La pace fa Rete!

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Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio, la guerra” scriveva Gianni Rodari. Oggi nel centenario della sua nascita questa filastrocca ha ancora una sua drammatica attualità, visto che come ci ricorda l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo le guerre continuano ad essere tante, troppe e la pace mondiale ha ancora bisogno della nonviolenza e di un urgente appello per il “cessate il fuoco” rivolto a tutti i belligeranti, chiamati a deporre le armi e terminare i conflitti. Per questo il 21 settembre, in occasione della Giornata internazionale della Pace istituita fin dal 1981 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e quest’anno dedicata al “Shaping Peace TogetherCreiamo Insieme la Pace” è nata la Rete Italiana Pace e Disarmo, una nuova Rete organizzata nella quale sono confluite la Rete della Pace fondata nel 2014 e la storica Rete Italiana Disarmo fondata nel 2004. “Si tratta del nostro contributo specifico al messaggio dell’Onu, creiamo insieme la pace a partire dall’unione delle nostre forze, degli obiettivi comuni, per rafforzare e far crescere il lavoro collettivo per la pace ed il disarmo” hanno spiegato gli attivisti, raccogliendo l’invito delle Nazioni Unite fatto a tutti gli stati membri, organizzazioni regionali e non governative e ad ogni singolo individuo, a commemorare il giorno in maniera appropriata, attraverso l’educazione alla pace. 

La nascita di questa nuova importante realtà della società civile rappresenta l’ulteriore tappa di un lungo percorso che ha visto queste due componenti del pacifismo italiano lavorare insieme per anni su alcuni temi e campagne già in corso anche a livello internazionale: “Vogliamo andare avanti insieme su quanto fatto e quanto ci resta ancora da fare, per dare voce alle esperienze di resistenza civile e nonviolenta e fissare nuovi obiettivi comuni”. Ad oggi sono già moltissime le associazioni, grandi e piccole, del mondo pacifista, nonviolento, disarmista, della solidarietà, del servizio civile, della giustizia sociale, della cultura, dell’ambientalismo, che hanno deciso di unirsi in un’unica grande rete come ultima tappa di un percorso di lavoro avviato insieme nei territori, dal basso, partecipando a campagne comuni e che ora trova finalmente sbocco in una organizzazione unitaria e rappresentativa. “Sentiamo l’esigenza di confrontarci tra diversi soggetti, culture e sensibilità, sulle scelte economiche del nostro Paese che da decenni hanno ripreso a privilegiare l’industria ed il commercio di armi, piuttosto che investire nell’economia di pace, nella sicurezza del territorio, nei servizi e nella difesa civile e nonviolenta”.

La nascita di questa nuova Rete di pacifisti è, quindi, anche una risposta alle scelte politiche degli ultimi decenni, scelte che sono sotto gli occhi di tutti: “Noi siamo profondamente convinti che l’attuale politica, che investe miliardi in armi e solo briciole in progetti di pace, non ci difende e non ci protegge ma, al contrario, ci danneggia e approfondisce la crisi economica, sociale ed ambientale che vive la nostra società, allargando il solco di sfiducia che separa la comunità dalla politica!”. Per gli attivisti “è in corso la più forte corsa agli armamenti a cui si sia mai assistito, una imponente crescita quantitativa e qualitativa degli arsenali che sottrae enormi risorse alla lotta contro la povertà; le grandi organizzazioni sovranazionali, dall’Europa all’Onu, sono in crisi profonda di legittimità e credibilità; tornano a diffondersi ideologie nazionaliste, razziste e fondamentaliste; la crisi economica globale, ulteriormente aggravata dalla pandemia, tende ad esasperare la conflittualità, anche all’interno dell’Europa; l’insostenibilità del modello di sviluppo che sta distruggendo il pianeta, provocando le variazioni climatiche, e produce sempre maggiori diseguaglianze; la criminalizzazione della solidarietà e la chiusura delle frontiere di fronte alle richieste di protezione e di accoglienza da parte di migranti e richiedenti asilo”. Insomma, ci sono purtroppo tutte le condizioni perché la guerra, sdoganata come strumento di politica internazionale alla fine del secolo scorso, torni ad essere la protagonista dei rapporti internazionali e possa portare ad un nuovo conflitto globale.

Con queste preoccupazioni una fetta della società civile italiana sì è impegnata in un percorso di dialogo e di confronto tra le diverse sensibilità dell’arcipelago associativo impegnato quotidianamente ad affermare che “un’altra politica è urgente, possibile e necessaria”. Ma come? Producendo informazione corretta, elaborando dati e proposte concrete per modificare in meglio le leggi e agendo sia nelle politiche locali, dei singoli territori, sia per modificare le grandi scelte politiche e strategiche, anche internazionali. “Per fare tutto questo, c’è bisogno di competenze, di studio, di pensiero, di informazioni e di azioni, personali e politiche. Per questo abbiamo unito le nostre forze, e trovato terreni di unità per un futuro di pace e disarmo. La nostra forza è la nonviolenza, la nostra unità è nell’azione concreta diffusa sui territori. Per la pace e il disarmo”. I risultati ottenuti finora da alcune delle campagne del pacifismo italiano come quella contro gli F35 o l’attenzione posta attorno alla conformità di alcune operazioni di importazione ed esportazione di materiali militari svolte dall’Agenzia Industrie Difesa, ente di diritto pubblico che agisce per conto del Ministero della Difesa, fanno ben sperare per questo nuovo presidio civile e democratico che sarà la Rete Italiana Pace e Disarmo.

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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