi donatori con solo lo 0,12% della propria ricchezza destinata all’APS.

 

Nel 2011 la cooperazione allo sviluppo gestita dal Ministero degli Affari Esteri ha pesato sul bilancio dello Stato per lo 0,025%, mentre tutto l’APS iscritto al bilancio ha raggiunto lo 0,28 % inclusi i trasferimenti obbligatori all’UE.

 

Quello che sottolinea Sabuzi in conclusione al suo rapporto è che negli ultimi 5 anni l’aiuto italiano allo sviluppo si è contratto come quasi tutte le spese sociali, mentre sono rimaste quasi invariate le spese militari, e le performance quantitative della cooperazione italiana sono sempre al di sotto della media UE e G8.

 

Timidi segnali di ripresa si intravedono per il 2013: anno in cui le previsioni del Ministero della Cooperazione e l’Integrazione Italiano portano l’APS/PIL al 15-16% rispetto al 12% dell’anno scorso.

 

Questo aumento è dovuto sicuramente all’impegno del governo nel riconoscere un ruolo importante alla cooperazione , istituendo un dicastero ad hoc, decisione che non ha precedenti nella storia italiana ancora priva di autonomia nella gestione delle risorse umane e finanziarie, responsabilità che rimangono del Ministero degli Affari Esteri e del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Questa decisione ha portato l’Italia sulla stessa linea degli altri paesi dell’Unione Europea e del DAC.

 

Come sottolinea Sabuzi nei paesi nei quali si è istituito un ministero per la cooperazione e si è messo un ministro competente ci sono stati netti miglioramenti in termini quantitativi e qualitativi della cooperazione allo sviluppo e questo è l’auspicio anche per l’Italia.

 

Ma è anche chiaro che l’istituzione di questo ministero non è sufficiente, bisogna, come dice Sabuzi, cambiare l’attuale legge sulla cooperazione (legge 49 del 1987). Una nuova legge sulla cooperazione era uscita dalle commissioni e doveva essere presentato alle due camere , ma con le dimissioni del governo Monti la proposta di legge si è arenata in Senato. La cosa più importante da fare è quella di “ripartire con il normale iter legislativo per far si che questa legge venga al più presto emanata” dice Sabuzi anche perché “la società civile e le organizzazioni non governative italiane sono pronte per una nuova legge sulla cooperazione”.

 

Cecilia Trevisan

 

Fonte: volontariperlosviluppo.it

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