L’Europa che abbiamo davanti

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Foto: Unsplash.com

Poche parole, a qualche giorno di distanza, giusto il tempo di “prendere le distanze” dalle emozioni o dalla rabbia che queste elezioni europee hanno messo in campo.

Guardando numeri e appartenenze, non mi riesce proprio di pensarla come la maggior parte dei commentatori. 

L’opinione più diffusa è che si, hanno vinto le destre, ma nel complesso “il sistema Europa ha tenuto”, con la possibilità di riproporre la maggioranza che ha governato nell’ultima legislatura. Certo, resta da capire cosa accadrà in alcuni grandi Paesi travolti dal risultato, come la Francia e la Germania, ma sostanzialmente il “pericolo orda nazifascista” è stato respinto.

Questi titoli e argomenti di giornali e media ed è quanto meno bizzarro accorgersi come in queste parole venga negata la realtà. La realtà di un progetto, quello dell’Europa Unita, già affossato da tempo e già, di fatto, sottomesso alle idee del peggior fascismo continentale. Vediamo perché.

Bisognerebbe, ad esempio, ricordare che il “sistema che ha tenuto” non è il progetto di Unione di popoli e idee che aveva animato la creazione dell’Unione Europea. Quello che abbiamo votato per l’ennesima volta è, di fatto, un articolato sistema di potere che tiene uniti interessi di casta e finanziari, non interessi di popolo. La destra estrema – quella militarista, nazionalista, razzista e nazifascista – in questa Europa di caste chiuse e privilegi è l’anima vera, anzi lo strumento occulto, della gestione politica. Ha condizionato – o semplicemente fornito l’alibi a chi governava – ogni scelta essenziale e molte decisioni strategiche. Lo ha fatto imponendo la chiusura ermetica e la militarizzazione delle frontiere, per impedire a chiunque di entrare nella “fortezza Europa”. Ha vinto smantellando il diritto al lavoro, lo stato sociale e allargando la forbice fra i pochi ricchi e i sempre più poveri. Ha imposto e alimentato il mito della sicurezza e della forza, ripescando vecchi nemici, rianimando la corsa al riarmo e alla militarizzazione della società.

L’Europa che abbiamo davanti e a cui apparteniamo non è in alcun modo una Europa unita attorno all’idea del primato dei Diritti Umani. E semplicemente e solo una grande e comodo mercato nelle mani di pochi, un luogo in cui la politica e i diritti reali dei cittadini sono tenuti ai margini, sono di fatto foglie di fico utili a coprire gli interessi di pochi.

L’estrema destra fascista non ha bisogno, in questa situazione, di vincere le elezioni. Ha già vinto la partita della gestione e delle idee, impedendo di fatto il superamento dei nazionalismi e ristabilendo le gerarchie di ceto.

Il voto del 6 – 9 giugno 2024, con i suoi risultati nemmeno clamorosi, ci restituisce questa realtà, esattamente per il fallimento che è. Certo ci sono alcuni elementi interessanti. In Italia, ad esempio, i giovani hanno in larga maggioranza votato chi ha dell’Europa un’idea libera, democratica e moderna. E’ un bel segnale, che ricaccia almeno un po’ più indietro l’incubo di un’Europa “bianca, cristiana e di stati nazionali” che qualcuno vorrebbe realizzare. Se vogliamo avere un futuro come europei, dobbiamo lasciar fare ai giovani. Per loro l’Europa è casa. E’ il luogo ovvio e naturale dove vivere e condividere idee, progetti e speranze. Non è “un sistema da salvare”. È più semplicemente una realtà da vivere quotidianamente.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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