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Onu: approvata la Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni
Educazione allo sviluppo
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Dopo ventidue anni di negoziati e accesi dibattiti, l'Assemblea Generale dell'Onu ha approvato ieri la "Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni", un documento non vincolante che mira proteggere i diritti di circa 370 milioni di appartenenti ai popoli indigeni nel mondo. Hanno votato a favore 143 nazioni, 11 si sono astenute e quattro - Australia, Nuova Zelanda, Canada e Stati Uniti - hanno votato contro. "I paesi oppositori sono tristemente noti per il pessimo trattamento riservato ai loro popoli indigeni. In passato, la Commissione Onu per l'eliminazione della discriminazione razziale (CERD) ha emesso ammonimenti e procedure di azione urgente nei confronti di Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti" - commenta Survival International nell'evidenziare che, nonostante la serie di cambiamenti apportati al testo, la Dichiarazione ha comunque continuato ad avere il sostegno della maggior parte delle organizzazioni indigene.
Le associazioni per la difesa dei diritti delle popolazioni autoctone hanno perciò celebrato l'approvazione della dichiarazione. Survival International riporta i commenti di diverse popolazioni indigene del mondo. Dal Botswana, il Boscimane Jumanda Gakelebone, esponente dell'organizzazione First People of Kalahari, ha commentato: "Desideriamo dire che siamo veramente molto felici ed emozionati di sapere che è stata adottata la dichiarazione. Il documento riconosce che i governi non ci possono trattare come cittadini di seconda classe e dà protezione ai popoli tribali di tutto il mondo, che non potranno più essere cacciati dalle loro terre come è stato fatto con noi". E Kiplangat Cheruiyot della tribù keniota degli Ogiek ha aggiunto: "Con l'adozione della dichiarazione le vite dei popoli indigeni miglioreranno perché partiranno dallo stesso status riconosciuto a tutti i cittadini del resto del mondo".
"Un passo storico" - afferma l'Associazione per i popoli minacciati (APM) - perchè "con questa dichiarazione per la prima volta verranno riconosciuti esplicitamente anche i diritti collettivi dei popoli indigeni". L'APM adesso chiede alla comunità internazionale di "prendere sul serio la sua stessa decisione e di sottoporre ad esame ed a nuove negoziazioni con le popolazioni direttamente interessate tutti i progetti di mega dighe, di disboscamento e di produzione di materie prime su territorio indigeno". L'Associazione chiede inoltre "immediati programmi e offerte di formazione per membri sradicati di comunità indigene, cacciati dalla loro terra e che vivono una vita in miseria negli slum e nelle favelas delle metropoli".
Anche la Presidente dell'Assemblea generale dell'Onu, Sheikha Haya Rashed Al Khalifa, ha salutato favorevolmente l'adozione della dichiarazione sottolineando l'importanza del documento per le popolazioni indigene e, più in generale, per la promozione dei diritti umani per tutti. Ma ha evidenziato anche che "nonostante questo passo, le popolazioni indigene sono tutt'oggi esposte a marginalizzazione, povertà estrema e altre violazioni dei diritti umani. Spesso queste popolazioni vengono intrappolate in conflitti e dispute sui territori che minacciano la loro stessa sopravvivenza, oltre a soffrire della scarsità di accesso alle cure e all'istruzione". Lo stesso Segretario generale delle Nazione Unite, Ban Ki-moon, attraverso la sua portavoce, ha invitato "i governi e la società civile ad assicurare che i principi della dichiarazione diventino presto realtà operando per integrarli nei programmi e nelle politiche".
La dichiarazione sancisce i diritti dei popoli indigeni alla proprietà della loro terra e a vivere come desiderano e afferma, inoltre, che non possono essere sfrattati dai loro territori senza il loro libero e informato consenso. Nella Dichiarazione si afferma inoltre che il rispetto per le culture, le conoscenze e i costumi indigeni contribuisce allo sviluppo sostenibile e di conseguenza alla protezione dell'ambiente. "Tra l'altro - sottolinea APM - la dichiarazione darebbe ai popoli indigeni il diritto di decidere da soli materie come lo sviluppo del loro territorio, la produzione di materie prime, diritti di autoamministrazione o programmi sanitari" e "non mancherà di suscitare tra i rappresentanti indigeni la speranza di arrivare presto ad uno livello di negoziazione più alto, quando saranno per esempio violati i loro diritti territoriali". Anche l'Italia ha sostenuto l'adozione della Dichiarazione e Survival Italia chiede al Governo italiano di ratificare al più presto la Convenzione ILO 169, necessaria per dare concreti strumenti giuridici alla tutela dei diritti dei popoli indigeni del mondo.
Nel 2003, il Forum permanente dell'Onu sulle questioni indigene aveva pubblicato una serie di raccomandazioni riguardo ai problemi dei popoli nativi nel mondo, tra cui l'adozione di una 'dichiarazione sui diritti dei popoli autoctoni', ancora vittime di espulsioni forzate, sfruttamento, miseria e alcoolismo. Dichiarazione che era sul punto di essere approvata nel dicembre del 2006 dall'Assemblea generale ma che era stata bloccata da un gruppo di stati africani guidati dalla Namibia e Botswana sostenuti da Canada, Australia, Nuova Zelanda e Russia.
Secondo le stime, nel mondo esistono ancora circa 5000 comunità indigene in 75 stati. Tra di loro circa 84 milioni di Adivasi in India, i Sami del Nord Europa, i circa 40 milioni di Indiani in tutta l'America, gli Aborigeni in Australia, i Maori in Nuova Zelanda, i San nell'Africa meridionale e molti altri. "Molte di queste comunità devono combatter per la loro sopravvivenza" - nota APM. Ci sono per esempio in Indonesia circa 300 popoli minacciati dall'espansione delle piantagioni di palma da olio. Anche in Colombia o in Birmania gli indigeni rischiano di essere cacciati perché nel loro territorio vengono progettate piantagioni di palma da olio. In Brasile, in Cile e in Ecuador molti popoli indiani combattono contro il disboscamento, contro la produzione di materie prime e contro l'estrazione di petrolio e di gas. In Canada gli Indiani soffrono per la povertà, per il razzismo dilagante e per situazioni di diritti territoriali non chiariti. Gli indigeni della Siberia stanno già adesso sentendo le conseguenze del riscaldamento globale e temono di perdere, per colpa dello scioglimento del ghiaccio, la loro base vitale. [GB]