Africa: tra guerre dimenticate e profughi di ritorno

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"Il mondo spende 900 miliardi di dollari all'anno per le spese militari, 300 per sussidi agricoli e solo 50 in aiuti allo sviluppo", per questo i "problemi dell'Africa rischiano di passare in secondo piano rispetto alle crisi in Medio Oriente e Iraq". Lo ha affermato stamani il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, intervenendo a Roma in occasione della giornata dell'Africa. Nel suo discorso, il presidente Ciampi ha ricordato che secondo i dati della Banca Mondiale, "in Africa, dal 1981 al 2001 le persone che vivono con meno di un dollaro al giorno sono quasi raddoppiate, passando da 160 a oltre 300 milioni. L'aspettativa media di vita è scesa da 48 a 46 anni. La mortalità infantile, al di sotto dei cinque anni, è superiore al 17%. Ottanta milioni di bambini non hanno accesso ad alcun tipo di educazione. Nella regione sub-sahariana vivono circa 26 dei 40 milioni di sieropositivi nel mondo; vi sono morte oltre 2 milioni di persone lo scorso anno, mezzo milione sotto i 15 anni".

Il Presidente Ciampi ha sottolineato inoltre che le "guerre dimenticate" che piagano il continente non possono passare in secondo piano, anche perché la "battaglia decisiva contro l'estremismo e il terrorismo" passa anche dall'Africa, dove queste forme di violenza "trovano fertile terreno di reclutamento tra i disperati e gli emarginati". E ha criticato la disattenzione verso questo continente da parte della comunità internazionale, che "spesso rivolge lo sguardo lontano dall'Africa". Gli enormi problemi che gravano sul continente, invece, "ci riguardano direttamente, sul piano morale, sociale ed economico" - ha affermato. Il presidente della Repubblica ha denunciato inoltre l'incertezza della comunità internazionale nell'attuazione degli Obiettivi di sviluppo fissati dal Vertice del Millennio, esortando i Paesi sviluppati a mantenere gli impegni assunti a Genova nel 2001 e ribaditi in occasione dei vertici di Durban, Monterrey, Johannesburg, Cancun.

Un altra realtà, spesso dimenticata, che tocca l'Africa è quella del movimento di ritorno di centinaia di migliaia di profughi e di sfollati interni dopo anni di guerra. Una realtà sulla quale ha posto l'attenzione l'Alto Commissario per i Rifugiati (UNHCR), Ruud Lubbers, durante il Consiglio di Sicurezza dell'Onu del 20 maggio scorso che ha sottolineato come "non ci sono mai state così tante possibilità per soluzioni durature al problema dei rifugiati in così tante parti dell'Africa". Ma per risolvere questi problemi occorrono fondi e, nel suo discorso al Consiglio di Sicurezza, Lubbers ha ricordato l'"inequalità di risorse" destinate all'Africa che stanno mettendo a rischio operazioni di soccorso dei profughi in Chad e Liberia.

Secondo Lubbers, "il fattore critico è determinare le condizioni per il ritorno dei rifugiati". "Le operazioni di Peacekeeping da sole non possono sostenere la pace: possono solo creare le condizioni sulle quali costruire la pace" - ha affermato l'Alto Commissario. Il rischio spesso è quello di un "ritorno della guerra" favorito sia dalle difficoltà di ordine economico e sociale che le comunità devono affrontare, sia dai problemi che la ricomposizione del tessuto sociale dopo decenni di guerra comporta. Lubbers ha richiamato a questo proposito la "comune responsabilità (internazionale) nel ridurre il rischio della riapertura dei conflitti e per assicurare che i programmi di rimpatrio continuino".

Va ricordato che martedi scorso ad Addis Abeba (Etiopia) l'Unione Africana ha dato vita al "Consiglio per la pace e la sicurezza" (Cps). Creato sulla falsariga del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l'organo opererà per "promuovere la pace, la sicurezza e la stabilità in Africa", "anticipare e prevenire i conflitti", ed "elaborare una politica di difesa comune". Il Consiglio è composto da 15 membri eletti dalla Conferenza dei capi di Stato e di governo dei 53 Paesi che fanno parte dell'Unione Africana ed ha come modello quello del Consiglio di sicurezza dell'Onu ma senza il diritto di veto. Tra i suoi poteri quello di "raccomandare alla Conferenza dei capi di Stati e di governo (il massimo organo decisionale dell'Ua) l'intervento in un Paese membro in caso di crimini di guerra, genocidio, crimini contro l'umanità". Con il consenso dei due terzi dei suoi componenti, la Conferenza può autorizzare il dispiegamento di una forza di peacekeeping, anche in caso di rifiuto del Paese interessato. In caso di un accordo raggiunto tra due belligeranti, può essere deciso l'invio di una forza di appoggio alla pace; di fronte a nuovi conflitti, la Conferenza può "intraprendere attività di ristabilimento e di consolidamento della pace". Infine, su raccomandazione del Consiglio, possono essere adottate sanzioni ogni volta che in uno Stato dell'Ua si verifichi un "cambiamento non costituzionale" del governo. [GB]

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