PeaceReporter: politica e media scoprono la guerra italiana in Afghanistan

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Due nuovi attacchi, tre militari italiani feriti in Afghanistan: un bersagliere rimasto ferito in una battaglia di oltre cinque ore nella provincia di Farah e due militari feriti a bordo di un blindato a Herat per l'esplosione di un ordigno nascosto su una motocicletta. "Con incredibile ritardo si scopre una realtà che esiste da anni: le truppe italiane stanno combattendo" - commenta PeaceReporter che da tempo ha denunciato l'esistenza di operazioni segrete - vere e proprie azioni di guerra - quando i caveat imposti dal Parlamento erano ben più rigidi di oggi.

Si tratta dell'Operazione Sarissa, "quando squadre di incursori venivano impiegati senza cronache o comunicazioni ufficiali che potessero turbare il dibattito politico del Paese". "I caveat sono stati rivisti, il contingente è aumentato, le critiche interne ai militari dicono cose precise: sono messi in difficoltà dalle limitazioni rispetto alle operazioni che stanno conducendo e sono equipaggiati in maniera spesso errata" - commenta PeaceReporter nel rilanciare le cronache di guerra raccontate dall'inviato Enrico Piovesana.

Mentre si riapre il dibattito sui mezzi militarii impiegati per la tutela dei soldati e si prospetta - soprattutto - l'impego dei Tornado in azioni di combattimento, affiora nel confronto politico la domanda di una ridefinizione degli impegni e dei termini della missione militare italiana.

Nelle scorse settimane, dopo l'uccisione del paracadutista della Folgore caporal maggiore Alessandro Di Lisio e il ferimento di altri tre militari italiani in un attentato nella zona di Farah, in una nota Tonio Dell'Olio commentava: "Non si può pensare ancora che la soluzione possa consistere nell’aumentare l’efficienza di mezzi e strumenti di guerra" e per questo "la risposta del ministro della Difesa è vecchia, superata dai fatti, paradossale". "Otto lunghissimi anni in Afghanistan - continuava Dell'Olio - avrebbero dovuto essere sufficienti a far comprendere che la presenza in armi in quel Paese da parte dell’occidente non solo non è utile a nessuno ma rischia di diventare dannosa o tragica per tutti".

"L’Afghanistan sotto controllo occidentale non ha fatto grandi passi avanti rispetto al medioevo islamico che lo ha caratterizzato per decenni prima che il paese sprofondasse nella guerra" - sottolinea Emanuele Giordana di Lettera22. "A poco più di un mese dalle elezioni presidenziali, l’Afghanistan è misero come lo era durante la guerra. Forse, in certe aree, persino di più rispetto agli anni precedenti l’invasione sovietica" - aggiungeva il giornalista che di recente è tornato da un viaggio nel paese asiatico.

Nei giorni scorsi, segnalando la forte diminuzione degli stanziamenti per gli aiuti allo sviluppo a fronte del costante e rafforzato impegno nelle missioni militari un dossier delle ong di Link 2007 denunciava che il "processo di crescente militarizzazione della presenza e dell’azione del nostro paese all'estero a discapito della cooperazione civile contrasta fortemente in Afghanistan con le valutazioni dei maggiori analisti internazionali che segnalano la necessità di un rapido riequilibrio degli interventi, fornendo innanzitutto le risposte ai bisogni della popolazione e il sostegno ai programmi di ricostruzione infrastrutturale e di sviluppo, senza i quali nessun intervento di stabilizzazione può avere successo". [GB]

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