Iraq: voci di pace per la società civile irachena

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Dopo gli attacchi di domenica scorsa contro le chiese e le istituzioni cristiane molte delle organizzazioni cattoliche hanno preso posizione. La Comunità di Sant'Egidio ha espresso in una nota stampa il suo dolore per gli attentati avvenuti che segnalano l'ulteriore degrado della difficile situazione di sicurezza del paese. "Nel quadro della convivenza delle diverse componenti etniche e religiose irakene, le comunità cristiane rappresentano una risorsa preziosa per costruire un Iraq pacifico" - continua la nota che invita le autorità religiose e agli amici musulmani di adoperarsi per difendere il ricco tessuto di convivenza islamo-cristiana delle loro terre. Anche Paxchristi, che ha contattato i rappresentanti della comunità caldea ha rilanciato un sentimento di perdono volendo associarsi al percorso di nonviolenza dei cristiani iracheni. Per le Acli il nuovo governo provvisorio dell'Iraq non può restare inerte di fronte a questa escalation di violenze. "Questi cristiani morti pagano la loro vita il prezzo di una guerra illecita e sbagliata che gli Usa hanno condotto imbrogliando la comunità internazionale" hanno precisato le Acli invocando l'Onu per un affiancamento al nuovo governo iracheno e i paesi arabi ad inviare truppe per stabilizzare l'Iraq del dopo Saddam.

Da Baghdad è rientrata ieri la delegazione del "Comitato Fermiamo la guerra'' formata fra gli altri da Fabio Alberti di Un Ponte per, don Albino Bizzotto e Lisa Clark di Beati i Costruttori di Pace e Gianfranco Benzi della segreteria nazionale Cgil. La missione, durata una decina di giorni, aveva lo scopo di prendere contatti con le realtà irachene espressione della società civile organizzata, in vista di un possibile incontro da tenersi a Roma fra l'11 e il 14 di novembre. "In otto giorni di incontri con associazioni, gruppi, sindacati e reti di organismi di società civile - spiega Benzi della Cgil - abbiamo avuto una visione ampia della molteplicità di impegno esistente per la ricostruzione della società irachena, nel cammino verso la fine dell'occupazione e per una democrazia che eserciti pienamente la propria sovranità come popolo". "Organizzazioni di donne, di giovani e studenti, di lavoratori, di religiosi - aggiunge Lisa Clark dei "Beati" - si impegnano ogni giorno, a partire dai problemi concreti e dalle necessità delle persone, nella ricerca di una unità irachena che sia capace di tenere insieme tutte le attuali differenze e contrapposizioni. Dai nostri incontri emerge un netto rifiuto della violenza indiscriminata degli attentati e dell'occupazione.".

Secondo un sondaggio in sei città dell'Iraq (Baghdad, Bassora, Mosul, Diwaniya, Hilla e Ba'aquba) commissionato dalla CPA e reso pubblico dall'Associated Press, oltre il 90% degli iracheni vede le truppe Usa come forze di occupazione e solo il 2% come "liberatori". Dai dati registrati tra il 14 al 23 maggio 2004 risulta che il 78% non ha fiducia nella CPA, con un calo di quelli che hanno fiducia dal 47% del novembre 2003 all'attuale 11%. Per il 59% il problema più urgente è la sicurezza a cui seguono l'economia al 16% e le infrastrutture al 15%. Secondo il 70% degli intervistati la cosa che il governo non eletto dovrebbe fare nei prossimi 6 mesi è quella di ordinare alle forze della "coalizione" di lasciare l'Iraq e per un buon 64% disarmare e controllare le milizie dei partiti politici e quelle religiose. Secondo un sondaggi più recente completato il 22 giugno dall'Iraq Center for Research and Strategic Studies di Baghdad - istituto di ricerca che ha il placet della CPA - il 70% pensa che se gli eserciti stranieri rimanessero in Iraq dopo l'insediamento di un governo eletto nel gennaio 2005 gli attacchi contro la polizia irachena e i funzionari governativi aumenterebbero. In vista delle elezioni previste per il gennaio 2005 il 43% voterebbe molto più probabilmente per un partito che chiedesse il ritiro delle forze straniere dall'Iraq e solo il 16% sosterrebbe chi è per la permanenza delle truppe. Ora si capisce perché i risultati di questi sondaggi sono rimasti nascosti al grande pubblico.[AT]

Altre fonti: Osservatorio Iraq, Acli

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