Martedì 31 maggio: Giornata delle Fasce Bianche

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GIORNATA INTERNAZIONALE DELLE FASCE BIANCHE a TRENTO 31 MAGGIO 2022 – ore 18.00. MANIFESTAZIONE NEL CHIOSTRO DEL CENTRO PER LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE. VIA SAN MARCO

Un rito che ripetiamo. Un rito che abbiamo fatto diventare punto fermo, ricordo, grido di ribellione. Un rito che vuole tenere vivi nomi dimenticati, persone uccise e gettate in un angolo della memoria. Ci saremo anche quest’anno per la Giornata Internazionale delle Fasce Bianche. Saremo come sempre in silenzio. Saremo come sempre in un luogo pubblico. Saremo come ogni anno fermi. Reciteremo i nomi di quei 102 bimbi morti in una guerra senza senso, nella Bosnia così lontana nel tempo e nella memoria. Avranno i nomi dei bambini morti in silenzio – senza ricordo – nelle guerre in Siria, nello Yemen, in uno di 34 luoghi dove si combatte. Avranno, quest’anno, anche i nomi dei bambini ucraini uccisi dalla criminale aggressione russa.

Saremo in piazza con le nostre fasce bianche, perché i segni della discriminazione, dell’ingiustizia, della disuguaglianza, dell’orrore, sono uguali ovunque. Lo faremo assieme a tutte le città che in Regione, in Italia, nel Mondo hanno deciso di dedicare quel momento del 31 maggio al ricordo. Sono più di 80 le città del Mondo che con Prijedor, in Bosnia, vogliono ricordare cosa accade quando una guerra finisce e non arriva la pace. Nella Bosnia di oggi, che vuole entrare nell’Unione Europea, la pace è lontana. I giovani sentono raccontare storie differenti, intrise d’odio, rancore, bugie. Si educa alla divisione. La ricchezza non è distribuita equamente. La democrazia resta un miraggio. Queste fasce bianche sono un buon modo per ricordare le nostre responsabilità. Sono un’ottima ragione per costringerci ad un impegno: costruire la pace ovunque. Non perché siamo buoni, ma perché è la cosa migliore e più intelligente da fare. Perché ci riguarda!

Quella nostra fascia bianca

Un commento sui trent'anni che ci separano dala strage di Prijedor

di Edvard Cucek

Trent’anni fa una giunta militare guidata dai serbo-bosniaci aveva preso il potere in tutta la municipalità di Prijedor (Bosnia nord occidentale) dopo aver rovesciato il governo legalmente eletto alle prime elezioni democratiche della Bosnia Erzegovina indipendente. Ai cittadini non serbi della municipalità di Prijedor venne imposto di segnare le proprie case con un lenzuolo bianco e quando uscivano di casa di indossare sul braccio una fascia bianca. Fu il primo passo verso la pulizia etnica che si scatenò di lì a poco… Questa è la storia.

E’ una storia che parla di tre campi di concentramento nella zona di Prijedor: Keraterm, Omarska e Trnopolje. Civili uccisi 3176, di cui 256 donne e 102 bambini. I dati non sono definitivi. Definitivo è che per il momento quelle persone non hanno una dignità nemmeno da morti. Una lapide. Un monumento. Un posto dove poter lasciare i fiori almeno quando i resti della vittima non sono ancora stati identificati e sepolti. Il 31 maggio di ogni anno, partendo dal 2012, quelli che hanno subito questa discriminazione commemorano questa data. I sopravvissuti ricordano i loro morti. Gli altri dicono che non è mai successo e negano. Da dieci anni ormai cercano di ostacolare qualsiasi processo che potrebbe portare finalmente alla condivisione della memoria e a una riconciliazione così auspicata. Una pace giusta.

E oggi come vivono i cittadini di Prijedor? Da quelle parti non arrivano soltanto le brutte notizie. La Prijedor di oggi è anche la città del premiatissimo scrittore, attore e drammaturgo Darko Cvijetić che nel Mondo porta qualche spiraglio della luce bosniaca. Con sorriso e con orgoglio. E tanti giovani sportivi tra cui mi viene in mente Marija Gnjatić straordinaria giovane speranza di tennistavolo i cui successi fanno parlare della Bosnia nel resto del Mondo come di un Paese dove esiste anche altro. Lo sport, la vita…

Ecco, appena di quella città cominciamo a pensare come di un luogo che sta diventando tollerante e vivibile sulla scena torna la nefasta politica locale. Ci arriva la notizia che il Vicesindaco di Prijedor Žarko Kovačević 
invece di fare gli auguri di Pasqua ai suoi, pochissimi rimasti, concittadini di religione cattolica li offende dicendo che disdegna i “vaticanisti” e di “quello che hanno fatto al popolo serbo bosniaco durante la Seconda guerra mondiale”. E che la Bosnia per il Vaticano, secondo lui, è ancora Terra Misionaris”. Il tutto sulla sua pagina Facebook ufficiale. E poi non si dimette. Rimangia quello che ha detto ridicolizzando sé stesso. Il Sindaco di Prijedor Slobodan Javor prende le distanze da quella dichiarazione ma non chiede le sue dimissioni. Non sostiene nemmeno la richiesta della cittadinanza delle dimissioni del Vicesindaco. Non permette nemmeno di inserire la richiesta nel ordine del giorno della Giunta comunale.

Non basta.Arriva un’altra notizia di pessimo gusto. Una associazione dei giovani molto vicina al partito della maggioranza di nome Princip (Il nome che evoca e glorifica il famoso attentatore all’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo e sua moglie Sofia, Gavrilo Princip), avanza la richiesta di voler organizzare la festa di compleanno del Primo ministro ungherese Viktor Orban e del proprietario di un canale televisivo molto popolare con la sede in Serbia di nome Pink TV. Proprio nella stessa data e stessa piazza in cui i cittadini di Prijedor ricordano le loro vittime innocenti.

Scompare il tutto buono e in primo piano torna una città, non molto distante da noi, che ha ordinato ai propri cittadini di marcarsi di bianco per essere eliminati dopo. E Prijedor torna ad essere una città ferita. Ora come trent’anni fa fasciata completamente, con quella fascia bianca della vergogna che appartiene anche a noi. Ai nostri tempi e alla nostra civiltà. Quella fascia bianca che copre una città e tutta la Bosnia ed Erzegovina è anche nostra. La nostra vergogna bianca. La ricordiamo e la neghiamo. E quest’anno è il decimo anniversario del ricordo del dolore e della “gioia” di negare. Noi non possiamo fare molto. Ma possiamo anche nel 2022, trent’anni dopo le tragiche vicende di quella cittadina bosniaca, ricordare le fasce bianche di Prijedor e tutte quelle invisibili. Che indossa il nostro vicino, parente o amico. Perché ci riguarda. Siamo esseri umani…

Da Atlanteguerre.it

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