Un luogo di bene

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Grafica a cura di Ayla Parisi

Dice Michele, che di questo podcast e di quelli che verranno è autore, che nella società ci sono un sacco di domande che girano nell’aria. Dice anche che a quelle domande c’e’ sempre risposta, basta saperle cercare. Noi di Unimondo diciamo che domande e risposte bisogna anche saperle raccontare. 
Questi nuovi podcast di Unimondo hanno l’ambizione di fare proprio questo: raccontare. Magari smentendo chi dice e crede che alcune situazioni sociali - parlo di solitudine, libertà, handicap, carcere, solo per citare alcuni casi - abbiano sempre una sola risposta possibile. Noi siamo convinti non sia così.
In questa serie podcast, con la voce narrante appunto di Michele Simeone, che ne è l’autore, andremo a conoscere realtà differenti. Scopriremo chi, attraverso quelle che chiamiamo le “buone pratiche”, propone alternative attive  a destini che sembrano già segnati. 
Sarà un viaggio interessante. Lo iniziamo oggi e, una volta al mese, vi riproporremo una tappa e, quindi, una nuova scoperta. È una nuova avventura, che come Unimondo vogliamo condividere con tutti voi.
Buon ascolto.
Il direttore di Unimondo Raffaele Crocco

Altro Modo. Soluzioni diverse a problemi comuni è un podcast di UnimondoTesti e voce narrante sono di Michele Simeone.
 

Ci sono situazioni, domande e necessità che possono avere una sola risposta possibile, ma è davvero così? In questa serie podcast andremo a conoscere diverse realtà attive per risolvere problemi sociali che, con le loro best practises, propongono un’alternativa a destini che sembrano già segnati.

In questo primo episodio conosceremo la casa di accoglienza Famiglia Materna a Rovereto in provincia di Trento, la cui storia prosegue fino a oggi con il lavoro della fondazione omonima a più di un secolo di distanza, continuando ad accogliere donne, in attesa o con figli, che hanno bisogno d’aiuto.

BUON ASCOLTO: https://www.spreaker.com/user/17285516/ep-1-un-luogo-di-bene

TESTO: In quest’epoca di connessioni e comunicazioni immediate risulta paradossale quanto spesso, anche in maniera vuota, ci troviamo a pensare alla solitudine. 

Per molte persone però può assumere anche contorni più tangibili e non essere solo un vacuo argomento di conversazione, uno spunto per filosofeggiare, ma una condizione, spesso imposta e difficilmente cercata.

Con queste premesse potremmo toccare davvero tanti temi, parlare di una quantità tale di esseri umani da farci dubitare della nostra idea di mondo, ma oggi vorrei raccontarvi di una realtà che nasce agli inizi del secolo scorso dall’incontro di due donne. 

Da una parte c’è una ragazza madre, “pericolate” le chiamavano allora, abbandonata da tutti e disperata. 

Dall’altra Maria Lenner, terziaria francescana che, colpita profondamente dalla situazione, comprende la necessità di creare un luogo per queste donne sole, che non sia “né penitenziario, né convento”, ma che sia una casa, per aiutare, per capire e per accogliere.

Nasce cosi, nel 1919, la casa di accoglienza Famiglia Materna a Rovereto in provincia di Trento, la cui storia prosegue fino a oggi con il lavoro della fondazione omonima a più di un secolo di distanza, continuando ad accogliere donne, in attesa o con figli, che hanno bisogno d’aiuto. 

A.B. “[…] io penso alle facce che abbiamo in mente, la solitudine è una costante nelle loro storie. Sono ragazze molto sole, o perché provengono da paesi stranieri e là hanno lasciato i loro punti di riferimento, oppure perché hanno magari anche i genitori dietro l’angolo, ma hanno delle storie di vita che le hanno portate a non costruire con loro una relazione significativa, perché sono loro stessi delle persone con delle difficolta importanti […]”

A.B. “[] loro qui incontrano tanti stimoli, tante possibilità, ma non vengono giudicate rispetto a quello che sono state o a quello che vogliono diventare, sono libere di fare le loro scelte noi queste le rispettiamo, io penso che questo sia un aspetto molto, molto importante per loro.” 

Con queste parole Arianna Brigo, assistente sociale e coordinatrice del servizio casa di accoglienza, descrive le ospiti e il lavoro nella casa di accoglienza di Fondazione Famiglia Materna.

Ognuna con una storia diversa, solitamente giovani, o giovanissime, a volte in fuga da situazioni di violenza o senza strumenti per costruirsi una vita propria.

Arrivano principalmente grazie ai servizi sociali chiedendo di avere un supporto, oppure tramite un decreto del tribunale dei minori, scegliendo quindi di farsi affiancare nel difficile ruolo di genitore. 

A.B. "Noi facciamo questo pezzo qua, le accogliamo, le facciamo sentire in un luogo in cui possano sentirsi protette e al sicuro, da una situazione di violenza o comunque dalla possibilità di portare avanti la loro gravidanza o crescere il loro bambino in un luogo sicuro, dove vengono sostenute nelle loro capacità genitoriali, il più possibile, delle volte anche un po sostituite dove necessario. Proviamo a aiutarle a crearsi una rete di relazioni, significative [] e poi sopratutto accanto ci mettiamo tutto quello che nobilita il loro potenziale sopratutto come esseri umani, come persone che hanno bisogno di vedersi capaci di fare, di imparare e di produrre anche un benessere economico."

Le ospiti, che perlopiù arrivano da situazioni di emergenza, vengono sostenute e affiancate da un gruppo di professionisti, la cui presenza è assicurata durante tutto l’arco della giornata.

Ci sono anche volontari, che attraverso piccoli gesti concreti (c’è chi tiene d’occhio i bambini, chi cucina o chi mette a disposizione la propria auto per una gita) aiutano ancor di più a costruire una socialità. 

Tutto questo accade all’interno di quattro mura che rispecchiano l’immagine di una casa qualsiasi: un grande appartamento con diverse stanze private ognuna con un proprio bagno, in modo che l’ospite possa avere uno spazio tutto suo, ma anche una grande cucina, adatta ad ospitare tante persone, un salotto e una sala gioco, e una lavanderia con una vasca per i primi bagnetti dei neonati.

Insomma tanti spazi comuni, tanti spazi di condivisione.

A.B. “E  li, in questo spazio normale, in questo grande appartamentone, si condivide tutto.

Si condivide la lista della spesa, si decide un po’ se ci sono delle cose particolari da tenere in conto, se a qualcuno quella settimana va di fare magari un piatto tradizionale del proprio paese. 

Si condivide la cura della casa, quindi le pulizie, perché attraverso questi gesti, i gesti del quotidiano, noi passiamo quelle che sono delle azioni educative, no?

Imparare a prendersi cura di quello che è un bene comune poi diventa il modo anche per imparare a prendersi cura dei tuoi spazi, di quelli che domani saranno i tuoi spazi.

E insieme orientiamo un po’ la routine, e più a lungo raggio il periodo di permanenza della mamma e del bambino, e quindi insieme decidiamo un po’ quali sono le cose più importanti: c’è chi va a fare un tirocinio mentre il bambino è all’asilo nido, c’è chi invece va a scuola, abbiamo una ragazza che si sta diplomando, ne abbiamo un altra che sta facendo un corso professionalizzante, ognuno a poi un po’ le sue attività, c’è chi lavora []

I bambini, noi ci teniamo molto, frequentano i nidi, gli asilo nido e le scuole materne, le scuole elementari del territorio, proprio per favorire il fatto che poi la mamma uscendo abbia la possibilità di essere già agganciata a delle reti informali che possa sfruttare e il bambino stesso sia all’interno di una rete [] 

Attraverso la cultura della condivisione e lo sviluppo delle competenze personali si costruisce un percorso di crescita, in un’ottica di un rientro in società da persone autonome e libere.

Fondamentali per il raggiungimento di questi obbiettivi sono i servizi volti al reinserimento lavorativo, come ad esempio il progetto “Le Formichine”, dei tirocini retribuiti in aziende presenti sul territorio, strutturati sulla base delle risorse e delle difficoltà delle persone coinvolte

La fondazione, ascoltando le necessità delle ospiti, ha inoltre creato altri servizi abitativi a completamento del percorso iniziato nella casa di accoglienza.

Con il servizio Vivere insieme, viene messo a disposizione un altro appartamento situato nella stessa sede della fondazione, dove le donne hanno maggiore autonomia ma anche più responsabilità.

La foresteria sociale invece, consiste in appartamenti indipendenti (ma comunque sempre in contatto con la fondazione) sparsi sul territorio provinciale, con un costo di affitto mediato, fondamentali per la sostenibilità economica di una famiglia in cui il genitore sta cercando o ha trovato da poco un lavoro.

Ecco dunque come la casa di accoglienza non possa essere percepita solo come un punto d’arrivo, ma di ri-partenza.

Un luogo di cura e di crescita personale, un luogo di bene come lo descrive Rossano Santuari, responsabile per l’area di accoglienza e residenzialità.

R.S. “A me piace pensare che fondazione famiglia materna sia un luogo di incontro, di accoglienza e di cura, in un tempo dedicato, quindi un tempo parziale, ma di cura che serva alla crescita della persona secondo tutti i fattori della propria persona, dei propri figli, delle proprie esigenze e ultimamente, a dio piacendo, un luogo di bene[]

Quando appunto per varie situazioni anche le più dolorose, le più sofferenti, si sente che qualcosa si è riuscito a consegnare: un modo di affrontare la vita, un modo di non rimanerci schiacciati, un modo di guardare non con disperazione la vita che oggi insomma abbiamo tutti tra le mani; siamo sempre connessi ma quella solitudine [] è veramente una cosa che stiamo guardando e osservando con attenzione, non lo diciamo solo noi ma è un grande tema sociale, culturale, quindi che nel nostro piccolo possa essere un punto di incontro di qualcosa bello e di bene per la persona ci avrebbe già fatti contenti”

La solitudine è un fenomeno che amplifica problemi già presenti, realtà come Fondazione Famiglia Materna provano a invertire questa tendenza, riempiendo i vuoti attorno alle persone, di qualunque genere essi siano, fornendo un aiuto concreto sotto forma di uno spazio sicuro, condiviso, in cui potersi creare una rete sociale, che possa essere un antidoto alla solitudine.

Quando Arianna mi ha parlato della casa di accoglienza, ha iniziato descrivendomi le diverse stanze e gli spazi comuni, e mi è venuto da sorridere perché mi ricordava una famosa canzone per bambini.

Nonostante la loro sede non sia in via dei matti numero zero, la realtà di Fondazione Famiglia Materna è bella, bella davvero!

Per saperne di più su Fondazione Famiglia Materna potete visitare il sito

Per Fondazione Famiglia Materna hanno partecipato a questa puntata: Arianna Brigo, assistente sociale e coordinatrice del servizio casa di accoglienza e Rossano Santuari, responsabile per larea di accoglienza e residenzialità, che ringrazio per avermi raccontato la realtà di Fondazione Famiglia Materna.

Un ringraziamento speciale va a Emanuela Skulina, responsabile dellarea lavoro presso Fondazione Famiglia Materna, senza la quale questa puntata non sarebbe potuta esistere.

Michele Simeone

Sono Michele Simeone, nato in provincia di Trento nel 1992. Laureato in Tecnologie Forestali e Ambientali all’Università di Padova, ho poi conseguito un master in Gestione e Conservazione dell’Ambiente e della Fauna presso l’università di Parma, assecondando la mia passione per la montagna e la natura. Dopo gli studi ho lavorato per 5 anni in un vivaio a Riva del Garda e ho ritrovato il mio interesse per la comunicazione durante la pandemia di Covid19, avvicinandomi al mondo dei podcast. Con duei amici ho creato Bestiacce, un podcast di divulgazione scientifica in chiave goliardica e per SanbaRadio di Trento ho preparato Terra Terra, un programma in 6 puntate sulla cura delle piante domestiche. Per Unimondo scrivo e registro Altro Modo, il mio primo podcast di giornalismo.

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