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Aiuti internazionali aumentati nel 2023 (ma grazie ai dati gonfiati)
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Foto: Anna Shvets da Pexels.com
È dalle macerie della seconda guerra mondiale che l’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, ha tentato di operare per dare una vita migliore agli europei prima e al resto del mondo poi. Collaborazione intergovernativa e aiuto allo sviluppo sono le pietre miliari di un’azione che l’OCSE continua attentamente a monitorare, supportare e comunicare attraverso i propri canali. In questa chiave, i nuovi dati OCSE sull’aiuto globale del 2023segnano il raggiungimento del massimo storico di 223,7 miliardi di dollari, in aumento rispetto ai 211 miliardi di dollari dello scorso anno. Si tratta del quinto anno consecutivo in cui l’Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) stabilisce un nuovo record (+1,8% in termini reali) determinati dalla ricostruzione post pandemia di Covid-19 e dalla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina. Nel 2023 gli aiuti all’Ucraina, al terzo anno di conflitto armato, sono aumentati del 9%, raggiungendo i 20 miliardi di dollari, compresi 3,2 miliardi di dollari di aiuti umanitari. Nel 2023 è aumentato anche il flusso di aiuti alla Cisgiordania e a Gaza, con stime preliminari che indicano un aumento del 12% rispetto al 2022, per raggiungere 1,4 miliardi di dollari. Molto dipenderà dall’evoluzione del conflitto attualmente in corso in Medioriente. A livello globale, gli aiuti umanitari sono aumentati del 4,8% nel 2023, raggiungendo i 25,9 miliardi di dollari.
C’è però un’altra voce di spesa indicata come aiuti internazionali che crea da alcuni anni profonde perplessità nel settore. Per 7 dei 31 Paesi Dac, i costi dei rifugiati all'interno dei Paesi donatori rappresentano nel 2023 più di un quarto del loro aiuto pubblico allo sviluppo. Ad esempio in Italia quasi un terzo dell’aiuto internazionale (il 27%, pari a 1.609 milioni di euro) resta nel Belpaese, impiegato per far fronte ai costi dell’accoglienza dei migranti che gravano sul bilancio della cooperazione allo sviluppo; si tratta, dunque, di fondi non realmente destinati ai Paesi impoveriti del pianeta. Già nel 2022 il conteggio globale delle risorse destinate ai rifugiati nei Paesi donatori aveva superato i 31 miliardi di dollari, con una crescita pari al 147% rispetto all’anno precedente.
Una vera e propria frode, secondo le analisi di molte organizzazioni della società civile, in primis Oxfam, che denunciano come stanno operando i Paesi Dac (Development Assistance Committee), ovvero quel Comitato di 31 Stati interno all’OCSE che indirizza le politiche di cooperazione allo sviluppo, individua i comuni obiettivi e definisce gli standard degli interventi da realizzare. Anche l’Italia e l’Unione Europea sono membri dei Paesi Dac. I dati OCSE evidenziano, inoltre, che i Paesi Dac hanno investito in media in aiuto pubblico allo sviluppo lo 0,37% del PIL, una percentuale di gran lunga lontana da quello 0,7% del PIL che l’Organizzazione delle Nazioni Unite si è posta come obiettivo entro il 2030. Tra i membri del Dac, solo cinque Paesi - Danimarca, Germania, Lussemburgo, Norvegia e Svezia - hanno superato l’obiettivo dello 0,7%; l’Italia langue al 21° posto dopo Polonia, Estonia e Lituania. I maggiori fornitori di aiuti in termini di volume risultano Stati Uniti, Germania, Giappone, Regno Unito e Francia. Nel 2023, dei 31 Paesi membri del Dac, gli aiuti internazionali sono risultati superiori in 14 Paesi e inferiori in 17, in molti casi a causa dei minori costi di gestione dei rifugiati e, in alcuni casi, dei livelli inferiori di prestiti internazionali erogati.
Di fronte a questa situazione pressoché passata sotto silenzio dei media, 24 enti tra organizzazioni e reti della società civile nazionali e locali si sono unite nel progetto “Cooperazione: mettiamola in Agenda! - Giovani e territori per l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo sostenibile” per contribuire a migliorare le conoscenze e le competenze dei giovani, e grazie a loro dell’opinione pubblica e dei decisori politici, per promuovere il ruolo fondamentale e catalitico dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile stabiliti dall’Agenda 2030. Attraverso il progetto, si intende rilanciare la cultura, il valore della cooperazione internazionale per lo sviluppo sostenibile, il raggiungimento dello 0,7% del reddito nazionale lordo per l'assistenza ufficiale allo sviluppo e, più in generale, la riduzione delle disuguaglianze nell’accesso alla salute, all’educazione e nella difesa dell’ecosistema a livello globale.
Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.