La difficile costruzione della pace in Venezuela

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“La maggior parte della stampa straniera ha descritto in maniera distorta la realtà del mio paese e quello che si è sviluppato attorno agli eventi e quelli che protestano hanno un obiettivo chiaro: l’espulsione incostituzionale del governo democraticamente eletto”: parole del presidente del Venezuela Nicolas Maduro dal suo editoriale sulla prima pagina del New York Times del primo aprile scorso. Da febbraio le manifestazioni antigovernative si sono diffuse in tutto il Paese, anche a Caracas, per protestare contro gli altissimi indici di violenza, l’inflazione galoppante (ormai al 50%), i frequenti e prolungati blackout elettrici e la scarsità di numerosi prodotti di prima necessità.

Si accusa inoltre il Partito Socialista Venezuela (Psuv) guidato da Maduro dell’estensione di politiche particolarmente illiberali e restrittive delle libertà civili; da settimane alcune organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani hanno confermato le accuse delle opposizioni attestando episodi di torture, detenzioni arbitrarie e ulteriori restrizioni alle attività della stampa anti-governativa. “Il paese corre il rischio di cadere in una spirale di violenza a meno che non siano intraprese iniziative per portare le parti in conflitto intorno al tavolo” tuonava la direttrice della sezione americana di Amnesty International, Erika Guevara Rosas, alla fine di marzo dinanzi ai 40 morti e ai più di 500 feriti registrati dall’inizio delle proteste. Tutte accuse respinte da Maduro e dalla compagine governativa che attribuiscono la responsabilità per almeno la metà degli episodi agli stessi manifestanti.

Suscitano ulteriore clamore a livello internazionale alcuni episodi di dubbia democraticità. L’accusa di “ostilità” verso gli interessi del Venezuela ha comportato la rimozione dal suo incarico di deputata dagli scranni dell’opposizione di María Corina Machado, rea di avere fatto alcune critiche contro il governo venezuelano a una riunione dell’Organizzazione degli Stati Americani. Un altro avvenimento che è stato particolarmente discusso ha visto l’iniziativa dell’Associazione colombiana Editori di Giornali e Media (Andiarios) fornire ai quotidiani venezuelani antigovernativi, colpiti dalle politiche restrittive del governo, tonnellate di carta necessarie a stampare i giornali. Non stupisce che sulle fiancate delle navi sia stato scritto “Tutti siamo Venezuela” e “Senza libertà di stampa non c’è democrazia”.

Probabilmente la rapida involuzione della situazione ha indotto lo scorso 10 aprile a un primo incontro “per la pacificazione” tra governo e opposizione a due mesi dall’inizio delle violente proteste e d’insulti a distanza tra le parti. Maduro faccia a faccia con Henrique Capriles, il candidato alla presidenza che ha battuto per pochi voti alle elezioni dell’aprile 2013, e con altri capi dell’opposizione, nonché alla presenza dei ministri degli Esteri di Brasile, Colombia ed Ecuador. All’incontro mancavano però i rappresentanti di Voluntad Popular, Alianza Bravo Pueblo e Proyecto Venezuela, ovvero i partiti dell’opposizione più radicale, e inoltre gli studenti che, dalla strada, hanno già fatto sapere che le manifestazioni continueranno. Nonostante le premesse, i toni dell’incontro sono stati molto duri e non hanno condotto a nulla di concreto. Se Maduro ha detto di non poter tradire lo spirito del “chavismo” facendo concessioni all’opposizione, Capriles ha chiesto al presidente come pensava di uscire da una situazione politica in cui metà della nazione gli è apertamente ostile.

Vista la complessità della situazione, le parti più dialoganti dei due schieramenti hanno chiesto la mediazione della Santa Sede per individuare una pacifica via d’uscita a un caos che rischia di far sprofondare il Venezuela in una guerra civile. Il Vaticano può contare sia sulla figura dell’attuale Segretario di Stato Pietro Parolin, sino a poco tempo fa nunzio a Caracas dove aveva ottimi rapporti con entrambi gli schieramenti, sia sull’esperienza raccolta a Cuba, date le evidenti similitudini al Venezuela di oggi. È stato dunque il nunzio apostolico vaticano a Caracas, mons. Aldo Giordano, a fare le dichiarazioni più concilianti all’incontro, leggendo un messaggio di papa Francesco che auspica una soluzione pacifica all’attuale crisi in quanto “la violenza non conduce mai alla pace e al benessere, ma genera solo violenza. Tramite il dialogo potrete riscoprire la base comune e condivisa per superare il conflitto e la polarizzazione che ferisce il Venezuela, al fine di trovare forme di collaborazione nel rispetto e riconoscimento delle differenze tra le parti.

È evidente il tentativo della Santa Sede di facilitare il dialogo e la pace nel Paese, su richiesta di entrambe le parti, per parlare anche di temi sensibili quali “i prigionieri politici, gli studenti e le loro mobilitazioni pacifiche, gli attacchi ai diritti civili e sociali dei venezuelani”, come sollevato da Ramon Guillermo Aveledo, leader d’opposizione dell’alleanza Mesa de Unidad Democratica. Un dialogo nazionale che sembra purtroppo mancare di quei presupposti di legalità costituzionale in parte svaniti in questi ultimi mesi della presidenza Maduro per il totale asservimento del potere giudiziario e delle forze armate in particolare. Il secondo appuntamento per la pacificazione è fissato domani, 17 aprile, per cambiare rotta ed evitare una soluzione violenta della crisi che attraversa il Venezuela.

Miriam Rossi

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