Sudan: crisi in Darfur e impegni non mantenuti

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Nell'ultimo rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite sulla situazione nel Darfur, ora all'esame del Consiglio di Sicurezza si afferma chiaramente che gli osservatori non possono lavorare adeguatamente nell'attuale clima di intimidazione creato dal governo sudanese. Una denucia, questa, già espressa ripetutamente da Amnesty International. Per questo, Amnesty chiede che "il Consiglio di Sicurezza fornisca agli osservatori ampio supporto politico per costringere il governo di Khartoum a rispondere delle gravi violazioni dei diritti umani commesse dalle sue forze armate e dalle sue milizie Janjaweed". Secondo Amnesty, il Sudan non ha disarmato alcun membro delle milizie e la "cerimonia di disarmo" a cui ha assistito lo scorso 27 agosto il rappresentante speciale delle Nazioni Unite è stata un'operazione d'immagine in quanto le milizie "disarmate" hanno riavuto indietro le proprie armi non appena il funzionario dell'Onu se ne è andato. Un ostacolo all'effettivo disarmo delle milizie Janjaweed è costituito dalla loro progressiva integrazione nell'esercito sudanese e nella polizia di frontiera. Per il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, è importante aumentare la presenza internazionale perché ancora la maggioranza dei miliziani non è disarmata. Per Amnesty il Consiglio di Sicurezza dovrebbe inoltre sospendere i trasferimenti verso il governo sudanese di tutte le armi che potrebbero essere usate per commettere violazioni dei diritti umani e dovrebbe chiedere il rilascio dei prigionieri di coscienza, l'abolizione dei tribunali speciali e il monitoraggio dei centri di detenzione.

Il rapporto delle Nazioni Unite afferma inoltre che non vi sono stati casi in cui il governo ha costretto al rientro i profughi. Tuttavia, ad agosto più di 70 profughi del campo di Kalma, nei pressi di Nyala, sono stati arrestati perché si opponevano al tentativo delle autorità di farli rientrare nei propri villaggi in condizioni di insicurezza. I campi-profughi sono controllati dai servizi segreti e dalle forze di sicurezza del governo.

Secondo le fonti dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) sono ritornate nel villaggio di Saleah oltre 500 famiglie dopo aver trovato rifugio nelle zone di confine del Ciad. Questi rifugiati rientrati e gli sfollati hanno riferito che hanno ancora paura di spostarsi per più di qualche chilometro fuori dei villaggi a causa dei continui incidenti e attacchi. Alcuni rifugiati che hanno tentato di rientrare nei propri villaggi di origine sono stati attaccati e si sono visti costretti a ritornare negli accampamenti di fortuna adibiti per gli sfollati. La popolazione sfollata vive in condizioni estremamente difficili, senza acqua potabile, alloggi adeguati e sistemi igienico-sanitari. A Saleah si sopravvive principalmente alimentandosi di un'erba simile allo spinacio, raccolta nella zona circostante. Per le operazioni in Darfur e per i rifugiati sudanesi fuggiti nel Ciad orientale, l'Unhcr prevede una spesa di 104,8 milioni di dollari, cifra quasi raddoppiata rispetto alla precedente richiesta di 55,8 milioni di dollari.

Intanto Caritas Italiana, in collegamento con Oxfam international e Care international, ha inviato nei giorni scorsi al Ministro degli Esteri, on. Franco Frattini una lettera chiedendo che l'Italia eroghi al più presto i fondi promessi e accresca l'impegno finanziario per far fronte alla catastrofe umanitaria. In particolare "il Governo Italiano si è dichiarato pronto a mettere a disposizione del Darfur una somma totale superiore ai 9 milioni di Euro per l'anno 2004", ma "all'inizio di agosto, solo 3 milioni di euro erano stati effettivamente versati". Inoltre "la cifra promessa rappresenta un utile inizio, ma è necessario fare molto di più. Pertanto, chiediamo al Governo Italiano di voler aumentare il proprio contributo in favore della crisi nel Sudan". "Se i donatori - Italia compresa - non risponderanno positivamente a tale richiesta, la situazione diverrà presto insostenibile".

E da Abuja, in Nigeria - dove proseguono i colloqui di pace organizzati dall'Unione Africana tra il governo sudanese e i due movimenti combattenti (Sla-m e Jem) - giunge notizia della sigla di un protocollo d'intesa per il "miglioramento della situazione umanitaria". Situazione che è sempre più drammatica. Si parla ormai di circa 1 milione e duecentomila sfollati nella regione, e l'arrivo di piogge torrenziali ha reso ancora più pressante la necessità di iniziative di assistenza. Epidemie di colera e di epatite potrebbero uccidere molte altre migliaia di persone, già indebolite da stenti e privazioni. [AT]

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