La cooperazione non è un optional: dialogo con Dentico e Cattai

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All'ottavo incontro di "Dolomiti di Pace" abbiamo incontrato Nicoletta Dentico e Gianfranco Cattai. La prima, giornalista, impegnata sui temi dei diritti umani prima con l'organizzazione "Mani Tese" e poi con "Medici Senza Frontiere", coordina un gruppo di lavoro sui centri di permanenza temporanea in Italia; il secondo, operatore della cooperazione internazionale da più di 35 anni, è presidente del "Comitato Cittadella della Solidarietà" di Torino e direttore del Cicsene, un ente di sviluppo internazionale.
Da scenario, come di consueto, all'incontro il silenzio maestoso delle Dolomiti trentine, questa volta a Baita Cauriòl, sul Lagorai, dove lungo il Passo Sadole si possono visitare numerosi resti della Prima Guerra Mondiale. Abbiamo pensato di raccogliere i loro interventi, tanto appassionati quanto puntuali, richiamando alcuni temi: la cooperazione internazionale dopo l'11 settembre, il dialogo interculturale, i rapporti Nord e Sud nel settore dello sviluppo e della salute.

SICUREZZA INTERNAZIONALE:

"Oggi occuparsi di cooperazione internazionale significa creare soprattutto rapporti di sicurezza. E' un vero e proprio investimento internazionale". Non sono parole di Cattai, come lui stesso tiene a precisare, ma sono parole scritte a chiare lettere nel Trattato di Maastricht. Secondo questa visione, occorre risolvere prima di tutto i problemi e le tensioni a livello locale. Solo in questo modo si riuscirà a rapportarsi a livello globale in maniera pacifica. Bisogna lavorare sulla mediazione, sul dialogo, sulla conoscenza reciproca e lavorare insieme per risolvere i problemi primari. Se l'abitante del Burkina Faso non riesce a risolvere a livello locale il problema di avere solo 5 lt d'acqua al giorno (noi ne consumiamo 250), in un mondo dove l'informazione varca i confini, dove la nostra televisione trasmette le stesse immagini nell'angolo più sperduto della terra, lui continuerà a rimanere affascinato dalle nostre partite di calcio e noi continueremo ad avere il problema dell'immigrazione.

SOLIDARIETA':
Oggi - ci dice Cattai - fare cooperazione è un discorso che riguarda tutti - dai comuni, alle istituzioni pubbliche e private sino al singolo cittadino - e significa essenzialmente operare per il rispetto dei diritti, per garantire la giustizia e la sicurezza internazionale. Non è più una scelta opzionale di chi la prende come propria mission personale. Oggi, a differenza di ieri, ci sono gli strumenti per fare delle scelte politiche di questo genere. C'è la Legge Nazionale sulla Cooperazione ad esempio che prevede che un consiglio comunale possa decidere di appoggiare un Obiettivo del Millennio o ancora di trasferire parte della distribuzione dell'acqua comunale a favore di qualche intervento di cooperazione. Così allo stesso modo l'università e il settore imprenditoriale. Quest'ultimo, ad esempio, risparmiando tasse, può inviare a tempo determinato il suo personale a lavorare nei paesi del Sud.C'è sicuramente bisogno di un armonizzatore di tutti questi interventi allo sviluppo, ma evviva l'anarchia dell'azione da parte della cittadinanza.

SOLDI, SAPERE E SALUTE:
Viviamo in un mondo che non è mai stato così ricco. Abbiamo le tecnologie, le competenze e la consapevolezza (non si può dire che non sappiamo e questo è uno degli effetti benefici della globalizzazione). Eppure a metà percorso verso la realizzazione degli Obiettivi del Millennio, come rileva la Dentico, abbiamo risolto solo il 25% di quello previsto, mezzo milione di donne partoriscono da sole, assistiamo all'aumento della diffusione dell'AIDS con tutti i danni diretti e indiretti che la malattia provoca. 2.000.000 di persone, soprattutto bambini, vengono uccisi dalla malaria. E questo anche se c'è la terapia.

E' fondamentalmente un problema di prezzo. E questo spiega come la salute sia in realtà un modo di fare politica con altri mezzi. Anche se ormai è certificato che iniettare la clorochina non solo è inefficace in quanto il virus ha sviluppato in Africa l'82% di resistenza, ma a volte persino dannosa, il mercato non vuole investire nei derivati di artemisina, altro tipo di trattamento contro la malaria, usato da sempre in Cina. 1 dose di clorochina costa infatti 15 cent, la terapia di artemisina 1 dollaro e 50 per paziente. Sta vincendo la filosofia per cui ha il diritto alla salute solo chi può pagare (se non hai una carta di credito, non entrare nemmeno in un ospedale africano, perché hai la certezza che ci morirai).

Pare dunque che la politica abbia abdicato ai settori privati i diritti fondamentali. Con l'accordo della proprietà intellettuale, non si può copiare il farmaco e la cura anti AIDS costa 11.000$ l'anno, lo stesso prezzo negli Stati Uniti come in Africa, dove in un paese come il Kenia si vive con 6$ al mese.Allo stesso modo, non ci sono ricerche farmacologiche per le malattie tropicali, come la malattia del sonno, perché sono le malattie dei pazienti senza potere contrattuale che non presentano uno sbocco di mercato. Mancano i farmaci per i bambini malati di AIDS, perché nel Nord non si riscontrano questi casi. Almeno per lungimiranza, si chieda al nostro governo di investire in ricerca e di renderla un bene pubblico. Non è una questione di carità pelosa, ma un modo per guardare il futuro di tutta la famiglia umana.

SUD E SVILUPPO:
Molto spesso, come dice Nicoletta Dentico, è il Sud a fare da faro agli operatori della cooperazione per trovare soluzioni concrete ai suoi problemi. Il Sud, in realtà, non chiede tanto. Non chiede economia, ma relazione. E' l'isolamento, infatti, a favorire l'integralismo.

SOGNO:
Come scrive Riccardo Petrella in "Il diritto di sognare", bisogna ridare alle nuove generazioni il diritto di sognare, il diritto di poter creare e costruire condizioni migliori di vita rispetto a quelle attuali. La rassegnazione nel giovane d'oggi afflitto dall'insicurezza del futuro è il danno peggiore per questa generazione.

a cura di Denisa Gollino

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