www.unimondo.org/Guide/Guerra-e-Pace/Riconciliazione/India-musulmani-a-rischio-genocidio-226633
India: musulmani a rischio genocidio
Riconciliazione
Stampa

Foto: Pixabay.com
«Ho predetto il genocidio in Rwanda e ora vi avverto che lo stesso potrebbe succedere in India»: con queste parole Gregory Stanton, presidente e fondatore di Genocide Watch– una onlus che si occupa di prevenire, fermare e punire atti di genocidio e altre forme di omicidi di massa – ha concluso il suo intervento al briefing del Congresso degli Stati Uniti co-sponsorizzato da 17 organizzazioni interreligiose e per i diritti umani.
Secondo Stanton, il genocidio non è un evento isolato, ma un lento processo di classificazione, di costruzione del nemico, di de-umanizzazione dell’altro, e ha tracciato parallelismi tra le politiche perseguite dal primo ministro Narendra Modi in India e le politiche di discriminazione messe in atto dal governo del Myanmar contro la minoranza musulmana dei Rohingya a partire dal 2017.
Musulmani in India: una storia di discriminazione
Genocide Watch aveva parlato per la prima volta di genocidio in India nel 2002, l’anno delle violente rivolte anti-musulmane e dei massacri su base settaria nello stato del Gujarat che fecero oltre 1.000 morti. «A quel tempo, il governatore dello stato era Narendra Modi (attuale premier, ndr) e non ha fatto nulla per fermare le violenze», ha detto Stanton nel suo intervento. A distanza di una settimana, ha anche chiesto al Congresso di passare una risoluzione ad hoc.
Al briefing del Congresso americano, gli esperti di Amnesty International Usa e Genocide Watch hanno affermato che le politiche islamofobe portate avanti dal primo ministro indiano Narendra Modi, il silenzio e la tolleranza nei confronti dell’incitamento al genocidio dei musulmani da parte di gruppi di estremisti hindu stanno spingendo l’India verso violenze di massa e massacri nei confronti della minoranza musulmana. Genocide Watch aveva già emesso un’allerta per gli stati di Assam e Kashmir.
Tra le politiche citate, la revoca dello statuto speciale del Kashmir – che nell’agosto del 2019 è stato privato dell’autonomia relativa di cui, per settanta anni, ha goduto l’unico stato a maggioranza musulmana d’India – e, in quello stesso anno, in dicembre, l’emendamento alla legge sulla cittadinanza, che ha concesso una via preferenziale per accedere alla cittadinanza a tutte le minoranze religiose residenti in India, ad esclusione di quella musulmana. Una legge che ha scatenato un movimento di protesta, trasversale e compatto, in tutto il paese, poi represso con violenza...