Il crepuscolo dell’esercito afgano

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Foto di Andrea Noboa 

 Possibile che un esercito di 200mila uomini si sciolga come neve al sole? Quando l’Urss lasciò l’Afghanistan, Kabul resistette tre anni. Adesso? Chi se lo aspettava? “Molti militari se lo aspettavano – dice Gastone Breccia, autore di diversi libri di storia militare del Paese – ma non potevano dirlo. Quanto all’addestramento, è stato fatto bene ma con un grosso neo: noi – dice l’autore di “Missione fallita” (Il Mulino) – mandiamo avanti gli altri, non perché non sappiamo più combattere ma perché la politica lo impedisce: per evitare morti pesanti sul piano elettorale. Ciò ha fatto sentire il soldato afgano carne da cannone. E poi – aggiunge – più che la nostra dipartita ha pesato la mancanza dell’appoggio logistico, fondamentale per i rifornimenti e il sostegno ai combattenti”, cui vanno aggiunti i furti di benzina, le paghe di soldati solo sulla carta, la corruzione e la mancanza di uno Stato in cui credere: “Quando i Talebani arrivano trattano. E se la tua motivazione non è abbastanza forte, accetti la resa e se puoi torni ai tuoi campi”.

Per tentare di spiegare cosa abbia giustificato un’ascesa tanto rapida delle conquiste talebane, ormai al controllo di oltre la metà delle capitali provinciali e delle città più importanti, il dito viene puntato sia sulla debolezza dell’esercito afgano (soldati “fantasma”, incapacità di agire in autonomia, corruzione, diserzioni) sia su quella dell’esecutivo i cui errori sono sotto gli occhi di tutti a cominciare da Ashraf Ghani, il Presidente, che ha voluto tenere accentrato il comando evitando di accettare di non essere più lui alla guida: né ora né in un governo di coalizione con la guerriglia. Ghani ha anche imposto alle province uomini suoi come governatori, spesso invisi ai locali, come nel caso di Daud Laghman, governatore di Lashkargah (arresosi e poi arrestato) che prima era stato imposto a Faryab, zona di cui non conosceva nemmeno la lingua locale. Cattiva scelta forse anche puntare solo sulla difesa delle città, abbandonando avamposti e medie cittadine anche se viene da chiedersi quali siano i numeri reali di un esercito che sulla carta, tra soldati e poliziotti, doveva contare su almeno 300mila uomini. Viene anche da chiedersi quanto abbia funzionato un addestramento durato vent’anni e se i militari (Usa, Nato) non avessero previsto quel che ora vediamo (come ora ammettono).

Emanuele Giornata, Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo)

SEGUE SU: www.atlanteguerre.it

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