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Iraq: gli uomini segreti e appelli in arabo
Formazione alla cooperazione
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Nessuna nuova informazione sui quattro ostaggi rapiti. Dai quotidiani nazionali si apprende che le due volontarie italiane rapite in Iraq avevano ricevuto minacce prima del loro sequestro. Lo rivela ''Il Messaggero'' con un'intervista a Abu Salam Al Kubaisi, numero due del Consiglio degli Ulema, che racconta l'incontro da lui avuto con Simona Torretta e Simona Pari il giorno prima del loro sequestro. Per Al Kubaisi dietro al sequestro si potrebbero celare ''uomini di qualche servizio segreto straniero''. ''Per la loro organizzazione -afferma- per la sicurezza e la tranquillita' con cui si sono mossi, per le armi che avevano. Certamente diversi dai vari gruppi che sequestrano gente per strada, stranieri e iracheni''. Riguardo la rivendicazione del rapimento a firma di 'Jihad al Islam per l'Iraq', il leader religioso afferma di non ritenerla attendibile, anzi, dice, ''penso in realta' che il nome di Al Zarkawi sia invece usato dagli americani come copertura per quello che stanno facendo in molte citta' dell'Iraq e so anche che in suo nome sono usciti su internet attacchi molto forti contro di noi''.
Le due volontarie avevano contattato gli Ulema per cercare di andare a Falluja, città blindatissima attualmente epicentro degli scontri tra guerriglia ed occupanti. Ma 'Un Ponte per' non si occupa solo di cibo e medicine ma partecipa attivamente alla realizzazione dell'Occupation Watch, un progetto che si occupa di monitorare e denunciare le violazioni dei diritti umani nei settori economico, sociale e militare commesse dalle forze di occupazione presenti in Iraq. E proprio "Un ponte per..." è tra i soci fondatori del progetto che da qualche mese ha anche una versione italiana che sta raccogliendo una fornita rassegna stampa e numerosi internventi di approfondimento con dati e opinioni. Un monitoraggio che va a scandagliare le attività delle forze di occupazione e delle loro dirette emanazioni come, ad esempio, la presenza nel paese delle multinazionali e la gestione dei cosiddetti contractors. "Forse anche per questo Simona e Simona, avevano manifestato l'intenzione di voler andare a tutti i costi, nei giorni precedenti il loro sequestro, nella zona calda di Falluja" afferma Debora Billi della redazione di Reporter Associati.
Tra i tanti appelli che stanno giungendo, da segnalare quello lanciato da un gruppo di intellettuali arabi e musulmani, che vivono e lavorano in Italia e si rivolge ai cittadini musulmani residenti in Italia. E dopo la versione in inglese dell'appello stilato da 'Un Ponte per' in sintonia con il Comitato Fermiamo la guerra, è stata pubblicata una versione in arabo che vuole sollecitare le comunità islamiche ed irachene a sottoscrivere l'appello e ad inviarlo via email agli indirizzi della regione irachena che sono pubblicati sulla pagina internet dedicata. Anche dal mondo delle Università giunge un appello del coordinamento nazionale delle Classi di Laurea in Scienze Sociali per la Cooperazione che si sente come se una parte di loro fosse oggi prigioniera, privata di voce, di libertà ed in pericolo di morte. E sempre dal mondo della cooperazione arriva dalla piattaforma italiana di Concorde, coordinamento europeo di 1200 ONG appartenenti all'Unione Europea, un comunicato stampa condiviso con Voice, un cartello di ONG che opera in situazioni di emergenza, relativo alla condizione degli operatori umanitari in Iraq e nelle zone di guerra. Nel documento dati e notizie sui volontari delle ONG operanti nelle zone di guerra. [AT]
Altre fonti: Osservatorio Iraq, Reporter Associati, Il Messaggiero