"Si può fare sciaccallaggio sui poveri anche in buona fede"

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Chiama l'Africa, Nigrizia, Missione Oggi e Emmaus Italia intervengono nel dibattito aperto da una lettera di p. Ceola di critica al 'Maurizio Costanzo Show' del 9 marzo scorso sul "Salvamondo per il Congo" (promosso da Unicef, Amnesty e Wwf) replicando alla risposta dei promotori dell'iniziativa, con una riflessione sulle modalità di fare cooperazione e di raccogliere fondi.

"Si può fare sciaccallaggio sui poveri anche in buona fede"

Finalmente si apre un dibattito, che speriamo serio e sincero, sugli aiuti, la cooperazione e le modalità di raccogliere fondi da parte di organizzazioni non governative e organismi umanitari. Salvamondo per il Congo ne è un esempio chiaro.

Il Congo sta uscendo con fatica da una guerra che ha provocato almeno tre milioni e mezzo di vittime. Una guerra caratterizzata da una parte dal silenzio dell'informazione e dall'altra dallo sfruttamento sistematico delle risorse da parte di compagnie multinazionali, come denunciato da ben tre documenti delle Nazioni Unite mai "raccontati" dai mezzi di informazione.

Durante questi anni in Congo abbiamo assistito ad una resistenza strenua della gente, organizzata. Sono stati fatti scioperi, Ville morte, manifestazioni, soprattutto da parte delle donne. Per settimane le donne di Bukavu, di Goma e di kishangani nel Kivu sono uscite di casa vestite a lutto, mentre tutta la regione era teatro di una guerra che si combatteva tra truppe ruandesi e ugandesi.

Sono note a tutti le responsabilità del governo Ruandese, oggi ancora più sospetto dopo che è ormai chiara la partecipazione del Presidente Kagame, all'abbattimento dell'aereo che portava i Presidenti di Ruanda e Burundi, da cui si è scatenata la furia del genocidio. Ma, nonostante questo, al governo di Kagame non sono mancati aiuti e cooperazione in questi anni in cui ha condotto una guerra tanto sporca.

Certo nessuno mette in dubbio l'impegno per i diritti umani di Amnesty internazional, dell'Unicef e del Wwf.

Ma oggi nessuno ha il diritto di intervenire in questa situazione senza passare attraverso questa società civile organizzata, senza che essa ne sia protagonista, senza che sia essa a indicarne le modalità e a gestire in prima persona i progetti.

E' stato detto durante la trasmissione che gli aiuti vanno a buon fine tramite la gente del luogo, guidata dagli esperti di queste organizzazioni. Non è stato detto che mentre un funzionario dell'Unicef riceve salari da migliaia di dollari, la gente che lavora concretamente nei progetti riceve stipendi di poche decine di dollari. Non è stato detto che "le missioni,i monitoraggi, e i rapporti" sono quasi sempre fatti da europei e che, quindi, questi soldi, servono per pagare gli stipendi ai ricercatori europei. Soprattutto in questa, come in tante altre campagne di raccolta fondi, gli africani, i congolesi, sono dei semplici oggetti, di beneficenza, non gli attori del loro cammino di riconciliazione e di ripresa della vita normale.

L'Africa e il Congo domandano non l'elemosina, ma il riconoscimento della loro dignità, troppo spesso calpestata da un modo tanto primitivo e incivile di raccogliere fondi. Forse servirebbe più buona fede, un po' di cuore e, soprattutto tanta umiltà quando si intraprendono avventure di questo genere. Un'altra occasione buttata.

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