Liberia: donna presidente, denunciata Firestone

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Una svolta simbolica per il continente africano. Per la prima volta viene eletta una donna alla presidenza di un paese. L'economista Ellen Johnson Sirleaf è stata ufficialmente proclamata vincitrice del secondo turno delle elezioni presidenziali svoltesi lo scorso 8 novembre in Liberia. La Sirleaf, 67 anni, è confermata vincitrice con il 59,4% dei voti, contro il 40,6% ottenuto da George Weah, ex stella del calcio internazionale. I suoi sostenitori riuniti nel 'Partito dell'unità' hanno detto che stanno organizzando festeggiamenti, ma si svolgeranno probabilmente tra qualche giorno e in tono minore per evitare eventuali contrasti con i fedelissimi di Weah. Questo mese i seguaci dello sportivo, riuniti nel 'Congresso per il cambiamento democratico' (Cdc), sono scesi in strada più volte per protestare contro presunti brogli nelle votazioni, che pure si sono svolte in maniera pacifica, e hanno preannunciato che porteranno la questione davanti alla Corte suprema se la commissione elettorale d'indagine non troverà conferme di eventuali frodi.

La Liberia è tra i paesi più poveri del mondo. Il livello di devastazione causato da 14 anni di una guerra ha fatto si che le autorità liberiane non abbiano potuto fornire all'Undp, l'agenzia delle Nazioni Unite per lo sviluppo, alcun tipo di dato per il 2004. Le ultime cifre disponibili (2003), però, parlano chiaro: la popolazione liberiana, circa 3.4 milioni di persone, vive con meno di 130 dollari l'anno e l'aspettativa di vita è di appena 41 anni (Fonte Organizzazione Mondiale della Sanità, 2003). Il tasso di mortalità materno-infantile è uno dei peggiori al mondo: 760 bambini morti ogni 100.000 nascite, ben 152 volte superiore a quello italiano. La Repubblica dei Liberi, così fu chiamato il paese dagli schiavi che, nel 1847, ritornarono dall'America. Non ci volle molto perché i nativi iniziassero a essere sfruttati dalla nuova élite che aveva preso le redini del paese, importando i modelli culturali tipici del sud degli Stati Uniti.

Il produttore di pneumatici nippo-americano Bridgestone Firestone è stato denunciato dall'organizzazione statunitense International Labor Rights Fund (ILRF) per sfruttamento e ricorso a lavoro minorile nelle piantagioni di caucciù in Liberia. La Firestone ha rinnovato fino al 2061la concessione per sfruttare 240 miglia quadrate di piantagioni. Nella denuncia si afferma che le condizioni di lavoro sono poco cambiate, rispetto agli anni'20, rappresentano una moderna forma di schiavitù, le persone sono forzate al lavoro dalla coercizione della povertà, dipendenti in tutto e per tutto dalla compagnia, dall'abitazione al mangiare e al vestiario, con la prospettiva della fame, se osano contestare la propria condizione. I minorenni lavorano per aiutare i propri padri a raggiungere la quota di produzione giornaliera imposta ad ogni famiglia dalla compagnia, cosciente che essa può essere raggiunta solo con il lavoro dei figli dei lavoratori, che i supervisori di Firestone incoraggiano.

Nella denuncia si spiega che la causa viene avviata negli Stati Uniti, perché il sistema giudiziario in Liberia è inefficiente e corrotto, come riconosciuto anche dal Dipartimento di Stato Usa, e i denuncianti sarebbero esposti al rischio di violente ritorsioni. I lavoratori - che ufficialmente sono 6.000, a cui si sommano almeno altrettanti minorenni - sono costretti anche ad usare pesticidi e fertilizzanti pericolosi, senza alcuna protezione. Tra le trattenute sulla paga, vi è anche quella sindacale, per un sindacato istituito dalla compagnia, ad insaputa dei lavoratori e senza il loro consenso. Bridgestone Firestone ha definito priva di fondamento la denuncia, sostenendo che i lavoratori delle piantagioni hanno rappresentanza sindacale, buone paghe e che il lavoro minorile è vietato.

La situazione dei lavoratori di Bridgestone Firestone nelle piantagioni di caucciù in Liberia era stata denunciata, lo scorso giugno, anche da "Nigrizia" che aveva chiamato in causa anche la Ferrari, i cui pneumatici sono forniti da Bridgestone Firestone. "La Firestone sta oggi tentando di dissociarsi dal suo passato. Per guadagnarsi il favore della gente, sta eseguendo alcuni rinnovamenti, che a noi sembrano di pura facciata. È in atto un rifacimento della strade interne alla piantagione" ha scritto a metà settembre a Nigrizia, James Makor, direttore dell'associazione ambientalista Save my future, con sede a Monrovia. Nel frattempo, in casa Ferrari, hanno preferito "eticamente" eludere domande sulla responsabilità d'impresa. [AT]

Altre fonti: Responsabilità Sociale delle Imprese News, Il Cassetto

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