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Muretti a secco: una tradizione ecosostenibile
Formazione professionale
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Foto: da Jerry Pieri
Sono costruzioni ecologiche, esteticamente belle e capaci di tramandare saperi e tradizione. Non per nulla, infatti, dal 2018 l’arte della costruzione in pietra a secco è diventata patrimonio dell’Unesco. E se da quel momento, dopo anni di oblio, i muretti a secco sono tornati ‘di attualità’, c’è ancora molto da fare per professionalizzare il sistema di costruzione.
“Per lungo tempo - spiega Jerry Pieri, 46 anni, costruttore e docente - in Italia ci si è dimenticati di questa arte, cosa che non è successa in altri Paesi europei come Francia, Austria, Svizzera, Spagna e Regno Unito. In Inghilterra, Francia, nelle Isole Baleari e in Catalogna, ad esempio, hanno continuato a studiare ed affinare la tecnica, istituendo delle scuole professionali”.
Dal 2017 Jerry realizza strutture in pietra a secco in giro per l’Italia e tiene corsi pratici e teorici di sensibilizzazione alla materia. “Nel nostro Paese la cultura del muretto a secco resta appannaggio di pochi. Ancora oggi è difficile trovare un architetto o un ingegnere che possa consigliare di realizzare una costruzione a secco al posto di una in cemento armato”.
Per diffondere la cultura dei muretti a secco e in particolare dei terrazzamenti è nata nel 2010 l’International Terraced Landscapes Alliance (ITLA), una rete che lavora per mettere in contatto i progetti esistenti in tutto il mondo sulla conservazione e la rivitalizzazione delle aree terrazzate.
La rete mondiale ha una sezione in Italia, impegnata nel “far conoscere i contenuti della Dichiarazione di Honghe e attivarsi per renderli diffusi ed applicati a livello nazionale e locale”. La dichiarazione si rifà allo storico sistema di terrazze realizzate dal popolo Hani per la coltivazione del riso, nella prefettura di Honghe, nello Yunnan, in Cina. Si tratta di una serie di costruzioni risalenti al 700 che coprono 16.603 ettari e sono caratterizzate da spettacolari terrazze che scendono a cascata lungo i pendii delle montagne Ailao, fino alle rive del fiume Hong. Dal 2013 i terrazzamenti hani di Honghe sono stati inseriti nel patrimonio dell'umanità dell'Unesco.
L’associazione italiana ha vari obiettivi. Tra questi c’è quello di dar vita ad un’anagrafe dei costruttori in pietra a secco e a una scuola di specializzazione e realizzare, a partire da progetti pilota, l’inventario dei paesaggi terrazzati italiani.
Ma perché i muretti a secco sono ecologici? “Ci sono vari motivi - spiega Jerry Pieri - Il primo è il materiale con cui si realizzano, ovvero con pietre che possibilmente vengono prelevate direttamente sul posto. I muretti, infatti, sono spesso nati dallo spietramento del terreno, o da piccole cave che si trovano in loco. Per certi progetti, ad esempio, si può aggiungere solo un 30% di materiale all’esistente, che deve essere comunque compatibile con la pietra autoctona”.
A questo si aggiunge poi che “si creano dei veri e propri microclimi, in quanto i muri a secco fanno sia da frangivento che da volano termico, diventando dei corridoi ecologici per flora e fauna, in particolare per rettili e piante murarie, ma non solo”.
Un'altra funzione fondamentale è la regimazione delle acque, questione centrale a causa degli eventi atmosferici sempre più forti e imprevedibili. “Il muro a secco è per definizione drenante, ma allo stesso tempo rallenta la discesa a valle dell'acqua, che ha quindi più capacità di infiltrazione e per questo può anche contribuire ad alimentare le falde acquifere, inoltre è ridotto il dilavamento e la perdita di suolo e di conseguenza anche il riempimento dei corsi d'acqua a valle è nettamente minore rispetto a zone coltivate a 'rittochino', dove le fasce terrazzate sono state eliminate. Ovviamente ad un certo punto, anche la migliore costruzione, si intaserà ed è quindi necessaria la manutenzione, ma si parla di svariati decenni, salvo abbandono o eventi meteorologici catastrofici, cosa che vale per tutte le opere murarie”.
“Si tratta dunque - conclude Jerry Pieri - di opere realizzate con materiale naturale e, se fatte bene, pressoché eterne”.
Alice Pistolesi

Giornalista, è laureata in Scienze politiche e Internazionali e in Studi Internazionali all’Università di Pisa. Viaggia per scrivere e per documentare, concentrandosi in particolare su popolazioni oppresse e che rivendicano autonomia o autodeterminazione. È redattrice del volume Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo e del sito Atlanteguerre.it dove pubblica dossier tematici di approfondimento su temi globali, reportage. È impegnata in progetti di educazione alla mondializzazione e alla Pace nelle scuole e svolge incontri formativi. Pubblica da freelance su varie testate italiane tra le quali Unimondo.org.