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Onu: rapporto Undp sullo sviluppo 'iniquo' del pianeta
Educazione allo sviluppo
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"Le barriere commerciali a cui devono far fronte i paesi in via di sviluppo quando esportano i loro prodotti verso i paesi ricchi sono, in media, tre volte più alte di quelle esistenti tra i paesi ricchi quando commerciano tra loro": è uno dei punti focali dell'ultimo "Rapporto sullo sviluppo" diffuso oggi dall'Onu, 400 pagine di dati sconcertanti, in particolare per chiunque abbia a cuore le sorti del Sud del mondo e della parte più debole del pianeta. "Questa perversa forma di tassazione e le inique politiche commerciali - sottolinea il documento - continuano a impedire a milioni di abitanti dei paesi più poveri del mondo di uscire dalla loro povertà mantenendo in piedi un sistema caratterizzato da oscene disuguaglianze".
Il 'Re è nudo' e a spogliarlo questa volta sono i numeri: i 500 uomini più ricchi del pianeta, secondo il rapporto, guadagnano da soli più di quel che riescono a mettere insieme 460 milioni di persone povere. La roboante e demagogica retorica dell'ultimo 'G 8' sullo sviluppo del pianeta e l'impegno dei paesi industrializzati per gli 'Obiettivi del Millennio' contro la povertà viene ridicolizzata dalle cifre del rapporto Onu che al contrario documenta in che modo i paesi ricchi attraverso le "non eque"/ "ingiuste" barriere commerciali "impediscono" la crescita dei paesi più poveri. Con le sovvenzioni che i paesi ricchi versano ai loro agricoltori, questi godono di un "quasi monopolio sul mercato mondiale delle esportazioni agricole", mentre i paesi in via di sviluppo "perdono circa 24 miliardi di dollari ogni anno a causa di questo protezionismo agricolo e sovvenzioni. Per esempio, il meccanismo delle sovvenzioni si traduce in mancati guadagni per altri paesi come il Brasile, che perde ogni anno 494 milioni di dollari, o per l'Africa del Sud che ne perde 151.
"Dietro la retorica del libero mercato si nasconde la dura realtà degli agricoltori dei paesi poveri del mondo che sono obbligati a concorrere non con i loro colleghi del nord, ma con i ministeri delle Finanze dei paesi industrializzati" ha sottolineato in una nota diffusa alla stampa Kevin Watkins, principale autore del rapporto. "È la disuguaglianza il principale ostacolo alla crescita del pianeta" ha aggiunto un responsabile dell'Undp, organismo dell'Onu per lo sviluppo, precisando che di questo passo gli obiettivi del millennio che i governi di tutto il mondo si sono prefissi per il 2015 non verranno raggiunti neanche tra 50 anni. I sussidi garantiti dai governi dei paesi ricchi ai loro produttori affinchè distruggano le merci quando viene superata la quota di produzione fissata (in modo che l'aumento dell'offerta non provochi l'abbattimento dei prezzi) hanno raggiunto ormai "un miliardo di dollari al giorno", l'equivalente degli aiuti che i paesi ricchi (tutti insieme) stanziano in un anno per quelli in via di sviluppo.
Ma nelle quasi 400 pagine di rapporto si va oltre e si toccano molti aspetti - inclusa la statistica secondo cui a ogni dollaro speso in aiuti ai paesi poveri corrispondono 10 dollari spesi in armamenti - che confermano il circolo vizioso secondo il quale una piccola parte di mondo continua a guadagnare e a mangiare sulle spalle del grosso del pianeta. Uno di questi è quello relativo allo sfruttamento delle risorse naturali.
"Le multinazionali dei settori minerari che hanno sede nei paesi ricchi dovrebbero essere più trasparenti nella gestione e nelle politiche che intraprendono per portare avanti i loro affari nei paesi in via di sviluppo" si legge nel rapporto. Un invito generico e dai toni 'delicati' che però è seguito da alcuni passaggi dell'ultimo rapporto stilato da una commissione dell'Onu sullo sfruttamento delle risorse minerarie e naturali della Repubblica democratica del Congo dove si dice a chiare lettere che il "desiderio" di accaparrarsi le risorse ha "alimentato" il conflitto nel paese africano, uccidendo quasi tre milioni e mezzo di persone.
Per la cronaca nell'annuale classifica dello Sviluppo che si accompagna al rapporto la Norvegia figura al primo posto (per quinto anno consecutivo) e il Niger si è guadagnato l'ultimo, 'soffiandolo' alla Sierra Leone, fino allo scorso anno fanalino di coda dello sviluppo mondiale a causa di una guerra civile combattuta per il controllo dei suoi preziosissimi diamanti.
di Massimo Zaurrini