Am.Latina: cresce disoccupazione ma anche speranza

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La disoccupazione è sicuramente il problema che preoccupa di più i cittadini latinoamericani. Secondo il Latinobar㳀metro 2001 circa il 24% degli intervistati la considera la prima questione da risolvere, lasciando in secondo piano temi come la corruzione, la povertà e la sicurezza che da sempre affliggono il panorama latinoamericano. La percentuale di popolazione che afferma di essere preoccupata di perdere il proprio posto di lavoro è aumentata dal 71 al 76% tra il 1996 ed il 2004 (Latinobar㳀metro 1996-2004), con punte del 91% in Guatemala.
In America Latina meno della metà dei lavoratori è protetta dal rischio di "perdita involontaria" del lavoro. Anche per questo il subcontinente risulta essere una delle regioni con il più alto tasso medio di disoccupazione, il 10%, rispetto ad altre aree del mondo come l'Europa dell'Est (8%), l'Europa Continentale (circa il 7%) o gli Stati Uniti (4%).

La situazione generale dell'America Latina non è certamente rosea. Lo confermano dati come quelli del Paraguay, del Nicaragua o del Messico, dove rispettivamente il 75, il 70 ed il 67% della popolazione appoggerebbe un governo non democratico se potesse risolvere i problemi economici del paese. Ma quali sono le prospettive per il futuro dell'economia in America Latina? Secondo il "Bilancio Preliminare dell'economie dell'America Latina e dei Caraibi" pubblicato dalla CEPAL lo scorso anno, l'economia dell'America Latina è cresciuta di 5,5 punti percentuale (con un incredibile balzo in avanti del Venezuela che passa dai - 9,7 punti percentuale del 2003 al 18% del 2004) mentre il Prodotto Interno Lordo in media del 4%. La previsione di crescita per il 2005 rimane sempre positiva, attestandosi però sui 4 punti percentuale.

Il primo dato fondamentale da sottolineare è comunque il definitivo superamento della profonda crisi che si è avuta negli anni Novanta: invece di migliorare le condizioni di vita generali della popolazione latinoamericana, le politiche neoliberiste applicate in questa decade le hanno peggiorate notevolmente, condizionando il difficile cammino verso la democrazia che molti degli stati latinoamericani stavano cominciando ad intraprendere dopo decenni di dittature militari. L'esempio più recente e più drammatico è ancora una volta quello argentino, ma un po' ovunque l'intrecciarsi di fattori esterni ed interni ha generato aumenti record nel tasso di disoccupazione, diminuzioni del prodotto interno lordo e delle entrate reali dei lavoratori, già molto poveri e sfruttati. Non dobbiamo dimenticare infatti che, secondo la DAC list of Aid Recipients dell'OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) risalente al primo gennaio del 2003, praticamente tutti i paesi dell'America del Sud e dei Caraibi possono essere considerati "Developing Countries", che ricevono ufficialmente assistenza allo sviluppo.

È quindi impensabile parlare di lavoro ed occupazione senza legarli con un filo diretto alla generale povertà della regione: l'America Latina è, come sappiamo, il continente dove le disparità e le disuguaglianze sono più marcate. Le cifre più recenti al riguardo sono quelle del 2002 (CEPAL, Commissione Economica per l'America Latina e i Caraibi - "Panorama sociale de América Latina 2004"): allora in America Latina vivevano 221 milioni di persone povere, circa il 44% della popolazione totale; di queste, 97 milioni (circa il 20% del totale) vivevano (e con molta probabilità continuano a farlo) in condizioni di indigenza. Per quanto riguarda la distribuzione geografica della popolazione povera, Brasile e Messico contano rispettivamente il 30 ed il 17%, i paesi dell'istmo centroamericano circa il 10%. Le percentuali cambiano rispettivamente al 25, 14 e 12% per quanto riguarda la popolazione indigente.

Ma torniamo al mercato del lavoro ed ai servizi ad esso collegati. Anche la proporzione di disuguaglianza salariale attribuibile a questo mercato è cresciuta negli anni Novanta; il tasso di disoccupazione era molto più alto alla fine degli anni '90 rispetto all'inizio della decada, e tale disoccupazione ha colpito soprattutto i giovani e le donne. L'occupazione nel settore informale è invece cresciuta dell'8% tra il 1990 ed il 2001; circa il 70% dei nuovi occupati ingrossano le fila di questo settore. Gli aumenti salariali sono stati bassissimi, anche a causa dei bassi livelli di scolarità e sicuramente allo scarso potere di negoziazione da parte dei lavoratori e dei sindacati.
La copertura medica e le pensioni sono diminuite progressivamente, così come i servizi sociali pubblici essenziali come l'erogazione di acqua o elettricità, che hanno dovuto subire costosissimi piani di privatizzazione.

Sempre secondo il Latinobar㳀metro 1996-2004 il 75% dei latinoamericani intervistati si dichiara insoddisfatto della privatizzazione dei servizi pubblici essenziali, sia dal punto di vista della qualità che da quello del prezzo del servizio.
Nello stesso arco temporale coloro che ritengono il salario non adeguato a soddisfare le proprie necessità sono aumentati dal 13 al 23% degli intervistati. Ciononostante la percentuale di persone che credono in un possibile miglioramento futuro della condizione economica del proprio paese è passata dal 30% nel 1996 al 41% nel 2004. A che cosa è dovuto questo aumento di fiducia? Lo spostamento politico a sinistra di molti nuovi governi sta certamente condizionando le aspettative della popolazione. Ma sarà facile rispondere positivamente a questo rinato entusiasmo?

di Marco Coscione

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