Vocabolario no global

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Aderire al mondo globalizzato oggi pare non poter più essere una scelta: semplificando molto continuiamo a ripetere che tutti ne facciamo parte e dobbiamo quindi prenderne atto e agire di conseguenza.

Tuttavia è certamente auspicabile riuscire ad allontanarsi da questa schiavitù mentale  dando le giuste interpretazioni e, dove possibile, cercare di indirizzare valori, azioni utili per la comunità e -  soprattutto - nuove idee.

In questi anni di crisi, da intendersi alla greca – Krisis per Platone significa scelta e ha un’accezione positiva che vuole essere la cifra interpretativa di questa riflessione – tornano in auge e spesso a sproposito termini riferiti a gruppi che si associano per condividere interessi e portarli avanti , cercando di influenzare persone, politici e sistemi economici.

Questo pratica è universalmente nota come lobbismo e si intende per lo più come negativa e volta ad ottenere vantaggi meramente economici da parti di potentati (quello delle armi ad esempio)nei confronti del resto del mondo. Ma come confermano studiosi   ed enciclopedie rinomate, vi sono modi differenti di promuovere interessi e molti di essi possono certamente avere valenze socialmente utili.

Se approfondiamo il termine e su un motore di ricerca accostiamo a lobbismo la dicitura “di base”, ci si schiude davanti agli occhi un’ipotesi davvero stimolante. L’espressione definisce un gruppo di cittadini che si ritrovano concordi nel sostenere una causa di interesse sociale, attraverso le forme proprie della partecipazione democratica. Originatosi negli Stati Uniti, con il nome di grassroots lobbying, mira al coinvolgimento dei cittadini, assumendo un ruolo sempre più significativo anche sul piano della politica internazionale. Nonostante i limiti e le critiche derivanti da episodi di corruzione, il lobbismo è una rappresentanza di interessi palesi anche positivi che può essere esercitata nelle forme corrette di un movimento civico o di un'organizzazione che assume valenza politica e riconoscimento sociale e, in alcuni casi, legale e istituzionale. Il lobbismo di base, in particolare, opera per accrescere il consenso e ridurre il dissenso su determinati argomenti di rilevante interesse sociale, sollecitando l’attenzione dell’opinione pubblica e di coloro che hanno titolo per assumere decisioni in merito. Considerando la complessità dell’organizzazione di un movimento di base, si possono distinguere due tipi di lobbismo di base: quello d'impresa, che tende a coinvolgere i quadri, coloro che lavorano nell’indotto del settore e i sindacati che sostengono forme di lotta relative a una o più aziende; e quello che promuove grandi campagne di sensibilizzazione sociale, per es. contro l’uso del tabacco o dell’alcol

Può quindi esistere un lobbismo definibile come assolutamente positivo? Se usciamo dalla prassi per la quale già il termine è connotazione di disonesto e poco pulito, crediamo di sì.

Anche su Unimondo, per esempio, abbiamo spesso promosso campagne e riportato notizie nelle quali organismi e associazioni hanno mobilitato i cittadini e sostenuto con decisione scelte di utilità collettiva. Inoltre possiamo aggiungere azioni oggi divenute consuetudini ma certamente derivate da decenni di pressioni sociali positive ad opera di varie realtà sociali che le hanno finalmente ottenute e le utilizzano, quasi sempre, correttamente.

Pensiamo al cinque per mille, concesso dalla Stato Italiano come libera scelta ai propri cittadini, le azioni per arrivare al quale sono senz’altro accostabili ai metodi delle corporazioni di interesse ma con finalità diametralmente opposte – ottenere vantaggi per l’intera società anziché perseguire l’interesse specifico di pochi,  e moralmente ineccepibili – produrre il bene sociale, anziché il margine di guadagno.

Per questo, tralasciando la definizione “classica” della voce lobbismo possiamo ora provare, in conclusione, a fornire il concetto di lobbismo positivo: un’azione continua e costante, portata avanti da  enti e organismi, principalmente del terzo settore, e promossa ad ogni livello possibile con lo scopo di ottenere, non introiti aziendali o vantaggi speculativi, bensì un aumento concreto  e duraturo del benessere collettivo. Quello che quotidianamente fanno migliaia di persone  volontarie in Italia e nel mondo, insomma.

Saremo mica tutti lobbisti positivi?

Fabio Pizzi

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