Giorno 202 dall’inizio dell’invasione

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Samarcanda - Foto di LoggaWiggler da Pixabay.com

Giorno 202 dall’inizio dell’invasione: fermiamoci ad osservare. Guardiamo la fotografia che da Samarcanda, in Uzbekistan, ci mostra il presidente Vladimir Putin assieme al presidente cinese Xi Jinping. Alle loro spalle, dietro ognuno di loro, le bandiere nazionali. Guardandoli, è immediata la conferma: l’Ucraina è solo il tavolo da gioco scelto per ristabilire ruoli e potere nel Mondo.

Dei civili – alcune decine di migliaia, ormai, dicono le agenzie internazionali – morti sotto le bombe, seppelliti dalle macerie o seviziati dai soldati, ai due capi di Stato non importa chiaramente nulla. E’ probabile che poco importi – di quei cadaveri senza colpa - anche agli altri contendenti, ma è evidente come in quel momento, lì a Samarcanda, ai capi di Mosca e Pechino l’unica cosa che preme davvero è ribadire in modo chiaro, netto, la loro supremazia.

L’eredità di questi recenti giorni di guerra in Ucraina pare questa. I due si sono incontrati il 15 settembre 2022 appunto a Samarcanda, in Uzbekistan. Città simbolica, quella: era capitale di un khanato lungo la Via della Seta, per secoli è stata luogo di contesa fra il Celeste Impero e l’Orso Russo. Si sono trovati li i due, quasi a voler raccontare al Mondo che quelle vecchie contese sono cose del passato.

Non si vedevano dalla vigilia di questa fase della guerra, da quando a Pechino avevano firmato, alla vigilia delle Olimpiadi invernali, il primo accordo vero, la prima alleanza commercial-militare. Ora hanno deciso, sono parole dei due leader, di lavorare assieme come tra grandi potenze, contro l’ipotesi – Putin lo ha rimarcato – di un Mondo unipolare, governato dall’Occidente.

E’ un segno sulla carta, quello tracciato, un nuovo confine fra due universi. La spaccatura – che per cinque decenni, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale – correva come una faglia in Europa, ora si è spostata all’Est, in Asia. Chi cerca il centro del Mondo, dicono Pechino e Mosca, lo deve cercare lì. Xi Jinping ha espresso a Putin le proprie preoccupazioni sulla guerra, il capo del Cremlino ha spiegato di comprendere benissimo e di voler quanto prima chiarire fino in fondo la posizione russa. Intanto, però, ha assicurato che Mosca “è fermamente impegnata nel riconoscimento del principio di una sola Cina e condanna le provocazioni degli Usa a Taiwan”.

Il leader cinese ha incassato e apprezzato. Ha detto ai giornalisti presenti che la Cina vuole portare nel Mondo stabilità e energia positiva. I due governi, questo hanno deciso le delegazioni, dovrebbero nell’immediato rafforzare coordinamento e cooperazione per salvaguardare la sicurezza della regione e gli interessi comuni di Paesi in via di sviluppo e mercati emergenti. Sul piano pratico, la cosa si traduce nelle manovre militari congiunte programmate nel Mare di Okhotsk. Navi delle due flotte eseguiranno manovre tattiche, esercitandosi al tiro d’artiglieria.

Mentre questo accade, sul campo la guerra continua. Nelle ultime due settimane, l’esercito di Kiev è decisamente passato al contrattacco, riconquistando buona parte dei territori persi all’inizio dell’invasione russa. Un ribaltamento di posizioni che sta mettendo in difficoltà le forze armate di Mosca, alle prese con problemi di reclutamento, di riorganizzazione e di scarsa efficienza delle linee logistiche. Soprattutto Putin si rende conto che l’offensiva di Kiev ha avuto successo grazie alle armi fornite da Stati Uniti ed Europa. Non a caso ha minacciato Washington: “se fornirete missili ad ampio raggio – ha detto - cioè in grado di colpire il territorio russo, vi considereremo in guerra”.

Lui, intanto, i missili per colpire la popolazione ucraina continua ad usarli. Secondo il presidente Zelensky, la Russia sino ad oggi avrebbe lanciato oltre 3.800 missili contro l'Ucraina. Capire quante persone siano state uccise da quegli ordigni per ora è impossibile. La guerra continua. E nulla di quanto accade sul campo o nelle relazioni internazionali, ci aiuta a pensare che possa finire in tempi brevi.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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