Bandabardò: in Africa non per assistere ma per formare

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“Siamo per la rivalutazione dei rapporti umani, dei miscugli razziali e culturali. Lottiamo per un mondo a misura di donna e di bambino e per vedere un giorno trionfare allegria e gentilezza”. Questo è il manifesto programmatico della Bandabardò, compagine toscana nata nel 1993 a Firenze, che si appresta a celebrare i suoi primi vent’anni di carriera con una decina di album alle spalle e oltre mille concerti in giro per il mondo. Il leader dei fricchettoni Fernandez, celebrato nell’omonima canzone “W Fernandez” dalla Bandabardò, è l’ideologo del gruppo toscano formato da Erriquez (voce e chitarra), Finaz (chitarra acustica), Orla (chitarra elettrica e tastiere), Donbachi (basso e contrabbasso), Nuto (batteria) e dal cubano Ramon Caraballo (fiati e percussioni). Ogni concerto della Bandabardò è sinonimo di energia e allegria, ma mai disgiunto da un impegno politico e sociale sempre presente come testimoniano i testi di canzoni come “Manifesto” e le ambientaliste “Lo sciopero del sole” e “Pianeta terra”.

Nel 2006, durante la tournèe di “Fuori Orario”, la Banda inizia a collaborare al progetto “Semillita del Sol” insieme agli amici di YaBasta! di Genova, e durante la primavera del 2007 visita le Caracoles Zapatiste del Chiapas in Messico. Nel 2009 inizia la collaborazione con l’associazione “Wamba”, medici straordinari che nel Nord Est del Kenya provvedono da anni al fabbisogno sanitario di circa duecentomila abitanti. Sempre di Africa si parla in “SetteXUno”, progetto discografico realizzato dalla Banda insieme all’amico Giobbe Covatta con il patrocinio di Save The Children. In questo caso la Bandabardò accompagna illustrissimi ospiti come Dario Fo, Ascanio Celestini, Davide Enia, David Riondino ed Enzo Iacchetti, oltre al citato Giobbe, chiamati a interpretare dei loro monologhi trasformati per l’occasione in canzoni. Ne abbiamo parlato con il front-man Erriquez (all’anagrafe Enrico Greppi), che è anche autore di tutti i testi delle canzoni della Bandabardò dall’esordio di “Il circo mangione” (1996) fino al più recente “Scaccianuvole” (2011).

Quanto impegno c’è nella vostra musica?

“L’impegno c’è soprattutto come cittadini: siamo tutti padri di famiglia e le cose da qualche anno a questa parte hanno preso una tale piega che non si può evitare di parlarne. Spesso per portare la gente in piazza si fa appello ai musicisti e diversi colleghi colgono l’occasione a scopi promozionali. Negli ultimi vent’anni in Italia si è venuta a creare una situazione terrificante: di qualsiasi cosa si parli, sia l’argomento la politica, il calcio o le donne, si arriva sempre a Berlusconi. In «Scaccianuvole» ci sono canzoni emblematiche tipo «Come i Beatles» in cui diciamo che oggi come oggi per farsi sentire bisogna compiere gesti eclatanti, come per esempio salire sul tetto di una fabbrica o sui tralicci dell’alta tensione per rivendicare il diritto al lavoro. Non credo che noi musicisti siamo fatti per lanciare messaggi, penso ad artisti come Bob Marley e Manu Chao che hanno sempre comunicato l’amore attraverso la loro musica e non necessariamente un messaggio politico”.

Siete noti anche per l’impegno concreto a favore di associazioni come Wamba e Save The Children: come sono nate queste collaborazioni?

“Entrare in contatto con il mondo del volontariato internazionale ci ha aperto davvero gli orizzonti perché ti rendi conto che puoi fare tanto anche con pochi centesimi. Con il progetto «Semillita del Sol» in Messico, attraverso lo slogan «trasformare un euro in carezze», abbiamo potuto contribuire alla costruzione di scuole e asili. L’impegno con Wamba è invece la dimostrazione che mandare soldi in Africa non risolve i problemi: l’obiettivo è piuttosto quello di formare medici e persone del luogo. Negli ultimi anni nel nord-est del Kenya è stato aperto un nuovo reparto di pediatria e sono partite le scuole per formare assistenti sociali e infermieri. Per quanto riguarda l’esperienza di Save The Children siamo stati coinvolti da Giobbe Covatta e abbiamo realizzato una canzone per un disco, assieme a diversi altri artisti, che cerchiamo di distribuire ai banchetti dei nostri concerti”.

Assistendo a un vostro concerto si coglie quanto il pubblico sia trasversale: secondo voi è automatica l’adesione ai vostri ideali di giustizia e fratellanza?

“Sicuramente tanta gente che ci segue condivide i nostri ideali ma ci sono parecchi che pur apprezzando la nostra musica si professano di destra. Io credo ci sia una grossa confusione di base anche perché all’interno della stessa Banda ci sono posizioni politiche diverse. Il pubblico è davvero trasversale sia sotto il profilo economico che anagrafico. Viviamo un po’ tutti una grossa crisi d’identità e per questo è importante ritrovarsi attorno a valori veri come l’amicizia, la condivisione degli affetti e una certa responsabilità sociale. In questi quasi vent’anni il nostro percorso è stato coerente e noi siamo rimasti sempre gli stessi di quando abbiamo fondato la Banda”.

Fabio Nappi

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