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Come se la passano donne e bambini in Corea?
Salute mentale
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Foto: Wikimedia.org
Raccontare gli aspetti legati alla quotidianità in un Paese altro mi ha sempre affascinato. Certo, la politica è un tema importante - tuttavia la vita delle persone mi pare segua altri ritmi, altre priorità. Come si vive in Corea? Come funzionano le famiglie, sono numerose? Il sistema scolastico, come è organizzato? Sono aspetti che mi incuriosiscono molto, di cui ho letto e parlato con le persone che avevano voglia di raccontarmi. Un primo aspetto è che la famiglia in Corea sta cambiando moltissimo, da diversi punti di vista. Da un lato la tradizione culturale voleva che il primo figlio maschio, dopo il matrimonio, andasse a vivere insieme ai suoi genitori ed alla moglie. La sposa poi si prendeva cura dei suoceri – in un paese che non ha strumenti come la pensione, le nuore fungevano da previdenza sociale. Il primo figlio maschio aveva inoltre la responsabilità di aiutare i fratelli e le sorelle minori, agendo da surrogato di genitore. Adesso però, vuoi le necessità lavorative, vuoi anche l’influenza dei modelli occidentali, è raro che le famiglie vivano sotto lo stesso tetto – tenendo a mente i dovuti distinguo tra zone urbane e zone rurali. A fronte di questi cambiamenti, i ruoli di genere sono ancora radicati e piuttosto duri a morire: uomini che lavorano nella produzione fuori dalle mura domestiche, donne che lavorano nella riproduzione dentro le mura domestiche. Tuttavia sempre più donne lavorano, e qualche uomo inizia a stare a casa – cosa impensabile in passato. Quando si parla di famiglia, è esclusivamente in termini eterosessuali: l’omosessualità è ancora molto osteggiata e sono in tanti a nascondersi. Anche le mamme single sono poche: avere figli fuori dal matrimonio è ancora considerato uno scandalo e spesso, quando capita, le donne vengono ripudiate. Ad aiutarle c’è la Korean Unwed Mothers Families Association – KUMFA, una sorta di casa famiglia. Per quanto riguarda l’aborto, illegalmente si è sempre fatto, come anche in Italia; legalmente solo dal 2019, il che la dice lunga. L’altro grande cambiamento in termini di famiglia è prettamente numerico: la Corea ha il tasso più basso di figli per donna: lo 0,78 (fonte: Reuters). In Italia siamo all’1,24 (fonte: Istat). Analogamente a quanto accade in Italia, non si fanno figli per varie ragioni: costano troppo, le madri lavoratrici vengono penalizzate professionalmente (spesso non vengono più rinnovati i contratti, oppure vengono spinte al licenziamento, oppure non fanno carriera), non ci sono aiuti, è difficilissimo trovare un equilibrio tra vita professionale e vita privata. A chiudere la lunga lista mi è anche stato riportato che ci si vuole godere di più la vita, ma solo in ultima posizione. Secondo il rapporto annuale sulla parità di genere pubblicato ogni anno dal Word Economic Forum e che osserva le disparità nell’accesso alla salute, all’istruzione, all’economia, alla politica la Corea si piazza al posto 99 su 146 Paesi analizzati. A penalizzarla soprattutto le differenze nel mondo del lavoro e nel mondo della politica, dove la gestione del potere è prettamente maschile (nonostante la Corea abbia avuto una presidente donna dal 2013 al 2017, Park Geun-hye).
Se è vero che le mamme coreane spesso non si realizzano sul lavoro, è altrettanto vero che questa realizzazione spesso la si cerca di sublimare attraverso i figli – che vengono spinti al successo con ogni mezzo; il successo è declinato in termini di status economico e lavorativo. I figli ogni tanto resistono alla pressione, ogni tanto no. La Corea ha un elevato tasso di suicidi tra bambini ed adolescenti: nel 2020, sono stati in 957 a togliersi la vita, oltre due al giorno – e tutti tra i 9 ed i 24 anni. Certo, anche la pandemia da Covid può aver influenzato; tuttavia i dati dicono che anche nei tre anni precedenti, tra 2017 ed il 2019, il numero di suicidi in questa fascia d’età era stato alto ed in aumento: rispettivamente 722, 827 e 876 (fonte: Korea Herald). La competitività è altissima: oltre alla scuola c’è il doposcuola, e perfino il doposcuola in realtà è una scuola elitaria - ci sono scuole che preparano gli studenti per aiutarli ad entrare nel doposcuola. Se una persona vuole avere accesso ad una determinata carriera deve entrare in una determinata scuola, e per entrare in questa scuola è necessario fare un determinato doposcuola. Si parte già dal nido e dalla scuola materna, che in Corea sono un tutt’uno: si va in un determinato istituto che ti permette di iscriverti in una determinata scuola elementare, così che tu dopo possa entrare in una determinata scuola media per arrivare poi alle superiori ed infine all’università. Se si non entra in quella determinata scuola per l’infanzia difficilmente si avrà accesso al resto. È una rincorsa estenuante, che crea anche distorsioni nel mercato delle lezioni private: mi dicono quelle con gli insegnanti più famosi arrivano a costare 2-300 € l’ora. A loro volta le scuole superiori sono dure perché devono preparare gli studenti per accedere all’università. Si studia tantissimo non per il voto (non esistono i voti), ma per accedere a una determinata università; il sistema scolastico inizia a 7 anni, e si frequentano 6 anni di elementari, 3 di medie, e 3 di superiori. Finite le superiori c’è un esame di chiusura e poi, per chi vuole frequentare l’università, un test di ingresso che è l’unica prova reale che gli studenti sostengono.
Il test di ingresso è lo stesso in tutto il Paese, in tutto il Paese si svolge nello stesso giorno e dura 8-9 ore. Chi non vuole frequentare l’università non lo deve fare: ma la maggior parte dei coreani è laureato e quindi è raro che qualcuno non partecipi. Secondo l’ultimo rapporto OECD (2022) sull’istruzione universitaria, in Canada e Corea circa il 75 % delle persone tra i 25 ed i 34 anni ha completato l’istruzione universitaria (triennale, magistrale, o master). Per tracciare un paragone, Italia e Messico sono tra gli ultimi, con circa il 30 % dei giovani della stessa età che hanno terminato questo tipo di studi. Una volta che si entra all’università, poi la si porta a termine. Il test si può provare tutte le volte che si vuole; il voto condiziona letteralmente tutta l’esistenza di una persona. È talmente importante che il giorno di questo test gli aerei non volano per non disturbare gli esaminandi; fin dall’alba fuori da scuola i compagni degli anni inferiori aspettano i candidati con i tamburi, offrono loro tè caldo da bere; i genitori vanno al tempio a pregare, seguendo il rito dei 108 inchini. Gli esami vengono poi resi pubblici e se ne discute in lungo ed in largo, come le tracce dei temi di italiano per la maturità. Dopo l’esame a seconda del punteggio ottenuto si può mandare la candidatura all’università prescelta; poi saranno a loro volta le università ad operare una selezione. Le tre migliori sono la Seoul National University, la Korea University e la Yonsei University. Se si entra in questi atenei, il lavoro stabile presso una prestigiosa multinazionale è praticamente garantito (ad es. in Samsung).
E poi, poi si lavora con ritmi estenuanti: se si vuole fare carriera dopo il lavoro si esce con il capo ed i colleghi, non si torna a casa dalla famiglia. I giorni di permesso non esistono, tendenzialmente i giorni di ferie sono 5 all’anno (normalmente la prima settimana di agosto – anche se dipende dal tipo di contratto); a questi si sommano le feste comandate (ca. 11 giorni). Se ci si ammala bisogna andare lo stesso in ufficio: sarà il capo a decidere se si sta male – e quindi si verrà invitati ad andare in ospedale, dove verrà rilasciato il certificato medico (non esistono i medici di base).
Un mondo scolastico prima, lavorativo poi che è davvero agli antipodi rispetto al modello italiano.
Novella Benedetti

Giornalista pubblicista; appassionata di lingue e linguistica; attualmente dottoranda in traduzione, genere, e studi culturali presso UVic-UCC. Lavora come consulente linguistica collaborando con varie realtà del pubblico e del privato (corsi classici, percorsi di coaching linguistico, valutazioni di livello) e nel tempo libero ha creato Yoga Hub Trento – una piattaforma che riunisce varie professionalità legate al benessere personale. È insegnante certificata di yoga.