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Italia: sciopero per un' informazione libera
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Dopo lo sciopero di ieri della 'free press' oggi è il giorno dei giornalisti dei quotidiani, dei periodici, delle agenzie di stampa dell'on-line, degli uffici stampa pubblici e privati: rinvio a lunedì 20 giugno dello sciopero dei giornalisti dell'emittenza radiotelevisiva pubblica e privata nazionale e locale. La decisione di rinvio dello sciopero nelle radio e nelle televisioni è determinata dalla delibera della Commissione di Garanzia sulla regolamentazione dello sciopero nei servizi pubblici che ha imposto di far slittare di almeno due giorni l';astensione dal lavoro con una interpretazione restrittiva della legge e del relativo protocollo attuativo. La Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) non condivide la delibera ma è costretta ad adeguarvisi per la minaccia di pesanti sanzioni individuali nei confronti delle colleghe e dei colleghi del servizio pubblico. Per questo la Fnsi chiede alle forze politiche e sociali di riflettere sulle conseguenze negative della legislazione sullo sciopero sull'autonomia delle organizzazioni sindacali.
Ma perché i giornalisti scioperano? In ballo non ci sono solo le pur necessarie migliorie salariali e contrattuali in genere ma la stessa libertà di stampa. "I giornalisti italiani sono infatti in sciopero per una vertenza contrattuale durissima che li contrappone ad una Federazione Editori, ormai senza neppure infingimenti semplice braccio esecutivo e senza autonomia decisionale di Confindustria, che vuole semplicemente distruggere il giornalismo" scrive Giuseppe Mazzarino, vicepresidente di Assostampa di Puglia. "Paradossalmente, le cooperative di giornalisti, che sono strutturalmente povere, seguono con più dignità dei grandi gruppi editoriali (che sono ricchi, anche perché usano spesso i loro giornali per ben altre finalità che non i ricavi di vendite ed inserzioni pubblicitarie) lo svolgersi di fatti e notizie". Usando parole chiare Mazzarino dichiara che i cosiddetti "editori" non fanno l'unica cosa che dovrebbero fare: non investono un centesimo nella professionalità, non assumono giornalisti, non accettano di farli aggiornare e specializzare, come qualsiasi dirigente d'azienda farebbe con i propri professionisti. "No, li vogliono sempre più precari, senza garanzie, con salari deboli e con debolissime, inesistenti possibilità di autonomia, di pluralismo" conclude Mazzarino.
I precari Rai sono circa 600, una massa spropositata a fronte di quasi 1700 giornalisti fissi. Il loro numero è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni. Circa 400 sono impiegati nelle testate nazionali a Roma (230 con più di 600 giorni lavorati) e circa 200 nelle testate regionali (70 con più di 500 giorni lavorati). Professionisti che sgobbano duro ma che in busta paga hanno il 45% meno del pur lauto stipendio di un redattore ordinario. E che hanno sempre una spada di Damocle sulla testa: "Sono precario, speriamo che mi richiamino". Nel 1992 erano sufficienti 500 giorni lavorati per un contratto definitivo. Nel 2000, 1160. Oggi magari non ne bastano 1800. Ciò significa che la Rai ha eletto la precarizzazione a sistema. Fa comodo all'azienda avere una massa di giornalisti senza garanzie, poco tutelati, che si possono lasciare a casa se alzano la voce. E inoltre, ciliegina sulla torta, costano meno, la metà dei giornalisti assunti.
"In questa situazione di emergenza democratica in cui è precipitato in Italia il sistema dell'informazione è stupefacente che l'opposizione non abbia trovato di meglio che accettare una trattativa - peraltro perdente in partenza - su consiglio di amministrazione, presidente e direttore generale della RAI senza mettere sul tappeto una qualunque strategia, forte e chiara, sul futuro di una delle strutture portanti di un sistema democratico degno di questo nome" - senza mezzi termini che Megachip, associazione per la democrazia nella comunicazione che si appella alle forze politiche, sociali e intellettuali del paese a mobilitarsi su pochi essenziali obiettivi tra cui l'opposizione alla privatizzazione palese o mascherata, la "costituzionalizzazione" dell'esistenza di un servizio pubblico, l'abolizione della "legge Gasparri" e riforma degli organi di governo della RAI e l'introduzione di provvedimenti legislativi per la definizione di uno "statuto dell'impresa giornalistica".
Il Consiglio europeo giudica la legge Gasparri sui media e quella Frattini sul conflitto d'interessi incompatibili con le normative degli altri Paesi. L'ennesimo parere negativo è stato espresso dalla Commissione di Venezia", organo del Consiglio d'Europa sui diritti. Di questi nuovi fatti si parlerà nell'assemblea nazionale di Articolo 21 che si terrà presso il Circolo di Montecitorio in Via dei Campi Sportivi a Roma alle 18,00 di Mercoledì 22 giugno. All'ordine del giorno è quello dello stato dell'informazione, della libertà di informazione in questo ultimo anno, ma anche le proposte e le iniziative per superare questo stato di crisi. "Questo ennesimo monito - ricorda l'avvocato Domenico D'Amati del Comitato Scientifico di Articolo21 - va raccolto dalle forze di opposizione che devono mettere a punto un programma di specifici provvedimenti diretti a ristabilire il pluralismo nel nostro Paese". [AT]
Altre fonti: Mega Chip, Articolo 21, Il Barbiere della Sera, Federazione Nazionale della Stampa Italiana