La solitudine dell’Ucraina cresce

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Foto: Pixabay.com

Il presidente Volodymyr Zelensky ha detto “io resto”. Lo ha detto a brutto muso e non è un passaggio secondario in questa guerra che Putin vorrebbe lampo contro l’Ucraina.

L’obiettivo vero dell’operazione, dicono gli analisti, sarebbe proprio lui, Zelensky, comunque simbolo di un governo che Mosca sente nemico, perché troppo vicino all’Europa e troppo lontano da quella neutralità da vassallo che Putin vorrebbe.

I russi attaccano l’Ucraina e Kiev da metà settimana. Non possono giustificare la guerra con la scusa di difendere le due autoproclamate repubbliche secessioniste del Donbass. Aerei e artiglieria stanno colpendo troppo lontano da quelle terre per poter sostenere che l’intervento serve a definire il futuro confine dei sepratisti.

E’ un attacco in profondità quello di Putin, mirato, preparato con cura sul piano militare e sorretto da un progetto politico passato per l’alleanza strategica con la Cina. Il presidente russo vuole ridefinire i confini con la Nato, ricreare la Grande Russia zarista e, nel contempo, alzare il peso specifico della Russia sulla scena mondiale.

Per farlo ha scelto di scatenare la guerra. I combattimenti, in questi giorni, proseguono durissimi. Dopo le prime 24 ore si parlava già di almeno 140 soldati ucraini morti e 300 feriti. I caduti russi sarebbero almeno 800, con perdite pesanti anche in termini di mezzi: 130 veicoli corazzati, 30 carri armati, almeno sette aerei abbattuti. Anche fra i separatisti le vittime sarebbero centinaia.

L’esercito ucraino resiste, come chiede il presidente che non abbandona la capitale ormai assediata.  "Forze nemiche di sabotaggio sono entrate a Kiev, ma io resto qui', ha spiegato. “Anche se la Russia mi ha identificato come obiettivo numero uno e i miei familiari come obiettivo numero due, io non me ne vado”. Poi, ha attaccato Europa e Stati Uniti: “Il destino del Paese - ha detto - dipende dai nostri soldati e dal nostro popolo. L'Ucraina è stata lasciata sola a combattere la Russia. Chi è pronto a combattere con noi? Non vedo nessuno. Chi è pronto a dare all'Ucraina una garanzia di adesione alla Nato? Tutti hanno paura". 

Parole durissime, che rimbalzano sull’indignazione manifestata da Washington e dalle cancellerie europee. Gli Usa si dicono pronti ad accettare profughi ucraini, con le truppe americane che aiuteranno i Paesi europei a trasportare i rifugiati. Biden si è detto sdegnato per quanto accade e ha varato una serie di sanzioni economiche che dovrebbero - ha detto - piegare Mosca nel medio periodo. Poi, insieme all'Albania, ha chiesto il voto in Consiglio di Sicurezza Onu sulla bozza di risoluzione che condanna l'aggressione della Russia. Si rischierano uomini e truppe. I soldati nato presidiano i confini con la Russia nei Paesi Baltici, in Polonia. Gli aerei pattugliano i cieli dell’Est Europa. Intanto, Svezia e Finlandia stanno seriamente pensando di entrate nella Nato e Putin rialza il tiro, torna a minacciare: ”Conseguenze molto serie se questo accadrà”, ha dichiarato.

Intanto, si segue la strada delle sanzioni. Sono state bloccate le forniture tecnologiche e industriali, sequestrati i conti di oligarchi e imprenditori russi, proibito il commercio con le repubbliche separatiste. Non è stata però esclusa Mosca dal sistema internazionale bancario SWIFT, che consente i pagamenti. E non è stato in alcun modo trattato il gas, che resta fuori dalle sanzioni.

Una scelta che molti hanno giudicato troppo morbida, di facciata. La solitudine dell’Ucraina cresce e le accuse al Mondo di Zelensky restano senza risposta. Lui resta nella capitale, con il paese mobilitato. Tutti gli uomini fra i 18 e i 60 anni sono in allarme: la guerra lampo di Putin potrebbe durare molto, molto più tempo di quanto il presidente russo immaginasse.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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