Africa: uno tsunami all'anno, ma può fare da sola

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L'Africa, con i suoi 13 milioni di sfollati - circa la metà di quelli contati nell'intero pianeta - continua a vivere sulla propria pelle crisi gravissime come quella provocata dal maremoto del 26 dicembre 2004 in Asia: lo ha detto a Nairobi l'inviato speciale dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur/Unhcr) Dennis McNamara, dopo una missione sul terreno in Uganda e Burundi. "Nonostante gli sforzi per la raccolta di fondi e l'assistenza di urgenza, gli sfollati africani sono le persone più dimenticate della terra, anche più di coloro che abbandonano il proprio Paese per sfuggire a guerre e persecuzioni" ha detto McNamara, aggiungendo: "Si tratta di persone spesso invisibili, che non hanno alcun sostegno, deboli, senza risorse, abbandonate e non ricevono neanche aiuti nei campi, anche perché non esiste un Alto commissariato Onu per gli sfollati". Secondo McNamara, "l'Africa è colpita diverse volte all'anno da uno 'tsunami silenzioso': se guardate i conflitti in corso, vedrete uno tsunami ogni mese in Congo, Sudan e molti altri Paesi".

Ma "l'Africa deve trovare da sola il cammino per lo sviluppo del continente, perché la soluzione non verrà dall'esterno" - ha replicato il Premio Nobel per la Pace Wangari Maathai, ecologista keniana e vice-ministro dell'Ambiente in visita in Germania ieri in occasione della Giornata mondiale dedicata all'Africa. La fondatrice del movimento 'Cintura verde' per il rimboscamento dell'Africa ha poi ricordato che nel suo continente c'è ancora molto da fare per l'ambiente ma ha sottolineato che la situazione "è migliorata negli ultimi anni". Wangari Maathai, 65 anni, sarà presto nominata ambasciatrice di buona volontà dell'Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura). In questi giorni l'Unesco sta organizzando la 'settimana africana', caratterizzata da manifestazioni artistiche e culturali dedicate al grande continente.

A settembre i leader di tutto il pianeta si riuniranno alle Nazioni Unite per verificare i progressi della 'Dichiarazione del Millennio' e "dovrebbe essere il momento delle decisioni, inclusa un'audace iniziativa per fornire risposte ai problemi dell'Africa" - afferma il Segretario Generale dell'ONU,Kofi Annan, nel suo messaggio per la Giornata Mondiale dell'Africa celebrata il 25 maggio. La data ricorda 42 anni fa quando, mentre il processo di indipendenza dal giogo coloniale era in corso, nacque l'Organizzazione per l'Unità Africana (Oua), primo organismo panafricano dalle cui ceneri nel 2002 è nata l'Unione Africana. Parlando all'Unione Africana Annan stila un bilancio di un continente che, nonostante la 'cattiva stampa' di cui gode o il disinteresse che più spesso lo circonda, continua spedito nel suo cammino. "L'Unione Africana continua a rafforzare le sue istituzioni per la prevenzione, la risoluzione e la gestione dei conflitti. Il processo di consolidamento della democrazia guadagna nuovo impeto e aumentano i paesi che con successo riescono a trasferire il potere attraverso processi elettorali aperti. La 'Nuova Partnership per lo sviluppo africano (Nepad), sia pu lentamente continua a guadagnare terreno, con progressi in vari programmi incluso il meccanismo di 'revisione paritaria' a cui già 25 Paesi hanno volontariamente aderito" - ricorda Annan.

L'Unione Africana nasceva solo tre anni fa, riprendendo le idee centrali dell'Oua ma liberandosi di alcuni limiti - come il principio di non intervento negli affari dei singoli Paesi - che ne avevano in parte paralizzato la crescita. Nel luglio del 2002, 53 Paesi africani presentavano un calendario delle istituzioni che sarebbero seguite alla nascita dell'Unione Africana: un parlamento, una commissione, un Consiglio per la pace la sicurezza e un brigata d'intervento rapido per gestire e intervenire nei conflitti che sconvolgono il continente, ma che soprattutto ne impediscono lo sviluppo. Parlamento, Commissione e Consiglio africani hanno fatto sentire la loro voce sui temi più importanti: sviluppo, lotta alla corruzione, pace, solidarietà, tolleranza religiosa e culturale. Intanto l'economia cresce, favorita anche dalla diminuzione dei conflitti e dal caro prezzo delle materie prime di cui il continente è ricco (a cominciare dal petrolio non Opec), mentre il premio Nobel per la pace è assegnato alla keniana Wangari Maathai.

Restano ancora aperti diversi focolai di violenza nel continente, anche se negli ultimi 4 anni la metà dei conflitti si sono interrotti, tra questi anche le guerre che duravano da più tempo, come in Sudan, Repubblica democratica del Congo, Burundi, Sierra Leone e Liberia, dove sono stati firmati accordi di pace o sono in corso i negoziati". [GB]

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