Riace, dalla narrazione degli eroi alla responsabilità collettiva

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Foto: Pixabay.com

«C’è bisogno di una nuova narrazione, che sia innanzi tutto capace di apprendere dagli errori e dai fallimenti. Rispetto a quella che nutre gli eroi, è una narrazione di senso, incline ad alimentare una responsabilità collettiva e una nuova consapevolezza sociale, che può favorire un ribaltamento valoriale in senso solidale». Con Mimmo, e con tutti coloro che, nella fatica e nelle contraddizioni infinite di un contesto legislativo sempre più complesso, continuano a voler restare dalla parte degli ultimi.

«Mi sono schierato dalla parte degli ultimi, dei rifugiati, mi sono immaginato di contribuire al riscatto della mia terra». Conosco da vicino la sincerità di queste parole di Mimmo Lucano, ho assistito anche io più volte ai gesti di generosità autentica con i quali fino alla fine, e oltre ogni ruolo, è stato sempre pronto e disponibile ad accogliere, sostenere, aiutare, anche a sue personali spese tutti coloro che, da ultimi, riconoscevano e riconoscono in lui un'àncora, talvolta disperata, di salvezza. Ho assistito però anche al vuoto che si è spalancato dietro di lui, al buio su Riace, all'abbandono, anche da parte di chi era sempre presente nei momenti simbolici, nelle marce, nei selfie... per poi scomparire un attimo dopo, nell'attesa della prossima occasione mediatica in cui correre a dichiarare la propria solidarietà al mitico "fuorilegge", nel nome di Antigone addirittura!

Ho conosciuto bene anche chi, nel silenzio e nella più lineare trasparenza, ha avuto l’onere di raccogliere i resti, di contrastare gli attacchi più subdoli e quelli più espliciti, di cercare nuovi sostegni, per tenere letteralmente in vita tutti coloro che improvvisamente si scoprivano orfani e soli. Di tutte le famiglie multicolore che a fatica e per un po' hanno voluto resistere e sopravvivere nel bellissimo borgo dell’accoglienza, che Mimmo aveva saputo “riconfigurare” esaltando con i colori dell’arcobaleno e con il ricordo delle vittime di mafia la bellezza di un centro storico unico nel suo genere. Di quel borgo che era diventato, improvvisamente, il centro del mondo, il simbolo più esaltato: dove però, intanto, era così difficile assicurare a quelle famiglie un’assistenza essenziale, costruire prospettive di lavoro, occasioni di ripresa. Di queste difficoltà Mimmo era sempre più spesso sofferente. Si percepiva a tratti nei suoi occhi un senso di cieca impotenza, dal quale era raro vederlo emergere con il sorriso fiducioso di un tempo...

L'articolo di Massimo Iiritano se due su Vita.it

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