La luce delle “star” verso il mondo della solidarietà

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Che la luce delle star illumini il lavoro delle tante organizzazioni che operano nei Paesi impoveriti! Una luce più reale che metaforica, come quella dei flash dei paparazzi che accompagnano le gesta delle celebrità. Non diversamente devono averla pensata in seno alle organizzazioni internazionali, quando per la prima volta nel secondo dopoguerra fu creata la figura dei “Goodwill Embassador”, ambasciatori di buona volontà in italiano. Persone famose a livello planetario che hanno scelto di dedicare del tempo a promuovere le attività di organizzazioni di riferimento nel tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica. Perché è risaputo che quanto più le persone sono coinvolte, tanto più esse si mobilitano a sostegno delle attività delle stesse organizzazioni, economicamente e non solo. Così nel corso degli anni si sono moltiplicate le ong e le Agenzie Specializzate dell’ONU che hanno affidato a noti testimonial e ambasciatori le loro campagne, ottenendo ampi riscontri in termini di raccolta fondi. Che alla loro azione sia corrisposto anche un aumento della consapevolezza delle problematiche affrontate dalle vittime della povertà, della fame e della violenza in tutto il mondo da loro ampiamente pubblicizzate? In parte non può che essere vero, seguendo una delle regole fondamentali del giornalismo secondo cui la notizia ha maggiore impatto nonché diffusione nel caso non abbia per soggetto “soltanto” masse diseredate del cosiddetto Terzo mondo, troppo lontane e diverse per destare interesse. Portato all’estremo, è lo stesso principio che ha spinto i produttori a ideare il format televisivo RAI “The mission”: in quest’ultimo caso però essi non hanno valutato attentamente l’impatto che il reality avrebbe avuto sui telespettatori, i quali in gran parte hanno dimostrato di non apprezzare la farsa.

Se cantanti, atleti, attori, musicisti usano la loro celebrità per le cause “vicine ai loro cuori”, al primo posto tra queste non possono che esserci i bambini, richiamo infallibile di ogni campagna di sensibilizzazione che si rispetti. L’elenco degli ambasciatori internazionali dell’UNICEF è piuttosto lungo, e non poteva che essere altrimenti. David Beckham è impegnato ovviamente nel programma Sport per lo sviluppo, Orlando Bloom per i diritti dei bambini nel mondo, Mia Farrow per i bambini coinvolti nei conflitti armati, Whoopi Goldberg per le campagne di istruzione primaria e la lotta all’Hiv/Aids, e grande impegno è profuso anche dagli attori Ewan McGregor, Liam Neeson e Susan Sarandon, la regina Rania di Giordania, la cantante Shakira, il calciatore Leo Messi, i tennisti Serena Williams e Roger Federer. Sarebbero ancora molti i nomi degli ambasciatori UNICEF nel mondo, senza contare i testimonial di eccezione e tutti gli ambasciatori delle sezioni nazionali dell’organizzazione, ad esempio in Italia Lino Banfi, Francesco Totti, Angela Finocchiaro e tanti altri ancora. E l’elenco si limita alle star coinvolte nella promozione delle attività dell’UNICEF!

Un “virus” di bontà e altruismo che coinvolge il mondo dello spettacolo e, in senso ampio, dei famosi, con tanto di consacrazione in una apposita pagina facebook. Una diffusione di tali figure che sarebbe stata impensabile ad esempio per l’attore hollywoodiano Danny Kaye, primo ambasciatore Unicef nel mondo dal 1954, se non altro perché allora non esistevano né la rete virtuale né i social network. Pochi scatti su polaroid ai suoi tempi, ma secondo canoni ancora attuali: a fianco o con in braccio bambini di territori poveri, in guerra o devastati da una catastrofe ambientale. Al suo posto oggi invece con l’attrice Angelina Jolie come “Goodwill Ambassador” abbiamo scoperto la drammatica situazione dei rifugiati e dei profughi seguendo le azioni dall’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR). Con il leggendario pianista jazz Herbie Hancock abbiamo conosciuto l’impegno dell’UNESCO per la diffusione nel mondo della scienza, della cultura e della musica. Con il centravanti colombiano Falcao abbiamo potuto contribuire a “mostrare il cartellino rosso alla droga da parte dei giovani di tutto il mondo”, da quando è stato investito del ruolo di ambasciatore per l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC). Con l’attrice Nicole Kidman, dopo averla vista in pellicola nei panni di un’intrepida interprete del Palazzo di Vetro dell’ONU a New York, possiamo seguirla con altrettanto coraggio e azione nell’impegno per le pari opportunità e contro la violenza delle donne, quando indossa la pettorina del Fondo di sviluppo ONU per le donne (UNIFEM).

Dopo gli strascichi polemici di poche settimane fa seguiti al caso della rottura dei rapporti dell’attrice Scarlett-Johansson con la ong Oxfam, di cui era ambasciatrice da ben 8 anni, si ripropone la questione centrale della piena condivisione della “mission” delle organizzazioni da parte di chi se ne fa promotore dinanzi al mondo. Perché al di là dell’uso dell’immagine per la raccolta fondi, sarebbe opportuno che il comportamento di star e starlette fosse un tramite per comunicare e far conoscere vere situazioni di povertà/violenza/disperazione con tutta l’umiltà e l’atteggiamento di chi assiste a un intervento di cui le vere stelle sono altre.

Miriam Rossi

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