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WSF: Sentinelli 'la cooperazione deve cambiare', il 'modello comunitario' del Saint Martin
Educazione allo sviluppo
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"La cooperazione internazionale deve cambiare: le decisioni devono essere prese dai governi, ma insieme ai movimenti sociali e alla società civile" - ha detto la viceministra agli Esteri Patrizia Sentinelli, intervenendo ieri ai lavori del Forum Sociale Mondiale (WSF) in corso a Nairobi. La Sentinelli, il cui intervento ha sollevato numerosi applausi, ha sottolineato che "i governi devono essere in contatto con i movimenti. Dobbiamo imparare da loro, in particolare da quelli delle donne, per cambiare la politica della cooperazione".
Un esempio viene dal Saint Martin a Nyahururu che non è un'organizzazione non governativa (Ong-Ngo) ma un'organizzazione basata sulla comunità (Cbo, community based organisation), un nuovo modello di sviluppo locale che si avvale anche di risorse economiche provenienti dall'estero, ma che punta innanzitutto a mobilitare le risorse locali.
"Mobilitare la comunità". È la parola d'ordine della cooperazione "made in Africa" che si presenta e partecipa al Forum sociale mondiale (WSF). Parallelo a quello delle personalità politiche e dei leaders di movimenti, scorre un confronto interno alle esperienze africane di sviluppo. Si respira quest'aria al seminario sulle persone disabili tenuto dall'organizzazione Saint Martin che opera a Nyahururu, circa duecento chilometri a nord della capitale del Kenya. Il titolo dell'incontro è " Bambini con disabilità in Kenya, un approccio sostenibile".
"Nel 1994 la comunità ha cominciato a pensare come affrontare il problema dei bambini con disabilità" - comincia a spiegare Damiana Koki dello staff del Saint Martin. "Prima di tutto è stato necessario individuarli, ci siamo accorti andando casa per casa che erano molti, ma invisibili, perché tenuti nascosti dalle loro famiglie, che vivevano la nascita di figli disabili come una punizione per qualche colpa commessa".
Il Saint Martin non è un'organizzazione non governativa (Ong) ma un'organizzazione basata sulla comunità (Cbo, community based organisation), un nuovo modello di sviluppo locale che si avvale anche di risorse economiche provenienti dall'estero, ma che punta innanzitutto a mobilitare le risorse locali. Chi parla di cooperazione internazionale negli altri padiglioni del Forum Sociale mondiale sarebbe sorpreso di ascoltare che il lavoro sociale del Saint Martin a Nyahururu si basa sull'attività gratuita di 1152 volontari, oltre che sul lavoro continuativo di quasi cento persone.
"Tutto è partito dalla scommessa che nessuno è così povero da non potere dare nulla" - spiega don Gabriele Pipinato, presidente della Fondazione Fontana di Trento, che accompagna da oltre 13 anni l'avventura del Saint Martin in Kenya. "Il nome l'abbiamo preso dalla storia di San Martino, che incontra il povero e divide a metà il suo mantello con lui. Entrambi, il povero e San Martino, escono cambiati da questo incontro. Il primo sarebbe probabilmente morto di freddo, ma il secondo non avrebbe iniziato il suo cammino di cambiamento interiore".
L'ambizione di una cbo come Saint Martin è di indurre un cambiamento sociale che sia sostenibile nel contesto locale. Un esempio è l'attività con i bambini orfani di strada. "Si potrebbe costruire con gli aiuti dall'estero una casa di accoglienza per loro" - spiega il coordinatore dei volontari James Njoroge. "I volontari invece vanno a bussare a tutte le porte per mobilitare le risorse della comunità. Capita così che una famiglia accetti di accogliere il bambino, che il suo villaggio gli paghi la retta scolastica, che gli insegnanti gli trovino l'uniforme e i libri. In questo modo si trova ugualmente la soluzione, ma nello stesso tempo si crea una catena di solidarietà che può riattivarsi in un'altra occasione".
Ma da dove arrivano i volontari? "Il Saint Martin si appoggia una rete di parrocchie, soprattutto cattoliche, ma anche di altre confessioni cristiane" spiega James. "Qualcuno ci chiede com'è possibile motivare così tanti volontari. Il vangelo e i valori spirituali sono una motivazione, insieme al senso di comunità che per noi è un patrimonio culturale, e che il modello applicato dalla cbo ha risvegliato".
Dal '94 ad oggi attività del Saint Martin si sono moltiplicate in diversi programmi. C'è l'intervento di riabilitazione di persone disabili, il recupero attraverso le famiglie dei ragazzi di strada, un programma di prevenzione dell'Aids, uno di risparmio e microcredito e un'attività di difesa dei diritti umani per combattere la violenza sessuale e lo sfruttamento dei più deboli, che in lingua kikuyu ha preso il nome di "Bega kwa bega", spalla a spalla.
Da due anni a questa parte del Saint Martin fa parte anche una casa per la cura dei bambini ammalati di Aids, Talita Kum, costruita con il contributo della Provincia autonoma di Trento. "È chiaro che per portare avanti tutte queste attività servono dei finanziamenti" - precisa don Gabriele Pipiato. "Ma sono una conseguenza del lavoro e dell'impegno delle persone del Saint Martin. Gli aiuti arrivano sempre, da qualche parte. Ma servono e producono dei risultati solo se in gioco ci sono le risorse e la partecipazione della comunità". Only troungh community, "Solo attraverso la comunità": non poteva essere altro il motto dei volontari e del personale del Saint Martin di Nyahururu.
di Emanuela Citterio
(Corrispondente di Unimondo al WSF di Nairobi)