Aiuti: Italia ultima in classifica, è tempo di rifondare

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Nel 2004 l'Italia è precipitata all'ultimo posto della classifica dei paesi che, in percentuale sul Pil, devolvono risorse ai programmi di aiuto pubblico per lo sviluppo e la lotta alla povertà: lo dicono i dati ufficiali del DAC (Development Assistance Committee) dell'Ocse riportati dal Rapporto 2005 sulla Cooperazione allo sviluppo presentato oggi a Roma dalla campagna "Sbilanciamoci!". "Ciò significa che non rispetteremo gli Obiettivi del Millennio, mentre in Iraq viene spesa per la missione militare una cifra doppia rispetto ai 600 milioni di euro destinati complessivamente dall'Italia alla cooperazione allo sviluppo" - ha notato Giulio Marcon della Campagna "Sbilanciamoci!".

Se, infatti, nel 2003 l'Aps (Aiuto Pubblico allo Sviluppo) italiano era pari allo 0,17% del Pil, nel 2004 l'Italia è precipitata all'ultimo posto della classifica, scendendo addirittura allo 0,15% - riferisce il Rapporto. L'impegno preso a Barcellona nel 2002 era di raggiungere un rapporto Aps/Pil dello 0.33 % entro il 2006, per il quale sarebbe stato necessario un aumento del 113% dei fondi in 4 anni. Tutte percentuali, comunque, molto lontane dallo 0,7% indicato dalla Banca Mondiale come necessario per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio e già calendarizzato da Francia, Spagna e Gran Bretagna. L'Italia risulta quindi "ultima fra i Paesi dell'Unione Europea - la media del rapporto APS/PIL degli stati membri è salita dallo 0,33% del 2003 allo 0.36% del 2004 - e conquista il primo posto degli inadempienti nella classifica mondiale, sorpassando persino gli Usa, storico fanalino di coda" - osserva il Rapporto.

"Occorre rilevare anche il limite della società civile: non si è fatto abbastanza per promuovere un processo di critica e mobilitazione al fine di denunciare lo stato drammatico della cooperazione italiana" - ha aggiunto Marcon. Chiediamo più risorse e una radicale riforma delle politiche pubbliche allo sviluppo". Concorde Antonio Raimondi, presidente del Vis, che ha proposto di "rifondare la cooperazione" e di pensare alla creazione di un "Ministero per la cooperazione internazionale", che abbia alla base una "proposta seria di riforma". Per Guido Barbera, presidente del Cipsi, "in Italia le ong vengono messe da parte", mentre in Europa le ong "coinvolgono oltre 25 milioni di persone che le finanziano, gestendo complessivamente oltre 6 bilioni di euro, di cui il 56% viene donato da privati". Per Antonio Onorati di Crocevia, tuttavia, occorre una maggiore "trasparenza" da parte del Mae nell'erogazione dei fondi.

Una proposta, quella di Raimondi sulla quale ha concordato lo stesso Giuseppe Deodato, direttore della Direzione generale della Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri: "Sono maturi i tempi per convocare gli stati generale sulla cooperazione italiana finalizzata ad una rifondazione del settore". Per Deodato la cooperazione italiana ha bisogno di una "rifondazione" non solo dal versante governativo ed ha quindi proposto di convocare gli stati generali a cui ha chiamato a collaborare anche le ong, quali espressione della società civilei. L'obiettivo - ha precisato - è la messa a punto di un sistema che veda la "cooperazione come investimento e non, come avviene ora, un fatto benefico che si fa quando si ha qualcosa in più".

Qualcosa comunque va sicuramente cambiato anche nelle modalità di aiuto e di "conteggio degli aiuti" se, come denuncia Action Aid International che nel rapporto "Real Aid" "solo un terzo degli aiuto allo sviluppo stanziati dai G8 arriva ai poveri". Il Rapporto accusa i governi dei Paesi più industrializzati di gonfiare le cifre dei loro stanziamenti contando due volte le cancellazioni di debito estero. In termini di aiuto allo sviluppo reale che arriva a destinazione l'Italia si attesta su una percentuale del 55%, spiega Action Aid: "Ma la scarsità delle risorse che destina, e il basso livello di impegno, la collocano in fondo alla classifica dell'aiuto reale".

Intanto si aprende che, secondo un'indagine del Rapporto 2005 dell'Eures, la maggioranza degli italiani si dichiara favorevole all'introduzione di una tassa di solidarietà non superiore allo 0,5% del reddito. Il 64,5% del campione di dichiara, infatti, favorevole (il 36% ''del tutto'' e il 28,5% "abbastanza") alla introduzione di una nuova tassa di solidarietà (non superiore allo 0,5% del reddito) destinata esclusivamente a sostenere lo sviluppo e l'economia dei Paesi del "Terzo e quarto mondo"; soltanto un intervistato su 5 (20,6%) esprime la posizione contraria (il 10,6% "piuttosto" ed il 10% "del tutto"), mentre il 15% non assume una posizione di merito. [GB]

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