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Il Forum sulla cooperazione parte con gli sponsor sbagliati
Formazione alla cooperazione
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Eni, Intesa San Paolo, Microsoft sono alcuni degli sponsor del Forum sulla cooperazione internazionale che si è aperto ieri a Milano e voluto dal ministro della cooperazione internazionale Andrea Riccardi. Di Eni e Intesa San Paolo scriviamo e denunciamo da anni i comportamenti che violano palesemente i diritti umani e vanno contro ogni etica, che passano dall’inquinamento sulle rive del Niger all’apertura di conti che finanziano il traffico di armi solo per citarne alcune. Possibile che per il ministro Riccardi sia stata una svista? È vero che è nuovo al governo ma nel suo cv tra le altre cose c’è la sua fondazione della comunità di Sant’Egidio. O forse è proprio questo il peccato originale.
La comunità di Sant’Egidio infatti non è nuova a sponsor ambigui, a campagne nobilissime come la lotta all’AIDS nei paesi africani o contro la pratica dell’utilizzo dei bambini soldato ma finanziati da Finmeccanica o altri sponsor che per mestiere fanno cose che vanno in direzione opposta alla cooperazione. Insomma come dire che la cooperazione internazionale è talmente importante che non ci interessa da dove arrivano i soldi. Ma se i soldi arrivano dalle stesse mani di chi questi problemi - che si dice di voler risolvere - li crea o contribuisce fortemente al crearli, forse il gioco non vale la candela. Sponsor che investono su questi progetti non tanto per fede, quanto per un restyling e un riacquisto di credibilità, non sia mai che qualche attivista lanci l’ennesima campagna di boicottaggio, o che qualche giornalista scriva cosa succede in Niger o cosa passa dai conti della Banca amica. Succede da anni, succede con il Global Compact e succede tutte le volte che a queste multinazionali gli si dà occasione. E questa è una di quelle.
La cooperazione internazionale, sopratutto quella italiana è sempre stata vittima di questa ambiguità, non è solo il governo a cadere in queste trappole, ma spesso proprio le Ong - che appunto come spiega l’acronimo non dovrebbero avere nulla a che vedere con i governi di turno – si preoccupano sempre troppo poco di questi meccanismi fondamentali, e sono sempre più prese al mantenimento delle loro strutture più che dal raggiungimento degli obiettivi finali. Come se il fine ultimo delle Ong non sia quello di estinguersi, anzi, sembra essere piuttosto quello di mantenersi in eterno e allora si accettano finanziamenti da chiccessia. Per fortuna non tutte cadono in questi meccanismi, sicuramente non quelle che hanno firmato il documento pubblicato da Comune-info e che proponiamo di seguito, sintomo che la coerenza esiste ancora.
Si legge tra l’altro in questa presa di posizione, firmata il 28 settembre 2012: “Cosa penserà allora, ascoltando l’intervento dell’amministratore delegato dell’ENI, chi ha lavorato in Nigeria con le popolazioni esasperate dalla polvere nera del gas flaring, dagli sversamenti di petrolio e dalla militarizzazione del territorio dovute alle attività estrattive? O chi ha visto in Iraq esponenti dell’ENI arrivare su un aereo militare poco prima delle truppe di occupazione italiane nel 2003 a Nassiriya? Chi pratica la cooperazione nel nome della solidarietà e amicizia tra popoli quell’anno gridava “No blood for oil” nelle piazze di tutto il mondo. … Sponsor come Microsoft e Banca Intesa non ci pregeranno di interventi sul futuro della cooperazione ma pesano sul forum i loro finanziamenti, a scopo meramente pubblicitario e provenienti da attività di credito verso imprese che fanno di armi e nucleare il proprio core business come Betchel, European Aeronautic Defence and Space Company, Honeywell International, Thales, Boeing e l’italiana Finmeccanica. … La cooperazione che vogliamo e pratichiamo è un’altra, guarda altrove e oltre il solo orizzonte italiano. La cooperazione che vorremmo è fatta di partenariati e solidarietà reale tra comunità e soggetti che difendono i diritti umani e ambientali, che sperimentano nuovi modelli economici di produzione e commercio rispettosi dell’uomo e della natura, scambiandosi idee e visioni sul futuro ancora prima che capitali, progettando interventi civili di pace per prevenire i conflitti o trasformarli, impegnandosi nella riconciliazione nazionale e tra popoli sulla base di un’idea comune di giustizia. Rifiutiamo quindi nettamente la commistione tra aiuti umanitari ed interventi militari, e tra cooperazione e affari. Questa non è utopia ma quanto già si fa in molti altri paesi europei e fanno da anni centinaia di realtà italiane con i loro partner nazionali e internazionali, esplorando ed estendendo continuamente la vera frontiera della nostra cooperazione.”