Bulgaria: Ostavka!

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Foto: M. Canapini ®

Luglio inoltrato.

Voci sporadiche raccontano di proteste giornaliere in decine di piazze bulgare. 

Qualcuno forse me ne ha parlato ad Ankara o Istanbul, sulla spinta di simili dissensi. 

Sofia, capitale della nazione balcanica, è situata nella parte occidentale del paese, ai piedi del massiccio montuoso della Vitosha. Due linee metrò, rapide ed efficienti tagliano a "x" i quartieri della città rendendo accessibile qualsiasi punto in pochi minuti. I monumenti rispecchiano i suoi oltre 2.000 anni di storia, che hanno visto la città occupata successivamente da Greci, Romani, Ottomani e Russi

Con Alessandro, uno studente Erasmus, raggiungo il cuore di Sofia: piazza Nezavisimost

Un furore popolare freme tra le mura del municipio e del palazzo presidenziale: due dei tre edifici che formano il cosiddetto “Largo”. Al riparo sotto i colorati ombrelli, anziani, bambini, donne, uomini e ragazzi riempiono letteralmente la piazza. Un cielo grigio, di piombo, terrà compagnia il corteo fino al termine della protesta.

Facce determinate, sguardi taglienti. Bandiere bulgare a perdita d'occhio. Fischietti e trombette colorate si amalgamano dando vita a ritmi e coreografie sonore. Un perenne rombo collettivo, fatto anche di slogan e accuse, grida: MA-FI-A! In maniera ritmata e vivace. I cittadini si sporgono dalle transenne che delimitano il municipio. Al di là, poliziotti impassibili mantengono la posizione sotto l’acqua che cade incessante. 

Dopo il sit-in in piazza un budello umano si srotola verso il Ponte delle Aquile, distante circa cinque km.

Scatta l’occupazione pacifica delle arterie d’asfalto. Il dissenso è limpido, non violento

La folla è in costante aumento. Salgo sopra la statua di un leone in marmo per filmare la scena. 

Anche da posizione sopraelevata è impossibile distinguere l'inizio e la fine del corteo. Scopro tramite voci concitate il numero approssimativo dei manifestanti: 10.000. Ogni giorno

La manifestazione in atto non è stata programmata, decisa con anticipo o pubblicizzata attraverso i social. 

Da ventitré giorni i cittadini di Sofia si incontrano quotidianamente in piazza. Qui, come a BurgasPlovdivPlevenVarna ed altre città principali della Bulgaria. A febbraio, durante il rigido inverno alcuni di essi erano già scesi in piazza a manifestare. Ma al contrario dell'attuale vicenda i cittadini provenivano dalle classi sociali più povere, furiose per l'improvviso aumento delle bollette. Ci sono stati scontri e la polizia - dicono - è stata costretta a ricorrere all'uso degli idranti. Scivoliamo ai piedi della cattedrale di Aleksandar Nevski, la cattedrale ortodossa di Sofia. “Costruita in stile neo-bizantino in memoria dei 200.000 soldati russi caduti nella guerra turco-russa, il disegno fu finito nel 1898 e a costruire così come a dipingere la chiesa furono famosi scultori, pittori e artisti provenienti da tutta l'Europa. L’edificio è alto 45 metri; col campanile, che contiene 12 campane, misura 50,52 metri. La cattedrale può contenere al suo interno più di 5.000 persone.

Gran parte del nostro corteo rimarrebbe fuori” scherza Igor, uno studente di antropologia. 

Volano ortaggi marci sulle scalinate del Municipio.

“A scatenare il malcontento generale è stata la nomina (poi ritirata con 128 voti a favore) di Delyan Peevsky come capo dell'agenzia per la sicurezza nazionale. Il trentaduenne è figlio di Irena Krasteva, guarda caso proprietaria della più grande concentrazione dei media locali. Ora in Bulgaria è in corso una lotta per il futuro.

Accusiamo la classe politica corrotta di essere artefice di subdoli interessi oligarchici. Non chiediamo nuove elezioni, sarebbe pressoché inutile. Vogliamo che i deputati rendano possibile il cambiamento modificando l'attuale sistema elettorale. Nessuno si riconosce nel modello di chi ci governa. Il popolo bulgaro chiede a gran voce le dimissioni del neo-premier Plamen Oresharski, il quale, presentatosi come tecnico in grado di risolvere i problemi dell'economia nazionale, si è dimostrato un fantoccio come i suoi predecessori” prosegue Igor, trafelato. OSTAVKA!! (dimissioni): questa parola esplode in cielo. È un fuoco d’artificio in orario diurno. 

Di venerdì si lanciano palloncini colorati all'interno dell'area transennata.

Di sabato i palloncini saranno neri. Piccole azioni. La fantasia al potere.

I bambini ridono in groppa ai papà. Si scuotono e fischiano, sopra la massa uniforme di braccia alzate. 

Non mancano gli slogan contro il Partito Socialista, definito "immondizia rossa". Nei paesi dell'ex blocco sovietico è plausibile riscontrare rabbia contro i partiti di sinistra, accusati di essere lo strascico, un prolungamento della dittatura comunista. “È molto più probabile che le persone qua votino partiti di destra. Dicono di essere stati presi in giro per troppo tempo dai comunisti” sentenzia Alessandro, sbucato dal retro di una siepe. 

Sabato si sfiora la cifra di 15.000 manifestanti. Alle ore 22.00 ancora si balla, dipingendo energie sugli alberi di parco Gradina. Una piccola delegazione di cittadini presidia un avamposto ribelle collocato nella via laterale a piazza Nezavisimost. Hanno denominato questa sfumatura della protesta COFFE MORNING. 

Bevono caffè da una macchinetta portata da casa e urlano a intervalli: OSTAVKA! 

Un disco rotto che porta correnti di rivalsa. Qualche macchina sfreccia veloce e suona il clacson in segno di approvazione. Il venticinquesimo giorno, a dare il via alla consuetudinaria “carica”, è un anziano con un fischietto blu in bocca. Il resto è una macchia d’olio in espansione. Respiro l’atmosfera, memorizzo i particolari, poi mi volto e torno a casa a bordo di un filobus. Raggi di sole sbattono sulle arcate del municipio, tra i capelli pettinati di Alessandro. Le urla si assopiscono fino a scomparire.

Tornerò a Sofia esattamente un anno dopo. In questo lasso di tempo, “le Taksim dimenticate d’Europa”, si saranno guadagnate il titolo di “Piazze più ignorate d’Europa”. Nonostante la disinformazione e l’indifferenza dei media, uomini, donne e bambini hanno continuato a marciare insieme

Fino ad ottenere le tanto volute dimissioni del premier Oresharski

Matthias Canapini

Matthias Canapini è nato nel 1992 a Fano. Viaggia a passo lento per raccontare storie con taccuino e macchina fotografica. Dal 2015 ha pubblicato "Verso Est", "Eurasia Express", "Il volto dell'altro", "Terra e dissenso" (Prospero Editore) e "Il passo dell'acero rosso" (Aras Edizioni).

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