Iraq: nuove foto sui prigionieri scattate dai Carabinieri

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Il Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha ribadito ieri che per ora l'Onu non tornerà in Iraq. "Mi rallegro - ha detto Annan riferendosi alla risoluzione approvata la settimana scorsa - che il Consiglio di Sicurezza abbia indicato che potremo tornare in Iraq se le circostanze lo permettono. Oggi non lo permettono". Annan ha anche detto di essere "estremamente preoccupato" per la situazione in cui si trova oggi l'Iraq. "Sono grato al Consiglio di sicurezza per aver inserito la frase 'quando le circostanze lo permettono' a proposito del nostro ritorno. Oggi le circostanze non lo permettono e stiamo monitorando la situazione molto attentamente" - ha aggiunto. Annan ha inoltre bocciato radicalmente l'idea di rinnovare l'esenzione dei cittadini americani dai ricorsi alla Cpi, la Corte penale internazionale. L'esenzione agli americani scadrà a fine mese: l'anno scorso, per ottenerla gli Stati Uniti ingaggiarono un braccio di ferro con il Consiglio

Va ricordato che ancora ieri almeno 41 iracheni sono rimasti uccisi per l'esplosione di due autobombe, la prima nei pressi di un ufficio di reclutamento della polizia a Baghdad ha causato 35 morti mentre la seconda è esplosa vicino Balad. Si tratterebbe di un bilancio provvisorio che potrebbe aggravarsi con il trascorrere delle ore, dal momento che si contano anche oltre 140 feriti.

Davanti all'ondata di violenza, il governo ad interim sta prendendo in considerazione la possibilità di imporre la legge marziale dopo il trasferimento di poteri il 30 giugno - ha detto oggi il ministro della Giustizia Malik Dohan al Hassan, parlando agli organi d'informazione iracheni. Ieri, dopo le due autobombe che hanno ucciso in tutto 41 persone, il ministro degli Interni Falah Hassan al Nakib aveva affermato che tale misura poteva essere adottata "per perseguire atti terroristici".

Negli Usa, intanto, la Commissione che indaga sui fatti dell'11 settembre ha concluso che "non c'è prova credibile" di una cooperazione tra l'Iraq di Saddam Hussein e al Qaida con l'obiettivo di attaccare gli Stati Uniti. La tesi dell'organo bipartisan del Congresso, contenuta in un rapporto uscito oggi, contraddice quindi la linea seguita negli ultimi due anni dall'amministrazione Bush, che ha giustificato la guerra all'Iraq con i legami tra l'ex raìs di Baghdad e Osama bin Laden. Secondo la Commissione, il leader di al Qaida sondò il terreno per una possibile collaborazione con Saddam Hussein, incontrando un responsabile dell'intelligence irachena in Sudan nel 1994 e chiedendogli armi e "spazi per campi di addestramento, ma l'Iraq in apparenza non si rese mai disponibile". E i contatti tra il regime iracheno e al Qaida avvenuti dopo il ritorno di bin Laden nell'Afghanistan dei Talebani "non sembrano aver fruttato alcuna relazione di cooperazione. Due stretti collaboratori di bin Laden hanno categoricamente negato che esistessero contatti tra al Qaida e l'Iraq", si legge nel rapporto. La Casa Bianca, l'ultima volta lunedì per bocca del vicepresidente Dick Cheney, ha ripetuto per due anni che tra al Qaida e Saddam Hussein esisteva un rapporto. La tesi di Washington è sempre stata messa in dubbio dalla gran parte degli osservatori, che fanno notare come l'ex raìs ora in mano agli Usa sia sempre stato uno strenuo oppositore del fondamentalismo islamico. L'ossessione di voler tracciare un collegamento tra l'Iraq e al Qaida è stata confermata anche da Richard Clarke, l'ex numero uno dell'antiterrorismo Usa che si è dimesso nel gennaio 2002, nel suo libro "Against all enemies".

Vanno inoltre segnalate dopo le dimissioni nei giorni scorsi del direttore della Cia George Tenet, quelle del comandante in capo delle forze Usa in Iraq, generale Ricardo Sanchez coinvolto nelle torture.

In Italia, l'Unione Nazionale Arma dei Carabinieri (Unac), pubblica oggi sul suo sito internet, all'indirizzo www.unionecarabinieri.it, alcune fotografie inedite che testimoniano il trattamento subito da cittadini iracheni in stato di fermo o appena arrestati.
Le fotografie sono state consegnate da alcuni carabinieri appena rientrati in Italia dall'Iraq. Gli iracheni ritratti nelle immagini sono stati succesivamente rinchiusi nel carcere di Nassirya. Le foto testimoniano il "particolare trattamento a cui venivano sottoposti i fermati ed arrestati, poi rinchiusi nel carcere di Nassirya e sulle cui condizioni, come da altrettanto foto quivi pubblicate non vi erano dubbi. Tutti sapevano e tutto avveniva anche alla presenza di italiani che vedevano e riferivano a Roma", dice il sito dell'Unione Carabinieri.

Le immagini mostrano anche le terribili condizioni in cui versavano i prigionieri nel carcere di Nassirya. Gli autori delle fotografie, tutti carabinieri, le hanno consegnate all'Unca e, afferma l'Unione, le hanno "certamente inviate anche ai comandi arma e difesa in Italia. Si denota un ammassamento in situazioni igieniche precarie, con segni di torture sui detenuti". [GB]

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