MDG: le lobby del Wto lasciano 1,2 miliardi di poveri

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"Mentre i negoziatori discutono e tutelano gli interessi di poche potenti lobbies commerciali, 1 miliardo e 200mila persone affamate combattono con l'estrema povertà". Lo afferma Eveline Herfkens, Coordinatrice Esecutiva del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Campagna sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, che lancia anche un forte appello perché non si sprechi anche questa importante occasione internazionale per combattere la povertà nel mondo.

"La sesta Conferenza Ministeriale dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) in corso in questi giorni ad Hong Kong - dichiara Eveline Herfkens - potrebbe essere l'ultima opportunità per il "Doha Round" dei negoziati sul commercio di raggiungere un accordo comune che possa aiutare a ridurre in modo sostanziale la povertà nei paesi in via di sviluppo.
L'esito degli incontri di Hong Kong dipende in modo determinante dalla disponibilità e dall'impegno di tutti i paesi a mettere le esigenze dello sviluppo prima dei propri interessi economici e politici nazionali. Non possiamo permetterci di lasciar scivolare - ancora una volta - questa opportunità fra le dita".

Si è arrivati a un punto decisivo nella lotta contro la povertà globale. Nel settembre del 2000, 189 Capi di Stato e di Governo si riunirono alle Nazioni Unite e stabilirono alcuni obiettivi di ampio respiro per eliminare la povertà e migliorare in modo sostanziale le esistenze dei piu' poveri del pianeta entro il 2015. Adesso sono passati cinque anni e i progressi sono stati fin qui lenti e sporadici. Se vogliamo raggiungere gli obiettivi previsti non possiamo permetterci di rinviare ancora i cambiamenti politici necessari. E il nodo sostanziale è la riforma del sistema globale del commercio.

La posta in gioco è così alta perchè un'efficace riforma delle politiche commerciali potrebbe contribuire direttamente alla lotta contro la povertà globale. Ogni paese, tranne i più poveri e vulnerabili, deve fare la sua parte per agevolare il commercio in agricoltura, beni industriali e servizi. In particolar modo l'apertura dei mercati dei paesi ricchi all'agricoltura è fondamentale, mentre è proprio in questo settore che i negoziati sono in stallo, mettendo a rischio l'intero processo negoziale.

Ovviamente i negoziati non sono solo sull'agricoltura. Tuttavia l'agricoltura è il settore dove le distorsioni sul commercio sono peggiori e dove i benefici di una riforma per lo sviluppo sarebbero maggiori. Due terzi dei poveri del mondo vivono in aree rurali e dipendono per la propria sopravvivenza dall'agricoltura. Per questa ragione un accordo è necessario. Per eliminare i sussidi dei paesi ricchi alle esportazioni che minano i mercati dei paesi in via di sviluppo. Per ridurre i sostegni agli agricoltori dei paesi ricchi, in modo che essi non producano quantità eccessive di prodotti che vengono poi smaltiti e scaricati sui mercati dei paesi più poveri a prezzi più bassi, distruggendo l'economia locale. E per migliorare l'accesso ai mercati dei paesi ricchi, che adesso sono protetti da elevatissime barriere doganali.

Ridurre queste barriere così alte sui prodotti agricoli produrrebbe il massimo beneficio, mentre molti dei paesi ricchi dell'Unione Europea continuano ad avere livelli di protezione altissimi. L'Europa ha proposto una riduzione delle proprie tariffe ad "appena" il 100% e vuole escludere l'8% dei prodotti agricoli dalla possibilità di qualunque taglio, con la motivazione che si tratta di "beni sensibili". Questo è davvero troppo: la Banca Mondiale stima infatti che tener fuori appena il 2% dei prodotti spazzerebbe via i tre quarti dei potenziali benefici del "Doha round" sul commercio.

Le lobbies agricole sostengono che i sussidi e gli altri tipi di protezione, incluse le tariffe doganali, sono necessari per salvaguardare l'integrità della campagna e degli stili di vita tradizionali. Tuttavia, solo il 20% degli agricoltori, i piu' ricchi, assorbono l'80% di tutte le sovvenzioni europee, e ci sono casi simili anche in altri paesi ricchi. è ora di smetterla di favorire gli interessi di pochi eletti alle spese di tutti gli altri. In altre parole, le politiche agricole europee costano ad una famiglia circa 100 euro al mese. Sarebbero disposte, queste stesse famiglie, ad accettare spese così alte se sapessero che i benefici vanno poi a un pugno di imprese agricole di grandi dimensioni? E se sapessero che questi sussidi addirittura impoveriscono ulteriormente i mercati dei paesi più poveri?

I miliardi risparmiati con la riforma delle politiche agricole europee potrebbero essere messi a buon frutto per aiutare invece ad individuare i veri problemi sociali e ambientali europei ed aumentare gli aiuti ai paesi in via di sviluppo.

Hong Kong e l'attuale Round di negoziati devono arrivare ad una soluzione che favorisca lo sviluppo, come era già stato deciso a Doha. Ciò che è necessario è un Round equilibrato sul commercio dove tutti i paesi, eccetto i più poveri e vulnerabili, facciano la loro parte per aumentare le opportunità commerciali dei produttori più poveri in tutti i settori. I negoziatori devono mettere da parte i loro interessi nazionali favorendo, invece, quelli relativi allo sviluppo. L'Unione Europea e i singoli stati membri devono prepararsi a modificare le proprie politiche agricole. Se non avremo un Round incentrato sullo sviluppo le promesse fatte dai leader alle Nazioni Unite non verranno rispettate e perderemo l'occasione unica di bandire dal mondo la povertà" - conclude la Herfkens.

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