Italia: le riforme costituzionali si fanno online e bastano 5 minuti!

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“Oggi pomeriggio al Senato primo sì alle riforme costituzionali. Un passo avanti per la necessaria riforma della politica. Rispettando i tempi.”

Con questo annuncio, lanciato in rete con un tweet, il Presidente del Consiglio Enrico Letta si felicitava del fatto che il Senato aveva appena votato a favore al disegno di legge costituzionale che prevede l’istituzione di un comitato di quarantadue saggi allo scopo di proporre e quindi varare le cosiddette “riforme costituzionali”. I poteri del comitato, molto ampi, aggireranno le procedure di revisione previste dalla Carta all’articolo 138, giudicate troppo lunghe e complesse rispetto all’urgenza del momento. Occorre cambiare subito, ora. Tempo massimo: 18 mesi. Adesso si fa sul serio.

Quante volte abbiamo sentito questi discorsi. Almeno da quarant’anni. Un periodo di tempo in cui in Italia è successo davvero di tutto – cambiamenti politici, sociali, economici, di costume e di stili di vita – ma sempre abbiamo sentito ripetere che ogni male del paese potrebbe essere risolto con la “grande riforma” della Costituzione. Viceversa il declino ormai trentennale a cui ci stiamo abituando deriverebbe proprio dalla mancanza di questo necessario ammodernamento delle istituzioni. L’anomalia italiana starebbe tutta in questa incapacità di riforma. I presunti “statisti” – da Craxi a D’Alema a Berlusconi – sarebbero quelli che più di altri hanno insistito sulla necessità della profonda revisione della Costituzione. Sarebbero loro i veri riformatori. E in che direzione vorrebbero far andare l’Italia? Sempre nella stessa. Ossia: più potere all’esecutivo, elezione diretta del Capo dello Stato, riduzione dei parlamentari ma soprattutto delle prerogative del Parlamento, già che ci siamo riforma della giustizia e magari (meglio non mettere limiti alla provvidenza) rivedere certi articoli della Carta viziati da un linguaggio troppo pacifista, solidarista, comunitario. Tutto in nome dei valori liberali e democratici. Se veramente si riuscisse a cambiare la Costituzione – così sostengono i fautori della modifica – i problemi dell’Italia comincerebbero a risolversi.

Lasciamo al lettore il giudizio su questo punto. Tuttavia, come scrive Emanuele Lombardi sul suo sito dedicato alla Costituzione: “Sfido chiunque a trovare un collegamento tra Costituzione vigente e delinquenza organizzata (mafia, camorra, ndrangheta...), disoccupazione, evasione fiscale, scarso senso civico degli italiani, disonestà di alcuni politici, eccessiva burocrazia, basso livello culturale generale, poca moralità del Paese, limitata capacità industriale ed imprenditoriale, conflitto di interessi, carceri piene, ospedali che non funzionano”.

Il governo di Letta però vuole la partecipazione popolare e, crediamo per la prima volta nella storia italiana, apre una nuova modalità di consultazione online aperta a tutti i cittadini. Il tentativo, a prima vista alto e nobile, sembra invece una grande presa in giro. Vediamo punto per punto, come si deduce dal sito del governo appositamente costruito.

I tempi. La consultazione è aperta per tre mesi, dall’8 luglio all’8 ottobre. L’estate dunque porterà consiglio agli italiani che diventeranno tutti dei piccoli costituenti sotto l’ombrellone. Facile giocare ai padri della patria. In fondo in Italia siamo tutti commissari tecnici della nazionale di calcio e possiamo anche insegnare al Papa su cosa può predicare. Per essere costituenti poi bastano 5 minuti. Questo il tempo indicato per la prima fase della Consultazione, cioè per rispondere a un questionario online di 8 domande (abbastanza generiche e tendenziose, volte a evidenziare la necessità della riforma). Per i più bravini e interessati ecco la seconda fase: un altro questionario di domande. Questa volta però l’approfondimento è serio: occorrono addirittura 20 minuti di tempo! Si giunge così al “terzo livello”, presentato in maniera fumosa dal sito: esso “si sviluppa attraverso la facilitazione, animazione e gestione di dibattiti fisici e via web (ospitati da università, fondazioni, scuole e altre organizzazioni)”. Staremo a vedere.

L’oggetto della consultazione. Vi ricordate i saggi di Napolitano, definiti da Unimondo come i 10 uomini sulla cassa del morto? Ecco la Consultazione popolare verterà sui “temi indicati dalla Relazione finale del gruppo di lavoro sulle Riforme Istituzionali istituita dal Presidente Napolitano il 30 marzo 2013, fatto salvo per le materie non oggetto di delega di mandato del Ministro per le Riforme Costituzionali. Le domande, per entrambi i questionari, sono raggruppate in 3 categorie: Forma di Governo e Parlamento, Strumenti di Democrazia Diretta e Autonomie Territoriali”. Quindi il testo delle raccomandazioni dei facilitatori di Napolitano verrà passato ai 42 nuovi costituenti che daranno un’occhiata alle opinioni online degli italiani. Questa la procedura ufficiale: “I risultati della consultazione saranno: a) accuratamente analizzati e aggregati in un report, costruito in collaborazione con il Comitato Scientifico e pubblicato online nei giorni successivi alla chiusura; b) acquisiti e analizzati dal gruppo di lavoro del Dipartimento per le Riforme Istituzionali; c) ufficialmente consegnati alla Presidenza del Consiglio. Una volta conclusa la consultazione, i dati da essa generati saranno normalizzati secondo i criteri del segreto statistico e condivisi con licenza CC-BY 3.0 (vedere Note Legali)”. Domande: e se la maggioranza degli internauti volesse l’abolizione dell’articolo 1 cosa facciamo? Li assecondiamo? E se volesse cambiare i colori del tricolore (art. 12) chi potrebbe dire di no? O i colori della bandiera non si cambiano ma via libera a cambiare l’art. 11 (“L’Italia ripudia la guerra….”) ? E chi lo decide?

Trasparenza nella valutazione e nell’elaborazione dei dati. Tutto è garantito, afferma pomposamente il governo. E spiega: “La piattaforma tecnologica è progettata per offrire adeguati livelli di sicurezza nel trattamento e protezione dei dati, nonché standard elevati nella gestione, verifica e aggregazione dei risultati acquisiti. Le criticità tipiche della partecipazione online sono gestite tramite una combinazione di verifiche preventive e successive al procedimento che permettono di minimizzare eventuali interventi inappropriati”. E ancora: “Un Comitato Scientifico, presieduto dal prof. Francesco Profumo e composto da ISTAT e Fondazione Ahref, assicurerà, anche avvalendosi di pareri tecnici, la correttezza della costruzione e dello svolgimento dei lavori dal punto di vista formale, metodologico e tecnico”. In attesa del responso sui “livelli di sicurezza” (che può venire solo da qualche gruppo di hackers), fidiamoci.

Le motivazioni generali. Questa Consultazione nasce da una “prassi consolidata in tutto il mondo”. Dove? Quando? Qualche esempio? Siamo ignoranti ma crediamo che soltanto la piccola Islanda ha compiuto un serio tentativo in tal senso. Ma il governo invita a “guardare al futuro” utilizzando le nuove tecnologie. Questo strumento incentiverà “un’occasione preziosa per contribuire alla formazione di una cittadinanza consapevole e per avvicinare i cittadini alle istituzioni” e “per avvicinare i cittadini, con adeguato supporto, all’utilizzo della Rete per finalità pubbliche, coerentemente con gli obiettivi dell’Agenda Digitale”. Insomma le riforme costituzionali cambieranno il volto del paese. Intanto però l’Agcom nella sua ultima relazione dichiara che più di un italiano su tre (il 37.2%) non ha mai avuto accesso a internet. Un questionario indirizzato solo ai due terzi degli italiani, quindi?

Non crediamo che accada nulla di quanto preventivato. L’intenzione sembra quella di ribadire quanto inculcato da decenni: chi vuole cambiare la Costituzione è (sarebbe) aperto, moderno, riformista, progressista; chi non la vuole cambiare è chiuso, retrogrado, conservatore, reazionario. Magari è solo ancorato ai valori della resistenza e dell’antifascismo. Non sia mai! Questa però sembra la tendenza. Non è un caso che le spinte verso la “grande riforma” siano sempre accompagnate da un’inquietante revisionismo storico, in base a quella che si è chiamata “pacificazione nazionale”, come ricostruito dati alla mano dal libro del professor Giorgio Ieranò “Il ventennio conformista”. E così dai Comitati in difesa della Costituzione lanciati nel 1994 da Giuseppe Dossetti all’associazione “Libertà e giustizia” passando per l’espressione di Benigni sulla “Costituzione più bella del mondo”, chi si oppone alla grande riforma è stigmatizzato e deriso.

Forse è colpa anche del modo in cui si vuole difendere la Costituzione. Occorre cambiare passo presentandoci non più come quelli che non vogliono cambiare nulla, ma che vogliono pienamente attuare la Costituzione. Sulla scia del suo spirito originario: dalla collocazione internazionale dell’Italia alla vocazione a rimuovere gli ostacoli economici e sociali per costruire uno Stato con più opportunità e più uguaglianza. Per tutti. A cominciare da chi non ha accesso a internet.

Piergiorgio Cattani

PS: Il primo a rispondere al tweet del presidente Letta è stato uno dei più validi collaboratori di Unimondo, Giorgio Beretta che ha scritto: @EnricoLetta Confondere la necessaria "riforma della politica" con le non richieste "riforme costituzionali" non le pare un po'... astruso?

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