Eritrea: espulse sei Ong italiane, rilasciati osservatori Onu

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Il governo eritreo ha ordinato a sei organizzazioni non governative (Ong) italiane di lasciare il paese affermando che esse non rispettano la normativa sulle Ong: si tratta di Cesvi, GVC, Nexus, Cosva, Coopi e Manitese. In una lettera pervenuta alle sei Ong e datata 9 febbraio, il Ministero eritreo del Lavoro e degli Aiuti Umanitari, ringraziando le associazioni per il contributo dato negli anni ai programmi umanitari e di riabilitazione in Eritrea, spiega che le organizzazioni non hanno completato i moduli per la registrazione. L'ambasciata italiana in Eritrea non ha commentato la vicenda. L'Eritrea, uno dei paesi più poveri del mondo, ha ripetutamente espresso il desiderio di rendersi indipendente dagli aiuti stranieri, ma ha anche manifestato una frustrazione crescente rispetto alla comunità internazionale, che a detta del governo di Asmara non esercita una pressione sufficiente sull'Etiopia affinché si arrivi a una decisione "finale e impegnativa" sui confini.

Nel maggio de 2005, ad Asmara è stata promulgata una legge sull'attività delle Ong. In virtù di questa legge, le Ong devono ''rinnovare ogni anno la loro registrazionè' e disporre in Eritrea di un milione di dollari (840.000 euro) per le organizzazione nazionali, e del doppio per le organizzazioni internazionali, al fine di ''raggiungere i loro obiettivì'. In questi ultimi mesi, Asmara ha sottolineato i pericoli della dipendenza dall'aiuto esterno. Il governo ha così fermato da settembre la distribuzione degli aiuti alimentari gratuiti, spiegando di voler instaurare dei programmi di lavoro a favore dell'alimentazione. Ma, secondo diverse fonti diplomatiche, recentemente la distribuzione è ripresa in due delle sei regioni dell'Eritrea. Secondo le Nazioni Unite, nel 2005 due terzi dei 3,5 milioni di eritrei hanno avuto bisogno di aiuti alimentari.

Lo scorso fine settimana, in una dimostrazione di forza legata alle tensioni internazionali, le autorità hanno disposto l'arresto del personale locale che collabora con i peacekeeper dell'Onu. Alcuni di questi, 15 dei 25 per l'esattezza, sono stati rilasciati nelle ultime ore - informa l'agenzia Misna che riporta fonti dell'Unmee, la Missione Onu di osservazione del cessate il fuoco tra Eritrea ed Etiopia. "Fino a ieri solo 10 dipendenti locali della Missione si trovavano ancora agli arresti, dopo che negli ultimi 4 giorni le autorità eritree avevano provveduto alla liberazione degli altri". La stessa fonte aggiunge inoltre che altri 16 eritrei impiegati presso la missione Onu hanno fatto perdere le loro tracce: "Tre si sono nascosti, mentre degli altri 13 non siamo riusciti ad avere più notizie" - ha detto Musi Khumalo, uno dei portavoce della Unmee. Non sono ancora chiare le motivazioni che hanno portato le autorità asmarine al fermo dei connazionali impiegati presso la Missione Onu, con cui il governo eritreo da mesi ha intrapreso un braccio di ferro diplomatico nel tentativo di fare pressioni nella disputa territoriale che da anni la contrappone all'Etiopia e che vede l'Onu nel delicato ruolo di mediatore. Poco chiaro anche il numero dei fermati, visto che fino a qualche giorno fa si parlava di 13 dipendenti Onu arrestati e non 25.

Nel 2005 era stato espulso il personale dell'americana Agenzia per lo Sviluppo Internazionale (Usaid) e dei paesi occidentali che monitorano per conto dell'Onu il confine con l'Etiopia. La legge May aumenta le condizioni di attività per le Ong locali e straniere, stabilisce dimensioni minime per gli organismi, impedisce il finanziamento diretto dell'Onu e tassa l'importazione di aiuti. Lo scorso dicembre il governo eritreo ha deciso l'espulsione degli osservatori Onu della missione di osservazione del cessate il fuoco tra Eritrea ed Etiopia (UNMEE). Secondo un recente rapporto dell'Onu la situazione al confine tra Eritrea e Etiopia rimane tesa: l'Eritrea mantiene ancora le limitazioni imposte ai caschi blu dell'Onu a ottobre dell'anno scorso, limitando la loro capacità di sorvegliare i confini tra i due Paesi. [GB]

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