Aids in Africa

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Senza un piano globale, che parta dalla lotta alla povertà e che includa la ricostruzione e la rivitalizzazione dei sistemi sanitari e scolastici, non si potrà mai arrivare ad un efficace controllo della devastante epidemia di Aids in Africa; le attività di lotta all'Aids non vanno pensate come qualcosa a se stante, come progetti verticali, ma vanno integrate nei servizi sanitari di base: solo così saranno davvero accessibili alle popolazioni, anche a quelle più povere. Sono questi i punti principali di un documento politico elaborato dal Cuamm, l'associazione di medici volontari per l'Africa, presentato nel corso di un meeting internazionale svoltosi a Padova l'11 maggio scorso. Il documento è stato consegnato ufficialmente a Stefano Vella, membro dell'Istituto superiore di sanità e presidente dell'International Aids Society, il quale si è impegnato anche a discuterlo all' interno della preparazione del prossimo vertice del G8. Il testo tenta di contestualizzare i metodi di lotta all'Aids nei Paesi e nelle situazioni concrete. Si stima che alla fine del 2001, dei 40 milioni di persone viventi nel mondo con Hiv, circa 28 milioni fossero residenti nell'Africa sub-sahariana, dove l'epidemia è in notevole espansione: 3,4 milioni di nuove infezioni sul totale mondiale di 5 milioni. Nel meeting sono state illustrate esperienze che dimostrano che anche i paesi impoveriti possono ottenere risultati positivi nell'arrestare l'avanzata dell'Aids. Il 95% degli africani al di sotto dei 15 anni è sieronegativo. Intanto il Cesvi organizzazione umanitaria ha festeggiato il compleanno di Takunda, il bimbo nato il 9 maggio 2001 dalla prima donna sieropositiva coinvolta nel progetto "Fermiamo l'AIDS sul nascere".
Pubblicato il: 14.05.2002
" Fonte: » Cuamm, Cesvi ;
" Approfondimento: » Lila, Aids Channel;

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