Sudan: riprendono le ostilità, emergenza nel Darfur

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Venerdì scorso i ribelli independentisti del sud e il governo del Sudan si sono impegnati davanti al Consiglio di sicurezza dell'Onu, riunito in seduta straordinaria a Nairobi (Kenya), a sottoscrivere entro il 31 dicembre un'intesa che ponga fine ad oltre vent'anni di guerra. Lo stesso giorno i Quindici Paesi del massimo organo decisionale dell'Onu hanno adottato la risoluzione 1574 in cui esortano governo e ribelli a rispettare gli impegni assunti, minacciando sanzioni in caso contrario. L'Onu aveva annunciato un prossimo invio in Sudan una missione di pace di almeno 7.000 Caschi blù a partire dal febbraio 2005.

Eventi salutati positivamente, anche se Human Right Watch metteva in guardia come il ritiro della posizione finora mantenuta da parte del Consiglio di Sicurezza di considerare il Governo del Sudan responsabile delle violenze potrebbe diventare "un assegno in bianco" per il governo di Khartoum a continuare nelle atrocità.

Eventi che, comunque, lasciavano sperare in una prossima risoluzione del conflitto anche nel Darfur (Sudan occidentale). Ma una "grave escalation militare" - riporta l'agenzia Misna - da parte di gruppi ribelli nel Darfur ha portato il goverrno locale a dichiarare lo stato di emergenza. Diverse fonti segnalano inoltre che gli scontri si sono intensificati anche in altre zone, nonostante l'impegno a far tacere le armi sottoscritto da governo e ribelli lo scorso 9 novembre ad Abuja, in Nigeria. Lo scontro avrebbe avuto inizio da un diverbio locale per il controllo di alcune mandrie, in seguito al quale i ribelli dell'Esercito di liberazione del Sudan (uno dei due movimenti armati anti-governativi del Darfur) avrebbero attaccato i 'Janjaweed'. Lo stato di emergenza potrebbe mettere a rischio l'annunciata ripresa delle attività a favore degli sfollati da parte dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

Intanto Michael Ranneberger, direttore politico per gli Affari africani del dipartimento di Stato americano, ha annunciato "conseguenze molto serie" se la pace fra Khartoum e i ribelli dello Spla (Sud) non sarà sottoscritta entro il 31 dicembre. "La fine delle violenze in Darfur è strettamente legata alla firma di pace che concluderà il conflitto più che ventennale in corso fra Nord e Sud del Paese. Sono fiducioso che la pace fra Khartoum e i ribelli dello Spla (Sud) sarà sottoscritta entro il 31 dicembre. Se così non sarà, le conseguenze saranno molto serie" - ha detto Ranneberger. Il rappresentante del Dipartimento di Stato Usa ha specificato che in nessun caso gli Usa prevedono un "intervento militare in Darfur", dove "gli osservatori dell'Unione Africana (800 uomini) stanno facendo un ottimo lavoro", in attesa dei 3.000 uomini dell'Unione Europea, che arriveranno a gennaio. "Khartoum è sotto i riflettori in Darfur, il governo sudanese lo sa bene", ha aggiunto Ranneberger. Intanto, secondo quanto denunciato da diverse agenzie umanitarie, sono 2 milioni gli sfollati di etnia africana costretti a fuggire dalla regione.

Secondo stime dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati, la crisi del Darfur ha provocato un milione e mezzo di sfollati, di cui almeno 200.000 rifugiati nel confinante Ciad e decine di migliaia di vittime anche per la mancanza di assistenza sanitaria e aiuti alimentari. Si contrappongono da un lato i guerriglieri dello Sla (Sudan liberation army), il maggior movimento ribelle della regione insieme al Jem (Justice and equality Movement) espressione delle comunità nere, di confessione animista o cristiana, e dall'altro le milizie arabe e islamiche dei cosiddetti 'Janjaweed' (Diavoli a cavallo), appoggiati dalle truppe regolari sudanesi. Le comunità nere denunciano la costante discriminazione economica e sociale da parte dall'elite araba, e reclamano maggiore autonomia. [GB]

Altre fonti: Warnews, Human Right Watch.

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