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Doha: apre oggi il Summit Onu sulla 'finanza per lo sviluppo'
Educazione allo sviluppo
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Inizia oggi a Doha in Qatar e proseguirà fino al 2 dicembre la Conferenza Onu sulla Finanza per lo Sviluppo che ha come obiettivo quello di verificare l'implementazione dei principi contenuti nel 'Monterrey Consensus' redatti nel 2002 durante il primo summit e proseguire sul cammino per individuare risorse aggiuntive per lo sviluppo dei Paesi poveri, penalizzati dai difetti strutturali e della attuali crisi finanziarie. Difetti strutturali e crisi finanziaria che sono esplicitamente riconosciuti nell'agenda della conferenza di Doha.
I principi del Monterrey Consensus sono: la mobilitazione di risorse finanziarie nazionale per fini di sviluppo; investimenti esteri diretti e altri flussi finanziari; il commercio internazionale come motore dello sviluppo; la cooperazione tecnica e finanziaria; la riduzione del debito estero e le cosidette "questioni sistemiche". Il governo italiano ha deciso di mandare in Qatar il sottosegretario agli Esteri Vincenzo Scotti, a differenza di altri Paesi che invieranno come capo-delegazione il titolare del ministero degli Esteri e il capo di Stato (in particolare per la Francia sarà presente il Presidente Nicolas Sarkozy).
I POSSIBILI SVILUPPI DEL SUMMIT DI DOHA
I Paesi del Nord del mondo finora hanno mostrato uno scarso impegno nel processo negoziale che ha anticipato la conferenza di Doha. La loro attenzione si è concentrata sulla crisi finanziaria e sull'incontro di Washington dello scorso 15 novembre, dove per l'ennesima volta molte realtà del Sud non hanno avuto nessuna voce in capitolo. L'agenda della Conferenza è incentrata sulla ridistribuzione delle risorse e un nuovo bilanciamento delle strutture finanziarie globali. È altamente improbabile che si raggiunga un accordo prima dell'inizio della conferenza, considerati gli scarsi progressi compiuti nei mesi scorsi.
LE QUESTIONI CHIAVE E LE PROPOSTE DELLA SOCIETA' CIVILE INTERNAZIONALE
Per far sì che l'incontro di Doha non sia il solito "business as usual" e che non si vada al di là di impegni generici e poco concreti, c'è bisogno che si raggiunga un accordo solido e che si basi su principi innovativi per risolvere le tante problematiche legate allo sviluppo. Le principali istanze e proposte sollevate dalla società civile globale sono le seguenti:
╀ Vanno introdotte delle tasse su scala globale. Includere misure che permettano di generare un livello significativo di fondi addizionali per la protezione dell'ambiente e la promozione dello sviluppo. La soluzione potrebbe essere un consistente approfondimento della tematica su tasse sulle transazioni valutarie e una sulle transazioni finanziarie. Su questo punto c'è un forte disaccordo tra EU e G77, sebbene sia invece auspicabile che quanti più Paesi possibile entrino a far parte del Leading Group on Solidarity Levies.
╀ I Paesi ricchi devono fare del tutto per combattere i flussi finanziari illeciti e i paradisi fiscali, che depredano gli Stati più poveri di una cifra stimata per difetto tra i 500 e gli 800 miliardi di dollari l'anno. Per fare ciò c'è la necessità di un codice di condotta per cooperare contro l'elusione e l'evasione fiscale, l'introduzione del principio del "country by country reporting", secondo cui tutte le compagnie multinazionali dovrebbero essere obbligate a riportare nei propri bilanci i dati economici e finanziari suddivisi in ogni Paese in cui operano e non unicamente in forma aggregata per macroregione come avviene oggi. Una misura che da sola permetterebbe un decisivo salto di qualità nella lotta contro i paradisi fiscali, la corruzione, l'evasione fiscale e la fuga di capitali. Va poi rafforzato il Tax Committee delle Nazioni Unite, trasformandolo in un organismo intergovernativo.
╀ Il debito estero dei Paesi poveri deve essere cancellato, lì dove possibile, altrimenti si deve creare un meccanismo di arbitrato equo, trasparente e indipendente che sia anche in grado di decidere su eventuali casi di debito illegittimo o odioso.
╀ Le politiche commerciali in ambito multilaterale, WTO, e regionale, devono essere ripensate, in un ottica di cooperazione e non di competizione tra i diversi Paesi. L'invito uscito dal G20 per una conclusione rapida dei negoziati di Doha risulta essere assolutamente inopportuno in questo contesto. Da un lato è ormai ampiamente riconosciuto che i benefici in termini di crescita del Pil del dell'attuale Round commerciale della WTO saranno assolutamente inconsistenti, come riconosciuto a più riprese dalla stessa Banca mondiale; dall'altro, sono proprio queste le politiche di liberalizzazione in ambito commerciale e di investimenti adottate negli ultimi venti anni ad aver prodotto conseguenze negative nei Paesi del Sud, esponendoli all'instabilità e alla concorrenza sleale del mercato mondiale. Il caso della crisi alimentare è, da questo punto di vista, emblematico, con la maggioranza dei Paesi poveri divenuti negli anni importatori netti di determinati prodotti agricoli ed alimentari che adesso sono costretti a comprare a caro prezzo.
╀ Tra il 2002 e il 2005 i Paesi donatori dell'area Ocse hanno stanziato 21 miliardi di dollari in media l'anno ad aiuti destinati a promuovere il commercio. Si tratta di una quota considerevole dell'aiuto pubblico allo sviluppo (circa il 34%) che presenta numerose criticità. Da un lato promuove un modello di commercio basato sull'esportazione e quindi funzionale alle proposte negoziali che i Paesi ricchi avanzano in ambito regionale e multilaterale, finendo per diventare l'ennesima condizionalità su aiuti che vincolano l'adozione di politiche di apertura commerciale. Dall'altro, risultano essere non prevedibili, insufficienti, con un impatto marginale o negativo sulle economie locali, che dovrebbero essere la priorità di ogni intervento di sviluppo.
╀ Entro la fine del 2009, sotto l'egida delle Nazioni Unite, deve essere organizzata una nuova conferenza internazionale per rivedere l'architettura finanziaria e monetaria internazionale e le strutture di governance economica globale.
In occasione del Forum della società civile parallelo alla Conferenza sulla Finanza per lo sviluppo di Doha la coalizione italiana 'Help Local Trade' - ha chiesto al Governo italiano di impegnarsi in una revisione strutturale di aiuti al commercio che, nei fatti, non funzionano, o almeno non per coloro per i quali sono stati immaginati. Gli aiuti al commercio non possono fare miracoli ma si potrebbe usarli molto meglio, tenendo conto di sensibilità ed efficacia di esperienze e concetti come il consumo critico, il commercio equo e solidale, le filiere corte, il biologico, i gruppi d'acquisto. L'Italia, in questa direzione può fare la differenza, soprattutto in vista del G8. 'Help Local Trade' è promossa da Centro internazionale Crocevia, M.A.I.S., Mani Tese, Servizio Civile Internazionale, Campagna per la riforma della Banca Mondiale, Fair e FairWatch e ha presentato un 'policy paper' di analisi e sulle buone pratiche di economia solidale.
Luca Manes