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Il secondo tempo
Riconciliazione
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Grafica a cura di Ayla Parisi
ALTRO MODO. Soluzioni diverse a problemi comuni è un podcast mensile di Unimondo, un progetto di Fondazione Fontana Onlus. Testi e voce narrante sono di Michele Simeone. Grafica a cura di Ayla Parisi. Musica di BoDleasons, tratta da Pixabay con licenza Pixabay.
Questo mese parliamo della cooperativa sociale L’Arcolaio, che partendo da un laboratorio di panificazione all’interno della casa circondariale di Siracusa è riuscita a dare lavoro nei suoi più di vent'anni d’attività a circa 500 persone, tra detenuti e lavoratori svantaggiati. Per L’Arcolaio hanno partecipato: Maksim Coshman, responsabile di produzione del progetto Dolci Evasioni e Giuseppe Pisano, presidente della cooperativa sociale L’Arcolaio.
BUON ASCOLTO: https://www.spreaker.com/episode/il-secondo-tempo--60254946
Il secondo tempo
L’articolo 27 della Costituzione italiana è chiaro: la pena carceraria non deve essere solo afflittiva, ma tendere alla rieducazione del detenuto e quindi al suo reinserimento nella società.
Questo dettame oggi sembra però sopraffatto da una quantità di problemi diversi, tra i più evidenti il sovraffolamento delle carceri e il sottodimensionamento del personale carcerario, che a cascata creano problemi sempre più gravi e rendono più difficile perseguire gli interessi della Costituzione, la quale ricordiamo stabilisce anche come la pena non debba mai essere contraria al senso di umanità.
Una delle modalità per intervenire sul problema del sovraffolammento è tentare di ridurre la recidiva, ossia la possibilità che chi ha commesso un reato lo compia nuovamente, finendo quindi per tornare in carcere. Per dare un’idea del fenomeno, la percentuale di recidiva tra i detenuti che non possono accedere a un'occupazione lavorativa già durante la detenzione arriva al 70%.
Al contrario, proprio la possibilità di svolgere un lavoro, sia alle dipendenze della struttura penitenziaria, sia in aziende esterne o cooperative, sembra essere tra le attività più efficaci nel contrastare questo scenario, abbassando la percentuale di recidiva fino al 2%.
Al di là delle percentuali, la possibilità di poter lavorare durante la permanenza in carcere ha un forte valore sia pratico che umano, come mi racconta Maksim Coshman, ex detenuto e ora responsabile di produzione di Dolci Evasioni, un progetto della cooperativa sociale L’Arcolaio con sede a Siracusa, che si occupa proprio di reinserimento lavorativo e sociale.
M.C. “Allora, cosa mi ha spinto? Essendo detenuto, sai, ogni possibilità di uscire fuori dalla cella è importante, perché tutta la giornata, tutte le giornate sembrano un po' uguali.
Quando mi è stata proposta questa possibilità, questa opportunità di poter lavorare per l'Arcolaio, io ho detto: «Va bene, non so niente, però ci provo e vediamo cosa esce fuori». Dai primi giorni che sono stato inserito, da quando ho cominciato, ho cercato di imparare, e questa realtà, ogni giorno che andavo avanti, mi faceva capire e dava un senso alle mie giornate.
Mano a mano mi sono inserito con l'aiuto della cooperativa, perché questo è molto importante: serve la volontà nostra ma soprattutto quella di chi ti aiuta e che non ti fa capire che sei un detenuto, ti fa capire che sei una persona normale, cerca di aiutarti e di farti capire che ci sono per te, nonostante chi sei tu, nonostante i tuoi sbagli: «tu per noi sei importante».
E questo mi ha fatto molto, come dire, riflettere e mi ha aiutato soprattutto a capire il senso di quello che stavo facendo.”
G. P. “Quando è nata la cooperativa, all'inizio degli anni 2000, nel 2003, c'erano ancora poche realtà in Italia che lavoravano in questo settore. N on tanto facendo attività dentro il carcere, ma facendo un'attività vera e propria di impresa sociale all'interno del carcere, ed è stata questa la scommessa iniziale della cooperativa: creare all'interno del carcere un'attività produttiva, di impresa vera e propria, sociale, chiaramente, che desse l'opportunità ai detenuti all'interno della casa circondariale di Siracusa di sperimentare un percorso di reinserimento lavorativo, pensando che un lavoro all'interno di un quadro chiaramente di legalità, ma anche un lavoro anche con tutti i requisiti di un lavoro vero e proprio, fosse uno degli elementi principali, se non forse il principale, per un percorso di reinserimento del condannato e per un percorso, diciamo, anche di ricostruzione della propria identità di cittadino e di lavoratore.”
Con queste parole Giuseppe Pisano, presidente della cooperativa sociale L’Arcolaio, mi racconta l’essenza e l'obiettivo della loro realtà, che da più di vent’anni pone al centro il benessere delle persone e la valorizzazione del territorio.
Il primo progetto è stato l’avviamento di un laboratorio di panificazione nella casa circondariale di Siracusa, a cui è seguita la nascita del progetto Dolci Evasioni per la realizzazione di dolci tipici siciliani.
Questi vengono prodotti a partire da materie prime e ingredienti della zona o comunque provenienti dal commercio equo e solidale.
La scelta di utilizzare e trasformare prodotti locali deriva da una profonda attenzione verso il territorio e l’ambiente, una scelta di tipo etico e valoriale che si cerca di trasmettere anche a chi partecipa alle attività della cooperativa.
Nel 2014, sulla scia di questi valori, è nato il progetto di agricoltura sociale Frutti degli Iblei, avviato quando la cooperativa ha deciso di prendersi cura di 13 ettari incolti nella zona dell’altopiano degli Iblei. Un terreno non certo facile da coltivare, ma in cui è iniziata una produzione di erbe aromatiche, sia per rifornire i laboratori di produzione in carcere, sia per favorire l’inserimento lavorativo.
G.P. “Noi lì, in quel terreno, intanto abbiamo scelto di prendercene cura nella sua totalità e quindi di tutelarlo e di proteggerlo. Però appunto la scommessa è stata anche lì di dimostrare che in un terreno di quel tipo, che comunque ha delle risorse, degli aspetti positivi, in un terreno di quel tipo è possibile fare sia inserimento lavorativo, sia creare lavoro e reddito, sia fare accoglienza per persone che stanno vivendo un momento di difficoltà della propria vita, persone che hanno uno svantaggio rispetto alla normalità e che quindi hanno bisogno di un sostegno di tipo lavorativo ma anche un sostegno di tipo sociale.
In quel periodo, 2015, era il periodo degli sbarchi sulle coste siciliane dei migranti che arrivavano con i barconi, c'erano molti centri di accoglienza diffusi sul territorio e in quel periodo quel terreno è servito a dare una prima possibilità di inserimento al lavoro per diversi ragazzi che arrivavano con i barconi.
In quegli anni hanno lavorato da noi una ventina, una trentina di ragazzi che hanno fatto dei piccoli periodi, magari con una borsa lavoro, però per loro è stato importante, banalmente anche sotto il profilo di avere un contatto con la lingua italiana. Poi hanno imparato, insomma, anche a osservare delle regole sul posto di lavoro.”
Con questi e altri progetti e collaborazioni, la cooperativa sociale L’Arcolaio è riuscita nei suoi più di vent’anni d’attività a aiutare circa 500 persone tra detenuti e lavoratori svantaggiati, un numero che mi ha stupito positivamente ma la volontà è quella di fare ancora di più.
G.P. “Insomma, a noi sembrano sempre pochi! Ci piacerebbe e stiamo lavorando per incrementare i livelli occupazionali, perché ci rendiamo conto che è importante che chi sta in carcere non sprechi il proprio tempo a far nulla o aspettando il termine della pena e magari uscire dal carcere con rabbia e con rancore verso lo stato o la società.
Mentre, impiegando il proprio tempo al lavoro, a parte che quando vengono in laboratorio i detenuti, spesso sono venuti anche dei giornalisti, loro dicono «ma noi qui ci sentiamo liberi» e già questa è una grande ricompensa per loro e per noi.
L'obiettivo finale del nostro lavoro è quello di far sì che queste persone uscendo dal carcere non ci tornino più, e che poi all'interno della comunità riescano a trovare le risorse personali, comunitarie e familiari per giocarsi di nuovo, diciamo, la partita nel secondo tempo e giocarsela bene stavolta.”
M.C. “Tante volte non si chiede aiuto, ma anche quando si chiede questo aiuto viene negato, per cui si perde questa speranza di chiedere. Perché, io dico spesso anche un’altra cosa: «dove non si può aiutare almeno si deve essere ascoltati perché essere ascoltati è importante», così sai che c’è qualcuno.
Come ti dicevo sono tornato di nuovo in carcere per lavorare con i miei compagni, sono il capogruppo anche che organizza il lavoro con loro, alle volte ci scontriamo, alle volte ci diciamo delle cose, ma loro vedono in me che si può fare.
E questa è una cosa bella, una cosa positiva per me. [...]
Anche là vivono delle vite umane, sono degli esseri umani. Sono degli esseri umani con i loro errori, con i loro pregi, con i loro difetti, perché così come fuori, anche là dentro sono io.
Dico sempre una cosa: «finché una persona viene respinta, sente pregiudizio, non cambierà mai», perché la rabbia, il sentimento della rabbia, è il più forte che ci portiamo dentro. Quella che ci fa perdere controllo… [...]
Perché tu sei preoccupato, hai paura della libertà, hai paura di dire, cavolo, quando esco, che faccio? Finisco di nuovo in carcere? Come mi arrangio, no?
E invece tu quando hai qualcuno che ti dice: «tu non sei solo, non ti succederà quello che è successo prima se vieni con noi e se ci aiutiamo l'uno con l'altro», ecco queste cose a me personalmente, a me piace parlare di me, mi hanno aiutato a essere qua oggi.”
Oltre alle ciniche considerazioni economiche e politiche, fare sì che più persone possibili rientrino nella società anziché in carcere è soprattutto una necessità sociale.
Con la sua attività, la cooperativa sociale L’Arcolaio porta avanti l'obiettivo di non rendere il carcere una parentesi passiva della propria vita, in cui finire poi per ritornare, ma lo sfrutta come occasione di crescita della persona, favorendo attività e progetti fortemente legati al territorio, aiutando le persone e le loro famiglie a trovare il proprio ruolo nella comunità o, per citare Giuseppe, per giocarsi di nuovo la partita nel secondo tempo.
Michele Simeone

Sono Michele Simeone, nato in provincia di Trento nel 1992. Laureato in Tecnologie Forestali e Ambientali all’Università di Padova, ho poi conseguito un master in Gestione e Conservazione dell’Ambiente e della Fauna presso l’università di Parma, assecondando la mia passione per la montagna e la natura. Dopo gli studi ho lavorato per 5 anni in un vivaio a Riva del Garda e ho ritrovato il mio interesse per la comunicazione durante la pandemia di Covid19, avvicinandomi al mondo dei podcast. Con duei amici ho creato Bestiacce, un podcast di divulgazione scientifica in chiave goliardica e per SanbaRadio di Trento ho preparato Terra Terra, un programma in 6 puntate sulla cura delle piante domestiche. Per Unimondo scrivo e registro Altro Modo, il mio primo podcast di giornalismo.